La Gazzetta dello Sport, 13 febbraio 2014
Enrico Letta non ha nessuna intenzione di farsi da parte. È stato per un’ora con Matteo Renzi (era l’ora di pranzo), poi ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi (per le ore 18), qui ha illustrato i contenuti del patto intorno al quale vuole stringere la sua maggioranza, un documento di 57 pagine intitolato “Impegno Italia” con tanto di logo (un sole in forma di ruota dentata che illumina quattro astri colorati ciascuno dei quali contiene una delle cifre che compongono il numero 2014)
Enrico Letta non ha nessuna intenzione di farsi da parte. È stato per un’ora con Matteo Renzi (era l’ora di pranzo), poi ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi (per le ore 18), qui ha illustrato i contenuti del patto intorno al quale vuole stringere la sua maggioranza, un documento di 57 pagine intitolato “Impegno Italia” con tanto di logo (un sole in forma di ruota dentata che illumina quattro astri colorati ciascuno dei quali contiene una delle cifre che compongono il numero 2014). Questo patto è diviso in sette priorità - Europa, occupazione, imprese, persone e famiglie, istruzione, pubblica amministrazione, legalità - ma non perderemo tempo a descriverlo dato che, in questa fase, ha un valore solo politico, serve come barricata per fermare Renzi.
• E però conterà qualcosa quello che Letta ha detto in conferenza stampa.
Conferenza stampa tutta politica, che vale la pena riferire tra virgolette. «Le dimissioni non si danno per dicerie e giochi di palazzo. Chi vuole venire al mio posto deve dire cosa vuole fare. Si gioca a carte scoperte. Ho sentito parlare già di liste di ministri, ma io parto dalle cose da fare. Credo che la data del termine di “Impegno Italia” sia legata al completamento delle riforme. Quando saremo in grado di fare una legge elettorale, riformati il Senato e il titolo V della Costituzione, allora sarà terminato il lavoro».
• Quest’ultima frase serve a tranquillizzare Alfano, direi. Gli sta dicendo: se resti con me, si vota l’anno prossimo. Se vai con Renzi, non si sa.
Giusto. Acuto. Alfano è in effetti in bilico, e la sua posizione potrebbe risultare decisiva. Ma non mi interrompa, please, sta parlando il presidente del Consiglio.
• Prego.
«Le mie prospettive personali non contano nulla, sono qui per un profondo attaccamento alle istituzioni. È per quello che è nato questo governo, un governo di servizio. Io mi considero un uomo delle istituzioni e da tale mi comporterò. Sono orgoglioso del nostro lavoro perché abbiamo realizzato molto, alle condizioni date, che non ci hanno consentito di fare tutto quello che avremmo voluto. Ho preso il timone di questo paese quando aveva il segno meno, oggi ha il segno più: crescita piccola, ma inversione di tendenza. Ho immaginato per tutti questi mesi di governo una sorta di titolo: “Ogni giorno è come se fosse l’ultimo”. Matteo aveva lanciato l’hashtag #enricostaisereno, se fosse per me ora l’hashtag sarebbe #iosonoserenoanzizen. Dopo questa esperienza potrei insegnare pratiche zen in qualunque monastero». Poi ha parlato di questo Impegno Italia: «Ci sono trenta miliardi di risorse per il biennio 2014-2015 che consentiranno quelle riduzioni di tasse per le imprese sul costo del lavoro e per il lavoratori. Saremo in grado, oltre ai 3,6 miliardi di revisione della spesa previsti dalla legge di stabilità, di mettere altri 13 miliardi di revisione della spesa. Questo è fattibile. Oggi lo spread è sotto i 200 punti, in una condizione migliore rispetto a quanto era successo ai primi di gennaio perché il tasso di interesse nominale dei titoli di Stato era più alto; oggi è per l’Italia il migliore degli ultimi 8 anni. Abbiamo recuperato elementi fondamentali. Il debito scende per la prima volta, per le privatizzazioni dopo 6 anni, ed il deficit è sotto controllo, sotto il 3%».
• Il premier la fa un po’ troppo rosea, ma insomma capisco che questa è la contraerea pisana che tenta di banalizzare i bombardamenti fiorentini. Che s’erano detti, i due, all’ora di pranzo?
Silenzio assoluto, che le agenzie hanno subito battezzato “gelo”. In serata Letta ha aggiunto alle dichiarazioni rese in conferenza stampa la seguente frase: «Voglio che mi si sfiduci a viso aperto». Renzi aveva cinguettato nel primo pomeriggio: «Leggo tante ricostruzione sul Governo. Quello che devo dire lo dirò domani in direzione. In streaming, a viso aperto.
• Le ricostruzioni sul governo (o Governo) riguardano il toto ministri, che già impazza.
Sì, Baricco alla Cultura, Boeri all’Economia, eccetera. Per ora sono chiacchiere. Se Letta sta fermo sulle sue posizioni, nessuno può costringerlo a levare le tende: ci vuole un voto di sfiducia. Il Pd potrebbe sfiduciare uno dei suoi? O Alfano o quelli di Scelta civica potrebbero rendere un servizio al sindaco-segretario, togliendogli la castagna dal fuoco? E in cambio di che? E se si va alla fiducia in Parlamento, col voto segreto, chi può giurare che, non visti, i sinistri non votino a destra e i destri a sinistra con l’obiettivo di ottenere il contrario di quello che hanno dichiarato pubblicamente? Che succederebbe se Letta, in Parlamento per una fiducia che il Pd ufficialmente non gli vuole dare, la fiducia la ottenesse lo stesso grazie ai tanti che sono lì a far dispetti, o per gusto o per il proprio tornaconto?