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 2014  febbraio 26 Mercoledì calendario

Vale la pena di fare più o meno lo stesso pezzo di ieri e riferire il discorso di Renzi alla Camera, dove ha ottenuto la fiducia con 378 sì, 220 no e un astenuto?• Lo dica lei

Vale la pena di fare più o meno lo stesso pezzo di ieri e riferire il discorso di Renzi alla Camera, dove ha ottenuto la fiducia con 378 sì, 220 no e un astenuto?

Lo dica lei.
Non vale la pena. Limitiamoci a mettere in evidenza: che la riduzione a due cifre del cuneo fiscale non è in termini percentuali (10%) ma in termini assoluti (10 miliardi); che i ragionamenti sull’importanza della scuola e di una politica economica che riduca l’occupazione sono stati ripetuti; che ha insistito più qui che al Senato sulla legge elettorale, una legge elettorale che faccia capire subito, alla fine, di chi è la responsabilità per quello che si è fatto di giusto o di sbagliato. Sono piuttosto interessanti le repliche: Brunetta è stato abbastanza duro, ha detto che la fiducia a scatola chiusa non si può dare, «finora abbiamo sentito solo titoli» (più dolce invece l’altra forzista, Micaela Biancofiore, che ha definito Renzi «gagliardo»), Civati ha salutato «Ciao Matteo, stai sbagliando, ma ti do la fiducia lo stesso», Fassina ha annunciato un sì molto condizionato, «il mio voto non è il conferimento di una delega in bianco, sul piano programmatico vi è la più ampia disponibilità possibile, ma valuterò esclusivamente il merito dei provvedimenti». La giornata era cominciata con questo tweet di Renzi: «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. #lavoltabuona». A Montecitorio il presidente del Consiglio ha parlato tenendo aperto davanti a sé un pc. Non era mai accaduto in passato. In aula s’è visto Bersani, grandi sorrisi, grandi applausi, lui ha detto «Sono venuto ad abbracciare Letta».  

Il problema è quello delle coperture. Non si parla d’altro. Renzi ha detto che vuole tagliare il cuneo fiscale, distribuire un sussidio di disoccupazione universale, finire di saldare le aziende e non so che altro. Ma i soldi dove li trova?
È il problema dei problemi. Quando Brunetta dichiara di aver sentito per ora «solo titoli» si riferisce proprio a questo. Ora, stia a sentire: prima ancora che Renzi diventasse capo del governo, cioè già all’epoca di Letta, c’erano parecchi miliardi da trovare. Le faccio l’elenco cercando di annoiarla il meno possibile: per la nuova Tasi bisogna mettersi d’accordo con l’Anci e trovare 700 milioni; gli ammortizzatori in deroga costano un miliardo; il finanziamento del fabbisogno sanitario per le Regioni vale 1-2 miliardi, altrimenti bisognerà aumentare i ticket per la specialistica; il taglio delle detrazioni fiscali è stato rinviato, significa che mancano all’appello 500 milioni; la Corte dei Conti ha denunciato il vuoto del gettito fiscale di 2,8 miliardi determinato dal fatto che l’anno scorso è stato preteso un anticipo del gettito Irap del 130 per cento, cioè sono soldi che ci siamo bruciati nel 2013 e che nel 2014 vanno recuperati da qualche parte. Questo conto fatto a spanne vale più di 7 miliardi.  

E l’idea di varare una riforma al mese - sto parlando di impegni presi prima del discorso in Parlamento - quanto vale?
Cioè Job Act a marzo, riforma della Pubblica Amministrazione ad aprile, interventi sul fisco a maggio. Intorno ai 17 miliardi. C’è poi da mettere in conto il fatto che ci siamo impegnati con l’Europa ad invertire il verso del debito pubblico. Dal gennaio 2015 dovrebbe cominciare a scendere sotto il 132,8% del Pil.  

Vogliamo spiegare meglio i 17 miliardi?
2,2 miliardi la riduzione dell’Irap del 10%, 5 miliardi il taglio dell’Irpef, 10 miliardi il sussidio di disoccupazione universale. Più i 7 che ho elencato sopra fa 24 miliardi. Stiamo diventando noiosi.  

• Se ho capito bene le idee del ministro Padoan, si tasseranno i patrimoni per sgravare i salari, specie i salari bassi.
Le risorse per sgravare i salari dovrebbero venire dai tagli della spesa pubblica, secondo i progetti presentati da Cottarelli. Si parla di 4-6 miliardi. Quanto alla cinquantina di miliardi che ci vogliono per rimborsare le imprese (bisogna considerare che nel frattempo si sono accumulati altri debiti), li andranno a cercare dentro la Cassa depositi e prestiti. Cioè permetteranno alle aziende creditrici dello Stato di presentarsi in banca e farsi anticipare il denaro. Lo Stato ci metterà la garanzia. Badi che non è un’idea di Renzi, volevano fare così anche Letta-Saccomanni, ma si misero di mezzo i burocrati del Tesoro e la Ragioneria. Quello dei grandi burocrati e delle loro reti, gira gira, è il grande problema. Renzi, come sa, ne ha annunciato la rottamazione: «Non può esistere, fermi e salvi i diritti acquisiti, la possibilità di un dirigente pubblico che rimane a tempo indeterminato al suo posto». I dirigenti pubblici, però, stanno affilando le loro armi per resistere.