Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 10 Lunedì calendario

Biografia di Michele Riondino

• Taranto 14 marzo 1979. Attore. Il commissario Salvo Montalbano nella fiction di Raiuno Il giovane Montalbano, prequel della versione con Luca Zingaretti.
• «Che sia il volto nuovo su cui puntare, se n’è accorta perfino l’European Academy, che l’ha proclamato shooting star 2010 (...) Diploma alla Silvio D’Amico e un prestigioso passato teatrale (...) L’abbiamo conosciuto in Il passato è una terra straniera nel ruolo dell’“anima nera” che porta alla perdizione Elio Germano: fascinoso e pericoloso, Michele dominava l’intero film. Ha poi convinto nei panni del fotografo eroinomane di Fortapàsc e, cambiando registro, ha regalato al pubblico di Dieci inverni dei bei sussulti romantici» (Gloria Satta) [Mes 30/12/2009].
• «C’è stato un tempo in cui Michele Riondino era un attore “gentile ed educato”. Uno che aveva fatto gli studi giusti frequentando l’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, conclusa nel 2000, e che, in quell’esperienza, aveva acquisito “molta tecnica, la conoscenza degli strumenti del mestiere, la capacità di leggere una parte e lavorare sul sottotesto. Una formazione da teatro borghese, potremmo dir così”. Poi qualcosa è cambiato: “E lì è venuto il bello. Perché ho superato una linea oltre la quale ho cominciato a navigare davvero”. (…) Così, un lavoro dopo l’altro, questo ragazzo di Taranto, classe 1979, si è trasformato in uno dei volti più in vista e applauditi del panorama nazionale. In televisione Riondino è stato il protagonista de Il giovane Montalbano nella fiction scritta da Francesco Bruni e Andrea Camilleri, grande successo del 2012 sbarcato ora anche in Germania; al cinema eccolo, fra gli altri, in Noi credevamo di Martone, ne Gli sfiorati di Matteo Rovere e in Bella addormentata di Bellocchio (…). La sostanza di quel salto coraggioso che ha cambiato il suo profilo di interprete è fatta di incontri straordinari. Come quello con la drammaturga e regista Emma Dante con cui ha lavorato per lo spettacolo Cani di bancata. Fu lei a instillare in quel giovane attore ancora troppo perbene la scintilla necessaria a far ardere quella fiamma d’attore che nasce “dall’istinto, dalle viscere, dalla pancia” e che da allora riscalda il suo percorso. O quello, fondamentale, con Daniele Vicari che, nel 2008, fece una scommessa su di lui e lo scelse come co-protagonista del film Il passato è una terra straniera, rivelando appieno il suo grande talento. (…) “Sono uno che rompe le scatole, mi è impossibile fare diversamente. Osservo ciò che accade intorno a me e non ce la faccio a prendere le cose con superficialità, a passarci sopra”. Difficile scindere il suo percorso professionale da quello personale: “In passato mi chiedevo spesso come sarebbe stata la mia vita se fossi nato altrove, magari in una grande città. Oggi so che alle mie origini, a quel disagio vissuto giorno dopo giorno, a quella rabbia accumulata, devo tutto. Del resto a 16 anni manifestavo per l’emergenza di Taranto e, parallelamente, cominciavo il mio percorso di attore”. L’intreccio tra vita artistica ed esperienza privata è in realtà ancora più ingarbugliato. Figlio di un operaio dell’Ilva, Michele Riondino ha interpretato l’operaio di un’acciaieria nel film Acciaio di Stefano Mordini immergendosi in prima persona nella realtà della fabbrica per osservare, imparare e costruire così il suo personaggio. Nel suo libro (...) Rubare la vita agli altri (Fandango) ha raccontato se stesso e la sua storia, dal bambino cresciuto all’ombra della grande industria all’adolescente con la passione per la recitazione fino all’interprete acclamato, ripercorrendo sogni, delusioni, e successi. “Non l’ho scritto per vanità. Mi piace pensare che possa servire a chi vive nella periferia del mondo e pensa che il centro delle cose sia irraggiungibile. Non è così, tutto è accessibile, basta provarci, con forza e volontà. Se da ragazzino avessi letto un libro come questo forse mi sarei sentito meno solo”. (…) Non solo attore, non solo scrittore, ma anche regista teatrale con lo spettacolo La vertigine del drago (…) e musicista appassionato: “Suono la chitarra e canto in un complesso. Facciamo rock’n’roll e rockabilly”. (…) “All’Accademia ero attratto da chi ascoltava, da chi non pronunciava la battuta ma la riceveva. Ci vuole una grande bravura per farlo bene. Così, nella vita, ho imparato a intercettare quella pausa che subito dopo si trasformerà in un’azione, in un gesto, in un discorso. Osservo la gente che per strada si saluta e parla, sorride, interagisce e attingo da quell’attimo sospeso che precede la reazione. È una fonte continua di ispirazione per il mio lavoro”. (…)» (Vogue 11/9/2013).
• «Michele viene da una famiglia operaia. Forse il padre sognava per suo figlio un futuro diverso. Forse lo immaginava archeologo o professore, ma un giorno a tavola Michele confida che vuol tentare l’impresa di entrare all’Accademia di arte drammatica. “E ce co’s yè st’art drammat’c?”, gli risponde preso del tutto alla sprovvista il genitore. “Pa’, è una scuola dove ti insegnano a recitare, dove diventi attore”. Questo scambio di battute emblematico potrebbe essere l’inizio di una débâcle o di una storia a lieto fine, che diventa tale proprio grazie alle difficoltà e le avventure (che Riondino racconta bene) nella sua adolescenza scapigliata. Cresciuto in mezzo alle ciminiere dell’ex Italsider, oggi Ilva, ha le idee chiare sulla sua terra. “Quando ci vivevo, non mi piaceva Taranto. Poi però sono andato via. E allora ho cominciato a pensare a tutto quello che questa città mi ha dato, in termini di bellezza e di esperienza. E a distanza di anni e di chilometri quello della mia città è ancora un pensiero che mi commuove”» (Roberto Saviano) [Esp 4/3/2013].