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 2014  febbraio 25 Martedì calendario

Biografia di Giuseppe Solardi

• 1936. Poeta. «Schivo poeta friulano, che dopo aver pubblicato nei decenni su riviste letterarie (Nuovi Argomenti, Paragone, La Nuova Rivista Europea, Poesia) ha infine raccolto e integrato le sue poesie nel volume Colloqui con Amleto (Spirali, 2008)» (Alessandro Beretta) [Cds 2/8/2009].
• «L’appartatezza è una delle doti più rare dei poeti, i quali, cenerentole della cultura, spesso sgomitano per conquistarsi un posticino al solicello tiepido che quest’arte offre a pochi, dei milioni che la praticano. E chi mai potrebbe definirsi più appartato del friulano Giuseppe Solardi, che esordisce con il suo primo libro a 70 anni suonati? “Pellegrino della sua poesia”, come l’ha definito Mario Luzi, Solardi si è formato intellettualmente a Firenze e a Roma, e ha avuto come primi lettori critici e letterati del calibro di Emilio Cecchi e Piero Bargellini, rimasti colpiti, come ha scritto Silvio Ramat, “dalla comunicativa rudezza” dei suoi versi. Altri lettori di vaglia, come Betocchi, Luzi, Pampaloni, e poi Montale, Bassani, Bacchelli, Bo e Raboni, gli hanno espresso nel tempo stima e apprezzamento. Ma nonostante tanti e così illustri paladini (tra i più attivi non va dimenticato Giancarlo Vigorelli), nessun editore ha voluto prestare a questo poeta solitario e isolato una minima parte dell’attenzione concessa a molti altri che assai meno di lui l’hanno meritata. (...) Estraneo alle scuole e alle mode novecentesche, Solardi si caratterizza (...) per la forte moralità che impronta tutta la sua poesia. La quale per lui non è un semplice flusso di parole, “una tessitura di segni o di verbali armonie”, ma quello che noi chiamiamo messaggio: “almeno per qualcuno/che mentre va per la sua strada,/si orienta unicamente confidando/nelle solitarie idee/baluginanti nella sua mente”. Alla poesia, ci dice Solardi, i suoi nemici e qualche fedele “hanno impresso segni di corde e di spine:/con la forza del gigante sulla fanciulla/le hanno piegato la testa a strisciare/le labbra sulla polvere, del nulla”, in attesa “che passi ancora un buon Samaritano”» (Nicola Crocetti) [Grn 4/5/2009].
• «Dire l’appartenenza di Giuseppe Solardi (...) alla poesia italiana contemporanea, significa curare di tenerlo avulso da tutti i modi, i mondi e i motivi già visti, letti e sentiti dell’intero Novecento. Ciò non tanto rende difficile definire la sua personale marca creativa, dovendo prescindere da tutto e da tutti, quanto obbliga invece a leggerlo come un “unico” esemplare di sensibilità, intelligenza, cultura, eticità. (...) Sia pur sempre letta come frutto isolato di isolata esistenza, la poesia di Solardi è comunque collocata su una linea che da remote e liriche verità cristiane di un Hölderlin (ad esempio), giunge a più attuali e nodosi dettati etico morali (Rebora, soprattutto), in aperta contestazione “...di un evo come questo,/e del suo tirannico dio/della menzogna e del denaro”. Solardi vede vivere e morire un secolo con i suoi giganti, i suoi dei, i suoi bagliori e le sue cecità. Vede il tempo e il mondo (anni e anni di progressiva barbarie) e però ne auspica la salvezza, la grazia. “Dopo tante epoche tu sorgi/con il tuo occhio lucido,/con i tuoi contorti tormenti/e con il visibile cipiglio/estraniandoti alla divinità/e al suo più conosciuto figlio:/gli stai innanzi con una/sfida che gli si oppone/per ridurlo al silenzio/e mortificarne la redenzione”. Di fronte al Gran Dio che non erra né mente, Solardi sogna un’era che non faccia paura, meno tronfia e meno ipocrita, più seria e orgogliosa di sé (“con poesie e meno petrolio”). Quanto a lui, la sua poesia egli la oppone ai “sacerdoti del moderno/potere e sapere”, anche se sa di perdere, dentro a un lacerato commento all’umanità, a una lunga riflessione sul presente, e infine, al bilancio aggiornato di una ferita destinata a rimanergli aperta tutta la vita» (Claudio Toscani) [Avv 18/4/2009].
• «Solo a un poeta, come lo è Giuseppe Solardi, poteva venire in mente l’idea di far dire una messa per Marx. La poesia – ha scritto tempo fa sul Corriere Franco Cordelli in un articolo cui accade, per la sua pregnanza, di ritornare spesso – resiste più della prosa all’integrazione in quel conformismo sentimentale che domina la mentalità corrente e spesso la sua letteratura, specie quella di alto consumo. Il prezzo di questa discreta resistenza è spesso la solitudine o comunque il destino di restare nell’ombra, nonostante riconoscimenti magari lusinghieri. Giuseppe Solardi è una di queste voci al margine, anche se la sua poesia ha avuto i caldi elogi di alcuni grandi critici e scrittori, da Ramat a Vigorelli, da Bo a Pampaloni o a Raboni. Spesso “aggressivo e recriminante”, come l’ha definito un suo ammiratore del rango di Mario Luzi, Solardi è certo scostante. Questa ruvidezza anche sgradevole, che può respingere, è un buon segno per la poesia, specialmente oggi, in cui è più necessario irritare che ungere la pelle» (Claudio Magris) [Cds 18/3/2011].