25 febbraio 2014
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Biografia di Giuseppe Spinelli
• 1941. «Tesoriere e uomo di fiducia di Berlusconi», divenne noto nell’ambito dell’inchiesta Ruby come colui che pagava le Olgettine. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2012, fu vittima insieme con la moglie Anna di un sequestro lampo, allo scopo di proporre a Berlusconi documenti «scottanti» in cambio di 35 milioni di euro (Cds 19/11/2012). Vennero rilasciati la mattina dopo: il ragioniere andò a parlare con Berlusconi e l’avvocato Niccolò Ghedini e, al rientro, fu trasferito con la moglie dagli uomini della scorta del Cavaliere in un posto considerato sicuro. La denuncia del rapimento venne fatta il giorno seguente, il 17 ottobre. I sequestratori furono arrestati il 19 novembre: secondo i pm non ci fu il pagamento di nessun riscatto.
• «Professione tesoriere (...) ragioniere, è uno dei quattro fidatissimi cassieri delle finanze personali del Cavaliere. Lui, Salvatore Sciascia (...) Giuseppino Scabini e Marco Sirtori. Con diversi ruoli e diverse responsabilità sono gli uomini che negli anni hanno assistito a vita morte e soprattutto miracoli del portafoglio del capo (...) Lavora con il Cavaliere dai tempi dell’Edilnord, assunto nell’ottobre del ’78. Ora è formalmente in pensione ma si dà da fare come prima nel suo ufficio di Milano 2, ricoprendo il ruolo di presidente, vice o consigliere di amministrazione di 13 società della famiglia. Buona parte delle poltrone è nelle Holding che controllano Fininvest. Ma è anche presidente della cooperativa Il Foglio Quotidiano in rappresentanza di Veronica Lario. Passa dalle piccole spese da poche migliaia di euro a operazioni milionarie, roba che altrove richiederebbe la firma di un amministratore delegato. La Silvio Holding è una macchina complessa. Basti pensare che solo in tosaerba un paio di anni fa il premier ha speso duecentomila euro. E Spinelli insieme a Scabini e Sirtori amministra la Dolcedrago, che è la società detentrice delle varie residenze. È un terzetto di riservatissimi fiduciari che la Svizzera, patria del ruolo, si sogna» (Mario Gerevini) [Cds 30/10/2010].
• «Non ha la simpatica faccia tosta di Emilio Fede. Non ha lo charme e la battuta pronta di “Fidel” Confalonieri. Non è mai apparso in tv e in 32 anni di lavoro a fianco di Silvio Berlusconi (ha iniziato nel ’78 in Edilnord) ha rilasciato alla stampa una sola dichiarazione: “Quello che avevo da dire l’ho detto all’avvocato Ghedini”. Eppure nella vivace e poliedrica galassia del premier, Giuseppe Spinelli – il ragioniere incaricato (dicono i pm) di gestire la contabilità dei festini di villa San Martino – ha da almeno trent’anni un ruolo di primissimo piano. L’agiografia lo dipinge – in assenza di spiegazioni dal diretto interessato – come il tesoriere di Arcore. Ma è una definizione riduttiva. Il 69enne ragioniere di Settala da tre decenni si fa carico, lontano dai riflettori, di tutti i guai e le acrobazie contabili del Cavaliere. E tiene saldamente in mano – lui più di chiunque altro – le chiavi delle casseforti di famiglia: è amministratore di tutte e otto le holding di controllo di Fininvest (di tre è pure presidente, compreso la seconda, la più importante). Guida la Idra Immobiliare, la società che controlla Villa Certosa e le tenute in Brianza. Di più: è l’ultimo filo sottile che lega i due rami della dinastia di Arcore. Visto che malgrado la rottura tra il presidente del Consiglio e Veronica Lario, il fidatissimo Spinelli ha mantenuto la carica di amministratore delegato del Foglio – il quotidiano partecipato dalla ex first lady – ed è diventato amministratore unico della Bel, la holding nel mattone appena costituita da Barbara, Eleonora e Luigi, i figli di secondo letto del premier. “È lui il vero cardinale Richelieu di casa Berlusconi”, dicono i fedelissimi del Biscione. Sarà. Di sicuro Spinelli non si è montato la testa. Manovra miliardi, gestisce dal suo ufficio a Milano 2, Residenza Parco, decine di ville da sogno, da Antigua alla Costa Smeralda fino alle Bahamas. Passa ore e ore – è la teoria dei pm milanesi – a liquidare in bigliettoni da 500 euro splendide fanciulle reduci dai party di Arcore. (…) Spenta ogni sera la luce del suo ufficio (…), Spinelli torna a casa. Lo stesso appartamento di sempre a Bresso, periferia nord di Milano e periferia Sud della luccicante Brianza berlusconiana. Perché il Cavaliere ha tanta fiducia di quest’uomo? Perché il riservatissimo Spinelli si è conquistato la fiducia sul campo: respingendo (almeno fino ad oggi) senza bisogno di proclami tv e del legittimo impedimento tutti gli attacchi dei pm al suo lavoro. Il primo risale al ’95, quando nel mirino della magistratura sono finiti alcuni libretti al portatore gestiti dal tesoriere di Arcore su cui erano stati parcheggiati 10 miliardi di vecchie lire (fondi neri per gli inquirenti) nell’ambito dell’acquisizione della Medusa. Il secondo si è concentrato sulla girandola societaria in odore di frode fiscale che ha consentito al premier di comprare i terreni a Macherio. Il terzo, tre anni fa, su Villa Certosa, con Spinelli indagato con 13 capi d’accusa in qualità di ad della Idra per abusi edilizi relativi alla Torre degli Ibiscus, al teatro greco-romano e alle vasche talassoterapiche nel buen retiro sardo del Cavaliere. Il Richelieu di Bresso è uscito pulito da tutti e tre questi inciampi giudiziari. (…)» (Ettore Livini) [Rep 16/1/2011].
• «Famoso l’episodio in cui, la mattina del 14 gennaio 2011, i pm che indagano sul caso Ruby si presentarono alla porta dei suoi uffici milanesi per perquisirli, e si sentirono rispondere che non potevano farlo perché lo studio aveva la tutela della segreteria politica di Berlusconi» (Corriere della Sera).
• «Solo nel pomeriggio del 17 ottobre gli avvocati di Berlusconi hanno denunciato alla polizia il sequestro lampo di cui Spinelli e la moglie sono stati vittima nella notte tra il 15 e il 16 ottobre. [I sequestratori] hanno studiato le abitudini dei coniugi Spinelli e presumibilmente gli orari lavorativi, i tragitti percorsi ed i mezzi utilizzati dal ragionier Spinelli, quanto meno dal giugno 2012. Due componenti della banda sono entrati in azione verso le ore 21.45 del 15 ottobre 2012: armi alla mano, hanno bloccato Giuseppe Spinelli, appena uscito dall’ascensore, e l’hanno costretto a entrare nella sua abitazione a Bresso (Milano), la cui porta era stata nel frattempo aperta dalla moglie. (…) Gli aggressori hanno poi costretto i due coniugi a rimanere seduti sul divano, in attesa di un terzo complice che è arrivato verso le 2: Francesco Leone, in quel momento sorvegliato speciale. Per tutta la notte, fino alle 9 del 16 ottobre, le vittime sono state private della libertà personale, sempre sotto la minaccia delle armi. Poi gli aggressori (tra i quali Laurenc Tanko, appena evaso dagli arresti domiciliari) hanno costretto Spinelli, intorno alle 7.30, a telefonare a Silvio Berlusconi chiedendo, quale prezzo della liberazione sua e della moglie, una somma di denaro (attorno ai 35 milioni) in cambio anche di documentazione cartacea e/o su supporto informatico di asserito interesse per lo stesso Berlusconi. Proponevano cioè un audio che, a loro dire, avrebbe potuto ribaltare la sentenza sul “lodo Mondadori”, costata all’ex premier oltre 500 milioni di risarcimento a Carlo De Benedetti. Nel periodo in cui è rimasto sotto sequestro il ragionier Spinelli ha fatto anche un’altra telefonata: questa era rivolta a Niccolò Ghedini, uno dei difensori di Silvio Berlusconi. Alle 9 del mattino gli aggressori si sono allontanati dall’appartamento, dopo aver estratto dall’impianto di videosorveglianza la cassetta dove erano registrate le immagini sia dell’aggressione sia dell’arrivo di Leone. Il blitz che ha portato agli arresti è scattato dopo che erano state intercettate alcune conversazioni in cui i componenti della banda discutevano su come prelevare da due banche varesine il contenuto di tre cassette di sicurezza (una presso il Credito Valtellinese e le altre due presso Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate) e metterlo poi al sicuro presso una banca di Lugano. Il gruppo discuteva al telefono su dove accendere un nuovo conto corrente con annesse cassette di sicurezza» (Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella) [Cds 19/11/2012]. Il 20 maggio 2013, dopo il processo con rito abbreviato, Francesco Leone è stato condannato a 8 anni e 8 mesi, i complici a pene che vanno dai 6 anni e 8 mesi ai 4 anni e 8 mesi.