10 febbraio 2014
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Biografia di Maria Concetta Riina
• Palermo 7 dicembre 1974. Figlia di Totò. Nel 2012 da Corleone si trasferì con la famiglia (il marito Tony Ciavarello, che l’aveva preceduta, e i tre figli) nel Brindisino, a San Pancrazio Salentino.
• «Chi eravamo, noi lo sapevamo da sempre: noi lo sapevamo che eravamo latitanti. Da quando io mi posso ricordare, l’ho sempre saputa questa cosa che mio padre era ricercato e che noi dovevamo scappare perché lo cercavano, perché mio padre era accusato di tutti questi omicidi (...) Per me però era una cosa che era al di fuori da quello che vedevo io o che sentivo in tv. Era una cosa lontana da quello che vivevo nella mia famiglia (...) Tutti gli amici mi chiamano Mari. Sono sposata con Toni Ciavarello e abbiamo tre figli: Gian Salvo, Maria Lucia e Gabriele. Vivo a Corleone dal 16 gennaio del 1993, il giorno dopo che si sono portati via mio padre (...) Era una situazione surreale, assurda. Quello che dicevano su di noi io lo sentivo ma è come se non mi appartenesse. È come se non parlassero di me, di mio padre, della mia famiglia ma di qualcun altro (...) Per me, e questo lo pensa anche lui, è stato un parafulmine per tante situazioni. Faceva comodo a molti dire che tutte quelle cose le aveva fatte Totò Riina. Tutti sanno benissimo comunque che qualsiasi cosa gli avessero chiesto, lui non sarebbe andato più di là, oltre. Non avrebbe mai fatto nomi e cognomi di nessuno. A lui hanno chiesto tante volte in maniera esplicita di pentirsi, ma il suo è sempre stato un no tassativo. È stato detto e non detto anche che quel suo l’avrebbero fatto pesare su di noi. Sui figli, su tutta la sua famiglia (...) Mio padre viene presentato come un sanguinario, crudele, quasi un animale, uno che addirittura avrebbe fatto uccidere anche i bambini. Ma a me, come figlia, tutto questo non risulta. So io quello che mi ha trasmesso. Educazione. Moralità. Rispetto. E quando parlo di rispetto non parlo in quel senso, in senso omertoso. La persona che io sono ora, è quella che mio padre e mia madre hanno lasciato (...) Vi sembrerà strano, ma mio padre per me è così. E io così l’ho vissuto e così lo vivo ancora (...) Il problema vero per noi è sempre stato trovare un lavoro (...) Tutti hanno paura di essere messi sui giornali, paura magari di essere considerati collusi. Qualche tempo fa ho frequentato i corsi di una cooperativa a Palermo, poi a un certo punto mi è stato detto che dovevo andarmene perché altrimenti quella cooperativa la chiudevano. Non è bello sentirsi dire certe cose. Giustamente tu dici: io non ho fatto niente, mi sono comportata bene con tutti. Mi hanno penalizzato solo perché mi chiamavo Riina. E non è stata l’ultima volta (...) Tempo fa avevo anche fatto una domanda di accesso a un corso che organizzava servizi finanziari. Sono salita a Milano, è andato tutto bene, ho legato con tutti, anche con il direttore commerciale. Tutto a postissimo. Poi hanno visto sul mio documento di identità nome e provenienza: Riina e Corleone. Alla fine mi hanno fatto la fatidica domanda: “Ma tu sei parente di?”. Io ho risposto: certo, sì, sono la figlia. L’ho detto con naturalezza – io non lo dico mai prima, non cammino con il cartello appeso al collo con su scritto “Sono la figlia di Riina”, però se me lo domandano non ho problemi a dirlo. Non è passata nemmeno mezz’ora e mi ha chiamato il direttore dicendo che era offeso perché non gliel’avevo detto prima. Era un grosso problema per lui, per l’immagine della sua azienda (...)» (ad Attilio Bolzoni) [Rep 28/1/2009].
• «Non si è mai fatto segnalare per particolari attività criminali, non ha una storia segnata da faide, non è un centro nevralgico di traffici illeciti. Eppure da qualche mese il piccolo comune di San Pancrazio Salentino, in provincia di Brindisi, è segnato in rosso sulle cartine di almeno tre procure. È San Pancrazio, infatti, il comune che potrebbe rappresentare il trait d’union tra la Sacra corona unita e Cosa nostra. Un sodalizio inedito quello tra le due associazioni criminali, su cui si sono accessi i riflettori degli investigatori. L’ultimo fascicolo, in ordine di tempo, è arrivato sulla scrivania del sostituto procuratore di Brindisi Milto De Nozza (…). Dalle pagine degli atti investigativi fa capolino un cognome che – al contrario della cittadina brindisina – ha fatto la storia criminale di questo Paese: quel cognome è Riina. Dal 2012, infatti, San Pancrazio Salentino è stato scelto come dimora da Maria Concetta Riina, primogenita di Totò ’u curtu, super boss di Cosa nostra, arrestato il 15 gennaio del 1993 e da allora detenuto in regime di 41 bis al carcere di Opera a Milano. Ed è dal carcere di Opera che sono arrivate alcune tracce, capaci di far accendere la curiosità degli investigatori. Riina, infatti, stando alle indagini della procura nissena, durante la cosiddetta ora di socialità in carcere ha instaurato un rapporto privilegiato con alcuni esponenti della Sacra corona unita, che come lui sono detenuti in regime di 41 bis. Caso vuole infatti che il carcere di Opera ospiti anche alcuni personaggi di prima grandezza della malavita pugliese, come Alberto Lorusso, fino agli anni ’90 considerato al vertice della cosca di Brindisi, la stessa zona dove è andata a vivere la figlia di Riina. La primogenita del padrino di Corleone aveva seguito in Puglia il marito Tony Ciavarello, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale dopo alcune condanne per gioco d’azzardo e danneggiamento. La loro presenza nel territorio era finita sui giornali dopo la strage di Brindisi, quando il 19 maggio del 2012 un ordigno esplose di fronte all’istituto scolastico Morvillo-Falcone. Adesso a raggiungere la giovane Riina a San Pancrazio, potrebbe arrivare anche la madre, Ninetta Bagarella. La signora Riina è attualmente a Corleone ma starebbe valutando l’opzione di trasferirsi anche lei nel Brindisino. Da dove proviene questa predilezione diffusa per il territorio brindisino da parte della famiglia Riina? Se lo chiedono gli investigatori siciliani ed anche quelli pugliesi, che al momento non possono fare altro che registrare il possibile arrivo della signora Riina a San Pancrazio. Sia Maria Concetta Riina che la madre, infatti, sono persone libere e non sottoposte ad alcuna misura restrittiva. (…)» (Giuseppe Pipitone) [Fat 10/10/2013].