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 2014  febbraio 04 Martedì calendario

Biografia di Paolo Pezzi

• Russi (Ravenna) 8 agosto 1960. Dal 2007 arcivescovo metropolita della Madre di Dio a Mosca (le quattro diocesi cattoliche russe prendono il nome dalle chiese e non dalle città, per non urtare la sensibilità degli ortodossi).
• «Figlio del sindacalista dei facchini del porto di Ravenna. Cresciuto al fianco di don Giussani. Missionario in Siberia dopo il crollo del comunismo. Uomo di Ratzinger (...) La storia di monsignor Pezzi è nel nome del paese romagnolo dov’è nato: Russi. Il padre fondò la Cisl di Ravenna, organizzando i lavoratori del porto; melomane, a casa ha una grande collezione di dischi di musica classica. La madre è insegnante. Lui studia da perito tecnico, ha già un lavoro alla Telecom quando incontra Cl, e don Giussani. “Avvertii tre forme di vocazione: a essere vergine, sacerdote e missionario”. Entra nella fraternità San Carlo, fondata da un altro sacerdote ciellino, Massimo Camisasca, che dopo la laurea in Teologia e il dottorato alla Lateranense manda il giovane Pezzi in Russia. “Arrivai a Novosibirsk, Siberia, nel ’93. Ho incontrato i superstiti dei cattolici tedeschi deportati da Stalin negli anni Trenta, e i loro discendenti. Uomini e donne che per decenni non avevano incontrato un prete se non qualche fuggiasco, non avevano avuto chiese, non potevano fare la comunione né sposarsi se non segretamente; eppure avevano conservato la fede. Le babushke, le nonne, mi mostravano i quaderni su cui avevano scritto le preghiere da insegnare alle figlie e alle nipoti. Lì compresi che il cristianesimo è come una pianta che cresce pure nelle zone più impervie e non può essere sradicata. Ebbi la conferma che con Gesù si vive meglio”. Benedetto XVI l’ha voluto rettore del seminario cattolico di San Pietroburgo, l’unico in tutta la Russia, e dal 2007 arcivescovo a Mosca. (...) L’incontro che l’ha segnato di più è stato con una babushka siberiana. “Stalin le aveva ammazzato due figli. Le chiesi cosa pensasse di lui. Mi rispose: ‘Pensare? Cosa vuole che pensi? Stalin l’ho perdonato. Altrimenti non avrei potuto vivere’. Io ero fermo all’idea, quella donna mi parlava della vita. Noi rischiamo di fermarci al pensiero, mentre le storie del cattolicesimo russo parlano al nostro cuore. E ci raccontano l’esperienza del martirio, del perdono, e ora la grande speranza della comunione di tutti i cristiani”» (Aldo Cazzullo) [Cds 14/9/2009].