La Gazzetta dello Sport, 23 febbraio 2014
Il governo Renzi ha giurato ieri mattina alle 11.32, tutti presenti tranne il nuovo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che non ha fatto in tempo a rientrare da Sidney
Il governo Renzi ha giurato ieri mattina alle 11.32, tutti presenti tranne il nuovo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che non ha fatto in tempo a rientrare da Sidney. S’è anche svolta la cerimonia della campanella, con la quale si certifica il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo presidente: la campanella è quella che il capo del governo utilizza nelle riunioni del consiglio dei ministri, Letta l’ha passata a Renzi in dieci secondi, senza sorridere e senza guardare in faccia il suo successore-rottamatore. Uscito dal Quirinale, l’ex primo ministro ha twittato un ringraziamento al carabiniere Giuseppe Giangrande, che rimase gravissimamente ferito mentre era di guardia davanti a Palazzo Chigi proprio nel giorno in cui Letta giurava (28 aprile 2013). La prima mossa di Renzi è stata invece quella di telefonare in India ai due marò Massimo Latorre e Salvatore Girone. È seguito poi il tweet «Semplicemente faremo di tutto». Il governo è in carica e deve solo ricevere la fiducia dal Parlamento. Domani pomeriggio al Senato, e poi di seguito, o forse martedì mattina, alla Camera. Benché sia meno liscia del solito, sono tutti sicuri che non ci saranno sorprese.
• Che sorprese potrebbero esserci?
La maggioranza assoluta al Senato è di 161 e calcolando i voti sicuri si arriva a 162: un solo punto di vantaggio. È quindi sufficiente un’influenza o una qualche idea maliziosa per mettere il governo nella condizione scomoda di andar sotto, magari passando lo stesso l’esame grazie alla regola che si tiene conto solo dei votanti. Con numeri come questi Prodi ha ballato per due anni consecutivi, combinando poco e alla fine tornandosene a casa. Se votassero a favore del governo quelli che ancora ieri si dichiaravano incerti arriveremmo a 178, una soglia più rassicurante. Ma la maggioranza è fatta di nove partiti e basterà scontentarne qualcuno per trovarsi a rischio.
• Ho seguito una discussione l’altra sera in tv, e c’era un giornalista secondo il quale il Renzi I è blindato dalla paura dei senatori di tornarsene a casa per via delle inevitabili elezioni in caso di incidente. Cioè, la polizza assicurativa del nuovo governo sarebbe l’istinto di sopravvivenza degli eletti.
È giusto. Però il potere di ricatto di queste microformazioni resta. I sei civatiani, se decidessero di votare contro, uscirebbero dal partito. I popolari sono molto scontenti di non avere neanche un ministro, Renzi dovrà ricompensarli con un bel po’ di sottosegretari e viceministri. Sono 12 e per ora li abbiamo contati nei 162 della maggioranza assoluta teorica. Dalla fiducia di domani arriverà di sicuro qualche avvertimento per il nuovo premier. Che non credesse di non dover scendere a patti.
• Accettare un compromesso non sarebbe la fine del renzismo?
Secondo lei non ci sono stati compromessi, e pesanti, nella formazione del governo?
• A quello che si capisce, sì. Compromessi con Alfano. Compromessi con Napolitano.
Ieri mattina i commentatori politici sembravano parecchio perplessi sui 16 nuovi ministri. Una delle accuse era: si tratta di una riedizione del governo Letta, di un semplice rimpasto. Questa accusa si basa sulla constatazione che la delegazione del Nuovo Centrodestra è rimasta dov’era (Alfano, Lupi, Lorenzin sono ancora ministri dell’Interno, dei Trasporti e della Salute) e che sei ministri attuali erano già presenti nel governo Letta, in posizioni diverse e magari come sottosegretari (Orlando, Franceschini, Delrio, Pinotti, Martina, Galletti). Nove su sedici, quindi, sono, per dir così, dei lettiani. L’accusa è tuttavia esagerata e credo che abbia ragione Napolitano nel dire che l’impronta di Renzi c’è. Intanto per la presenza, decisiva, di Renzi stesso, poi per la Mogherini agli Esteri, scelta fortissima per la sua audacia, che ha mandato su tutte le furie Pannella e la stessa Bonino e di cui neanche Napolitano sarebbe stato troppo convinto (soprattutto per il licenziamento di Emma, in testa per gradimento nei sondaggi internazionali). E infine per la forte presenza di renziani e soprattutto di renziane nell’esecutivo. Una seconda accusa sostiene che questo non è un governo Renzi, ma un Napolitano III, per via delle pesanti intromissioni esercitate dalla presidenza della Repubblica sulle scelte, come minimo, per la Giustizia e per l’Economia. L’accusa è esagerata, ma stavolta non priva di fondamento.
• È un’accusa che ha fatto anche lei, ieri, in riferimento a Padoan.
Sì, perché in questa condizione è legittimo chiedersi a chi renderà conto delle sue scelte Padoan (un patito della patrimoniale), se al suo presidente del Consiglio o alla Troika. Badi, lo dico pensando che Padoan sia un ministro di sicuro più competente, nella materia, di Delrio. Infine, la terza accusa è la fragilità complessiva, accusa che in camera caritatis viene ribadita dai renziani stessi. L’età media del governo è di 47 anni, ma quelli alla prima esperienza sono forse troppi e fatti sedere in posti di troppa delicatezza. Speriamo tutti di essere smentiti, ma la bellezza, la giovinezza, la freschezza, l’esser donna non sono ancora titoli sufficienti per garantire la capacità di governare.