5 febbraio 2014
Tags : Carlo Ratti
Biografia di Carlo Ratti
• Torino 7 gennaio 1971. Architetto. Ingegnere.
• «Laurea al Politecnico di Torino, arricchita da esperienze a Parigi e Cambridge, con specializzazioni in Architettura e Informatica (...) Giovanissimo docente del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit) dove dirige uno staff di 35 professionisti (Senseable City Laboratory, tra cui fisici, matematici, sociologi) impegnati a studiare i paradigmi della città del futuro (...) è stato nominato “Innovator in residence” dal governo del Queensland (Australia), con il compito di elaborare nuove strategie di sviluppo urbanistico. Globetrotter della professione con studio a Torino (Carlo Ratti Associati, aperto con Walter Nicolino), ha già ottenuto importanti riconoscimenti a livello internazionale (...) Il suo Digital water pavilion, il padiglione con pareti d’acqua che ha attirato gli sguardi dei visitatori dell’Expo a Saragozza, è stato inserito dal settimanale Time nella classifica delle migliori innovazioni del 2008. (...) A Londra Ratti è nella short-list dei progettisti invitati dal sindaco Boris Johnson a disegnare un edificio simbolo delle Olimpiadi del 2012. L’idea è quella di costruire una “nuvola dinamica”, una struttura gonfiabile luminosa in cima a una torre a spirale, alimentata da cellule fotovoltaiche e dallo sforzo fisico dei visitatori che sceglieranno di usare le scale invece dell’ascensore. “L’ambizione di ogni progettista – dice Ratti – è sempre stata quella di costruire edifici “vivi”. Oggi tutto questo è possibile grazie alle tecnologie digitali e al biotech”. (...)» (Paola Pierotti e Mauro Salerno) [S24 12/2/2009].
• Il suo studio è stato incaricato di disegnare il padiglione Future Food District, «il distretto del cibo di domani», nell’Expo di Milano 2015: «Si era già inventato il palazzo d’acqua per l’Expo di Saragozza 2008, che vinse il premio di Time per migliore invenzione dell’anno. Ora Ratti disegnerà il Future Food District, dedicato al cibo, nell’Expo di Milano. Insegna al Mit di Boston, dove dirige il Senseable City Lab, il “laboratorio della città sensibile” (e capace di sentire). È uno dei simboli dell’Italia che reagisce alla crisi affermandosi nel mondo e lavorando sui temi del futuro, anche se in patria è per il momento quasi sconosciuto al grande pubblico. (…) “Ho architetti in famiglia, ma non ho ereditato uno studio. Mio padre insegnava Ingegneria al Politecnico. Un giorno ha deciso di andare a coltivare la vigna nel Monferrato, di diventare un agricoltore biologico. Anche io ho fatto Ingegneria, prima al Politecnico di Torino, quindi all’École Nationale des Ponts di Parigi. Poi sono andato in Inghilterra, a Cambridge, per il master in Architettura e il dottorato tra Architettura e Informatica. Un giorno venne all’università Alberto Papuzzi, inviato della Stampa. Facemmo amicizia, cominciai a collaborare con Tuttoscienze e con le pagine culturali del quotidiano torinese; e poi con l’inserto domenicale del Sole 24 Ore. Ho scritto anche sul New York Times e sull’Huffington Post. (…) Venne in visita il preside della scuola di architettura del Mit. Gli piacquero le cose che stavo facendo. Lavoravo a nuove tecniche per analizzare la città. Stavo studiando le diverse geometrie dei tessuti urbani, per cercare di capirne le conseguenze: smog, consumo di acqua ed energia, esposizione al sole e al vento. Si tratta di progettare la città in modo da rispondere meglio a questi parametri. Così mi hanno invitato per sei mesi in Massachusetts. Poi mi hanno chiesto di fondare e dirigere il laboratorio” (…)» (Aldo Cazzullo) [Sty 7/11/2013].