Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 10 Lunedì calendario

Biografia di Lucrezia Reichlin

• Roma 14 agosto 1954. Economista. Membro del consiglio di amministrazione di Unicredit.
• «Il padre Alfredo è stato dirigente e parlamentare del Pci, direttore dell’Unità a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta e ha appoggiato la trasformazione in Pds e poi in Ds, fino a partecipare alla stesura della carta dei valori del Pd. La madre Luciana Castellina è stata una delle fondatrici del manifesto. Lucrezia e Pietro, i due figli di Alfredo e Luciana, sono invece economisti di formazione di sinistra se non altro per ragioni familiari, ma hanno completato gli studi in America, e strizzano l’occhio sempre più al liberismo e alle nuove teorie monetarie (...) Lucrezia (...) maturità classica al Tasso di Roma (proprio il liceo del padre che era arrivato minorenne nella Capitale dalla Puglia per partecipare alla Resistenza) è entrata nel cda di Unicredit come rappresentante dei soci di minoranza insieme a Theo Weigel, ministro delle Finanze tedesco ai tempi della riunificazione. E Unicredit è una delle banche che affondano le radici in quelle privatizzazioni che negli anni Novanta furono tanto criticate da Alfredo Reichlin, all’epoca responsabile economico del Pds, perché le giudicava “privatizzazioni a metà”, dove “cambiano gli assetti ma non chi controlla il potere”. La politica, assicurano i fondi che l’hanno designata, non c’entra con la nomina di Lucrezia. “È una delle più brillanti economiste del mondo”, dicono di lei, laureata a Modena nel 1980, PhD a New York sei anni dopo, già consulente della Fed di Alan Greenspan e poi fra il 2005 e il 2008 direttore del dipartimento ricerca della Banca centrale europea. Oggi insegna alla London Business School. E la sua idea di economia sembra ben lontana a quella del padre (almeno dei tempi del Pci), assai più vicina a quella del fratello Pietro, che ha studiato alla Columbia e insegna alla Luiss, oltre a collaborare con la Voce.info, il pensatoio economico di Tito Boeri. Lucrezia, destando non poche polemiche, come capo ricercatrice della Bce, è stata fra le prime persone a sostenere che non c’è un nesso automatico fra aumento della massa monetaria e aumento dell’inflazione. Teoria condivisa in parte anche dal fratello. Ma ben lontana dalle posizioni degli economisti legati a Pci, Pds e Ds, i partiti nei quali ha militato papà Alfredo» (Paolo Foschi) [Cds 3/5/2009].
• «Docente alla London Business School, ex direttore generale alle ricerche della Banca centrale europea, editorialista del Corriere della Sera, opinionista nei talk-show e nome di punta del board Unicredit – ma si era guardato a lei anche per i vertici Rai e si guarda a lei con insistenza, come in una prova generale di nominabilità, per cariche prossime venture. Lucrezia, che sul Corriere parla di Germania come una che la conosce (ha vissuto per anni nella noiosa ed efficiente Francoforte) e quindi dice, con il tono sereno di chi si esprime con modelli econometrici, che “non ci si può smarcare”, ma che anche i tedeschi “hanno ballato”, nella vita parla la lingua di un’aristocrazia di fatto, composta dalle grandi famiglie allargate del mondo ex-post-neo comunista (come Bianca Berlinguer e a differenza di altre dame dell’intellighenzia engagée). È diventata adulta in altri mondi, tra altra gente, Lucrezia, e però quel sistema familiare, culturale e politico, abbandonato negli anni Settanta con l’urgenza di dover trovare una strada, qualsiasi strada, non ha mai smesso di appartenerle. E quando sua madre, nel 2011, ha pubblicato, rivisitandolo, il suo diario di adolescente catapultata nella vita vera tra il 1943 e il 1947, pare che Lucrezia abbia detto: “Quasi quasi ti scrivo io la prefazione”. Detto e fatto: La scoperta del mondo, il libro di Luciana Castellina (ed. nottetempo), è preceduto dalle note di Lucrezia: il racconto in prima persona di due percorsi paralleli, il suo e quello della madre, entrambe quattordicenni sulla soglia di due anni che avrebbero cambiato il mondo (il Quarantatré e il Sessantotto), entrambe troppo grandi per non ricordare e troppo piccole per partecipare davvero. (…) Lucrezia in quelle note spiega la genesi del suo essere “cervello in fuga” dall’Italia degli anni di piombo: “Io non so se ho fatto bene a partire per gli Stati Uniti e non tornare più nel mio paese, per me è stata la risposta al senso di soffocamento che l’Italia mi aveva dato in quegli anni”. E poi di donne forti in famiglia ce n’erano già due, la mamma e la nonna Lisetta Liebman, ebrea triestina, e per tirare fuori la propria, di forza, non si poteva passare per strade già percorse in famiglia. Talmente “principessa” appariva Lucrezia ai giovani rampolli della nomenclatura Pci, che qualcuno considerava lei e suo fratello Pietro, alti e di aspetto regale, l’eccezione che smentiva il vecchio detto, molto popolare e poco progressista: “I figli di genitori separati restano bassi”. Lucrezia, al liceo Tasso, faceva impazzire di sospiri i meno coraggiosi e di rabbia gli incauti che provavano a proporsi: “Era di una bellezza sconvolgente, ma non ci si filava di pezza”, dice oggi l’ex ministro Paolo Gentiloni, classe ’54 come Lucrezia e proprio per questo, all’epoca, frenato dalla consapevolezza “che le belle ragazze sedicenni non guardano un ragazzo sedicenne”. Si favoleggiava di universitari innamorati che la attendevano all’uscita da scuola, si raccontava del suo impegno, non ossessivo ma costante, nelle iniziative di area manifesto: volantinaggi davanti alle fabbriche, manifestazioni anti guerra del Vietnam già al ginnasio. “Non era spocchiosa”, Lucrezia, dice un altro ex compagno di scuola, “ma manteneva un fondo di mistero”. Dopodiché tutti oggi si chiedono com’è successo che Lucrezia, economista all’estero, professoressa che a Bruxelles ha creato “una scuola dottorale d’eccellenza”, dice un esperto, e studiato metodi di econometria poi usati dalle banche centrali, a un certo punto abbia fatto la grande rentrée (sebbene ancora abitando a Londra, per la gioia di sua figlia Fushu, la bimba cinese adottata con l’ex marito belga, cresciuta tra quattro lingue e tre paesi – “se cambiamo di nuovo città ti sparo”, dice scherzando Fushu alla madre, ora che ha tredici anni). Un rientro a metà, quello di Lucrezia, con il lavoro principale ancora alla London Business School – ma non un rientro in sordina. Circa tre anni fa, infatti, le si è aperto il mondo Unicredit. (…) C’è poi quell’episodio di uscita totale dall’ombra: Lucrezia Reichlin che nel settembre 2010, nel momento più duro dello scontro al vertice Unicredit, vota – unica – contro l’estromissione di Profumo. Da “indipendente”, si disse, ché Lucrezia era consigliere per i fondi stranieri. È la notte dei lunghi coltelli in cui Sabina Ratti, la moglie di Profumo, si mostra alla stampa per dire che lei e il marito sono tranquilli, che non esiste solo Unicredit, che due milioni di euro (di una buonuscita di quaranta) saranno devoluti a favore di don Colmegna. Lucrezia, fino ad allora lontana dalla ribalta, diventa nei taccuini dei cronisti “la quinta colonna di Profumo in cda” (tantopiù che Profumo, prima che tutti gli altri gli votassero contro, aveva detto di non volersene andare). La collaborazione di Lucrezia Reichlin con il Corriere ha poi fatto il resto, e l’uscita dall’ombra si è compiuta. (…) Lucrezia, Ph.D alla New York University dopo una borsa di studio a Boston, si era ormai abituata alle stranezze americane: ti diamo la borsa di studio ma la sera insegni al corso serale, erano queste le condizioni del suo primo sbarco in Massachusetts, e lei, ragazzina nell’aspetto, a Boston si era ritrovata in classe schiere di volenterosi poliziotti di colore. Poi era stata la volta dell’impiego per l’Onu, primo desideratissimo lavoro vero oltreoceano, ed era finita nell’isola di Santa Lucia, nei Caraibi, a supervisionare il piano di sviluppo, tra panorami meravigliosi e svendite di terra alle grandi catene alberghiere. In quegli anni, a New York, i giovani esuli italiani vedevano a cena i cosiddetti “genietti” dell’economia Charles Sabel e Michael J. Piore, vincitore di una prestigiosa borsa di studio MacArthur, o l’allora studente Tito Boeri (che oggi dice: “Lucrezia mostrava grande propensione per i lavori empirici più che teorici, ed era già molto stimata. Ci si incontrava, ogni tanto, tra emigrati, e Lucrezia si annoiava quando parlavamo troppo dell’Italia”). Eppure Lucrezia, laureata a Modena, negli anni ha mantenuto i contatti con i suoi maestri, come il professor Marco Lippi, matematico ed economista con cui ha firmato lavori importanti di econometria. Modena, per una certa sinistra, significava conoscere le idee della scuola di Cambridge, restare “rossi” e diventare “competenti” anche in materie non letterarie. A Modena si forma la Lucrezia futura economista “liberal”, per dirla con il suo ex docente Michele Salvati (che oggi dice: “Sottoscrivo molti dei suoi articoli sul Corriere”). A Modena Lucrezia Reichlin va perché vuole vedere il nord, perché le sembra che al nord stia accadendo qualcosa di importante. (…) A casa di Luciana – Lucrezia e Pietro presenti – si discuteva “di idee, di politica, di letteratura, di arte, si litigava molto e non c’era distinzione tra impegno e vita privata”. Lucrezia ha l’impressione che i genitori si divertano molto, che non siano “bacchettoni” come i comunisti più anziani. È tutto molto bello, ma forse per la Lucrezia adolescente è anche troppo. Come tutti i figli di genitori molto impegnati e molto carismatici, sviluppa una sotterranea volontà di nascondersi nelle retrovie per osservare meglio. “Ho preso tutte le decisioni in solitudine”, ha detto nelle rare interviste. Il viaggio senza ritorno nasce prima di Modena, ma a Modena diventa realtà per la prima volta. Poi verranno Milano (impiego in un’azienda) e Boston. Non ad Harvard, non al Mit, ma non fa niente. È il passo decisivo verso la trasformazione in terza donna forte della famiglia, e Lucrezia nella sua testa l’ha già compiuto. Studierà, insegnerà, si innamorerà (di uomini non italiani), si specializzerà nell’econometria scoperta con il professor Lippi, fino a diventare uno dei grandi esperti europei nel ramo. Dalla ricerca passa (anche) alla vendita di previsioni in tempo reale per i mercati. Con Domenico Giannone, suo ex studente di dottorato all’Università Libera di Bruxelles, oggi principale collaboratore, dà vita a www.now-casting.com, sito di “forecasting”, “previsioni del tempo” del mercato, fotografie del presente economico. (…) Quando a Roma dici “Lucrezia Reichlin”, alla fine tutti immancabilmente ritirano fuori la storia della bellissima principessa comunista, anche se comunista è la sua famiglia e non lei. Le sue convinzioni politiche, ha detto, “sono diventate molto diverse” da quelle di sua madre, anche se poi ha capito perché il diario di Luciana Castellina si sia chiuso con la nostalgia per la vita nel Pci anni Cinquanta. Fare cose insieme per fare “parte di qualcosa più grande”: questo, secondo Lucrezia, significava essere giovani quando sua madre era giovane. (…) Madre militante, Luciana portava Lucrezia ai comizi fin da piccolissima e, dice chi le conosce entrambe, finivano sempre a qualche festa dell’Unità dove l’attenzione di Lucrezia veniva rapita dalle lotterie che mettevano in palio uno o più porcellini. E se la prima persona a cui Lucrezia telefona, in famiglia, è il fratello Pietro, a Luciana, madre a volte ingombrante, Lucrezia “ha insegnato molte cose” (dice oggi la stessa Luciana). Per esempio in tema di donne: “Mia figlia mi ha fatto capire che il mio accanimento di dover assomigliare per forza agli uomini era una buffonata, e che il problema era affermare la propria diversità di donna. ‘Mamma, ti rendi conto che non sei mai andata a cena con una donna, ma sempre con uomini?’, mi ha detto un giorno Lucrezia. E aveva ragione, non ci avevo mai pensato”. Dal Belgio Lucrezia ha tentato più volte di tornare in Italia a mezzo concorso, non riuscendoci (l’economista melomane Giuseppe Pennisi, che l’ha conosciuta trent’anni fa in America, dice che Lucrezia, “intelligente e preparata”, ha una formazione che in Italia “è difficilmente incasellabile in un raggruppamento disciplinare”, sospesa com’è “tra finanza e politica economica. Qui o sei l’una o sei l’altra cosa, chi sa di una cosa non sa dell’altra, e naturalmente questo è un male”). Due anni fa, in ogni caso, dice un amico, “Lucrezia ha cominciato ad avere voglia di diversificare le sue attività”. Fatto sta che quando compare in video, su La7 o a Rai Tre, Lucrezia Reichlin sembra aver ormai buttato al macero la corazza di “ex bambina assennata” ed ex “studentessa perfetta”, definizioni che ricorrono nei ricordi dei suoi amici e familiari. Scherza moderatamente, interrompe Giovanni Floris (“mi faccia continuare”), lancia sorrisi obliqui da Gioconda e subito dopo dice: “Ora ritorno economista”» (Marianna Rizzini) [Fog 2/7/2012].
• Secondo un’indiscrezione del Times, è tra i possibili candidati per il posto di vicegovernatore della Bank of England (febbraio 2014).