Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 01 Sabato calendario

Biografia di Paolo Pellegrini

• Roma 1957. Finanziere.
• «Guardava gli annunci di lavoro, sperando di rivitalizzare la sua carriera nella finanza (...) la migliore opportunità che trovò fu quella che gli offrì quasi imbarazzato il suo vecchio amico John Paulson: un posto da analista junior lasciato libero da un giovane alle prime armi che voleva tornare all’università. Di tutti i sogni americani nati negli ultimi anni, quello di Pellegrini è forse il più sorprendente, e non solo per l’epilogo che fa ormai parte della leggenda della finanza americana accanto al cassettismo di Warren Buffett e alla puntata da 1 miliardo di George Soros contro la sterlina. Pellegrini ha superato anche loro. Grazie alla sua intuizione sul collasso immobiliare incombente, e alla brillantezza dei modelli da lui creati per scommettere su questo evento, ha fatto guadagnare circa 15 miliardi di dollari solo nel 2007 all’hedge fund Paulson & Co. La più grande scommessa di borsa da sempre (“The greatest trade ever”) l’ha definita il giornalista del Wall Street Journal Gregory Zuckerman in un saggio (...) uscito con questo titolo. In cui si dimostra che anche quando Wall Street accumula perdite per circa 30 mila miliardi, come è successo tra il 2007 e il 2008, è possibile costruire un’enorme fortuna. Ma non è facile: “Non basta intuire che una bolla sta per scoppiare” spiega Zuckerman [...] “E non basta capire come approfittarne. Bisogna anche avere la fortuna e l’abilità di farlo al momento giusto”. Quella che racconta Zuckerman è quindi anche la storia di due destini che si incrociano appena in tempo. Dopo essersi conosciuti ai tempi della business school di Harvard, e di uno stage alla Bear Stearns, Paulson e Pellegrini attraversavano entrambi momenti difficili quando si incontrarono di nuovo nel 2005. Alla guida di un fondo da 2 miliardi di dollari, Paulson racimolava guadagni minuscoli rispetto a quelli dei suoi colleghi che investivano liberamente nel boom del mercato immobiliare, di cui lui invece diffidava. E Pellegrini era ancora alla ricerca dell’occasione buona per sfondare alla grande in un mondo che non aveva mai compreso del tutto il suo talento. Nato a Roma, Pellegrini si era trasferito a Milano da bambino: suo padre Umberto era un fisico che insegnava al Politecnico, sua madre Anna era professoressa di biologia al liceo. Entrambi disprezzavano il denaro, e forse per questo da bambino Paolo aveva costruito col Lego una banca. Laureato in Ingegneria, con un talento per i numeri considerato da tutti i suoi insegnanti straordinario, e con un grande amore per il jazz, dopo Harvard Paolo trovò il suo primo lavoro alla Dillon Read e poi alla Lazard Freres, dove si specializzò nel settore assicurativo. Fu quello il periodo in cui prese lezioni di dizione per perdere il suo accento italiano che, racconta a Zuckerman, faceva diffidare i clienti della sua capacità di afferrare tutti i dettagli di una questione. Per sua stessa ammissione il talento da venditore non era all’altezza della sua maestria finanziaria, e nel 1995 Pellegrini venne licenziato. Destino che si ripeté due anni dopo con la società assicurativa che aveva creato con William Michaelcheck, fondatore della Mariner investments, che però lo riassunse come analista nel 2003 dopo alcuni anni passati a fare il consulente: è in quel periodo che Pellegrini imparò a conoscere i derivati che gli sarebbero poi tornati tanto utili nella sua scommessa sui subprime. In quel 2005 Paulson incaricò Pellegrini di capire se si stava sviluppando una bolla nel mercato immobiliare. Pellegrini si mise al lavoro e passò lunghe serate ad analizzare dati nel cubicolo del suo ufficio e nell’appartamento di Mamaroneck, fuori New York, dove era andato ad abitare dopo il secondo divorzio. A Zuckerman racconta che fra le sue motivazioni c’era anche la necessità di restare negli Stati Uniti vicino ai suoi due figli. Gli ci vollero settimane di analisi per elaborare una tabella che divenne la stele di Rosetta che l’hedge fund usò per approfittare del mercato. Nel grafico si vedeva chiaramente come, al netto dell’inflazione, i prezzi delle case fossero aumentati dell’1,4 per cento appena dal 1975 al 2000, crescendo del 7 per cento nei 5 anni successivi. Per conformarsi nuovamente alla serie storica, i prezzi delle case avrebbero dovuto crollare del 40 per cento. Pellegrini non fu l’unico finanziere a intuire che cosa stava succedendo. Ma fu il primo a capire che il modo migliore per scommettere contro il mercato immobiliare non era puntare sulle aziende costruttrici, come avevano fatto altri, ma comprare Cds, i credit default swap che di fatto assicuravano i mutui più a rischio. Poiché nessuno pensava che il mercato potesse crollare, il costo dell’operazione era irrisorio: per assicurare 1 miliardo di mutui di categoria “BBB”, tra i più incerti, bastavano 10 milioni l’anno. “Nel corso del tempo però Paulson e Pellegrini scommisero anche sui Cdo, ovvero sui derivati in cui venivano aggregati i mutui” spiega Zuckerman. “E sull’indice Abx dei mutui subprime”. Vennero creati due fondi specializzati nella scommessa sui subprime, entrambi codiretti da Pellegrini: il Credit Opportunities I e II. Il risultato fu straordinario: alla fine del 2007 la Paulson & Co. mostrava un rialzo del 590 per cento. E la cena di fine anno per gli investitori del fondo al Metropolitan club di Manhattan venne innaffiata da bottiglie da 200 dollari di Sassicaia e altri vini italiani selezionati da Pellegrini. In quell’anno John Paulson portò a casa un guadagno personale di 4 miliardi di dollari, a cui si aggiunsero i 2 guadagnati l’anno dopo, quando il fondo si ricalibrò puntando sulla crisi delle istituzioni finanziarie. Anche il bonus di Pellegrini fu cospicuo. Sempre prudente, non aveva mai detto veramente alla terza moglie Henrietta quanto stesse guadagnando: ha lasciato che lo scoprisse lei stessa usando il bancomat durante una vacanza nell’isola caraibica di Anguilla a fine 2007. Sullo schermo apparve un saldo da 45 milioni di dollari, solo una parte del bonus che avrebbe poi aiutato Pellegrini a far partire il suo fondo d’investimento Psqr. (...) La sua specialità sono gli investimenti macro: quelli sui grandi cambiamenti che stanno cioè sotto gli occhi di tutti, ma che spesso è così difficile decifrare. Perlomeno per chi non li sa leggere» (Marco De Martino) [Pan 26/11/2009].
• «Da giovanissimo attivista del partito radicale e dj nei locali jazz a miliardario che (...) può permettersi di passare gran parte del tempo nella villa a Bermuda e che con gli amici parla della sua Ferrari F430 color argento come di una supercar “entry level”. In mezzo, il trampolino della Business School di Harvard e una carriera finanziaria inizialmente stentata: licenziato da due banche d’affari, fra cui Lazard, perché considerato poco abile nella vendita di prodotti finanziari alla clientela. Poi il decollo quando questo finanziere milanese (ma nato a Roma, figlio di scienziati che lo hanno cresciuto a pianoforte e studi classici) diventa il braccio destro di John Paulson (...) l’uomo che ha guadagnato in due anni 9 miliardi di dollari scommettendo sul crollo del mercato immobiliare. (...) Era l’analista e “trader” di grande successo che coi suoi studi sul mercato della casa Usa aveva confermato coi dati l’intuizione di Paulson: che nel settore immobiliare si era formata una grossa bolla inevitabilmente destinata ad esplodere. Sulla base di quelle analisi nel 2007 Paulson rischiò il tutto per tutto scommettendo su un crollo del mercato immobiliare: comprò Cds (sostanzialmente polizze assicurative) su 25 miliardi di dollari di titoli obbligazionari basati su pacchetti di mutui immobiliari. Molti banchieri di Wall Street lo giudicarono un folle, ma quando il mattone crollò davvero, Paulson si ritrovò sommerso dal denaro guadagnato. E fece ricchi anche gli altri investitori e i manager del suo fondo, a cominciare proprio da Pellegrini. (...) Del finanziere milanese, descritto da chi lo conosce bene come un uomo di spessore, capace di analisi approfondite e di giudizi taglienti (...) oggi si parla, però, soprattutto per una vicenda giudiziaria: l’importanza che le sue deposizioni avrebbero avuto nella decisione – presa (...) dalla Sec, la Consob americana – di incriminare la Goldman Sachs per frode civile. In realtà Pellegrini, che nel frattempo ha lasciato il fondo di Paulson e si è messo in proprio (Psqr è il curioso nome della “boutique” finanziaria da lui creata), sarebbe solo uno dei testimoni ascoltati dalla Sec. Ma è stata la sua la deposizione-chiave. Risalente addirittura alla fine del 2008 (...) quella di Pellegrini è stata la testimonianza di un protagonista che ha vissuto in prima persona il successo della scommessa speculativa sul mercato immobiliare e che ha anche avuto un ruolo importante nel gestire queste operazioni finanziarie insieme alla Goldman Sachs e allo stesso Fabrice Tourre, il vicepresidente incriminato dalla Sec. Mentre, però, la Goldman è finita sotto accusa – non per l’operazione finanziaria in sé ma per aver tradito la fiducia dei suoi clienti – la Sec ha precisato di non aver individuato alcun comportamento illecito da parte della Paulson & Co. (...)» (Cds 18/4/2010).
• «Potrebbe essere stata la rivalità tra il manager italiano e il suo ex boss, John Paulson, il gestore che ha fatto fortuna sul crollo del mercato immobiliare Usa, ad aver permesso alla Sec di scoprire la frode del colosso di Wall Street. “Con Paulson c’è un rapporto amichevole e di gratitudine professionale”, dice Pellegrini alla Stampa attraverso il suo portavoce. In realtà, per i media Usa, c’è stata una rottura dettata dalle debolezze di entrambi. Secondo il New York Post, Pellegrini è colui che “avrebbe fornito alla Sec informazioni di valore per sostenere le accuse di frode” nei confronti di Goldman. (…) A indirizzare la Sec verso Pellegrini sarebbe stato proprio il suo boss, ci dice il portavoce: “Nel 2008 la Sec avvicina Paulson & Co assieme ad altre istituzioni finanziarie nell’ambito delle indagini sui collateralized debt obligations. A quel tempo Paolo Pellegrini era co-gestore di Paulson Credit Opportunities Fund”. Gli investigatori sentono così l’italiano (…) Dalle indagini dell’authority emerge così che Paulson reclutò Goldman per creare il fondo Abacus mentre la banca stava assumendo Aca (la società indicata come quella scelta per la selezione dei titoli sottostanti ai mutui subprime) per gestire Abacus. Paulson chiedeva ad Aca di inserire certi titoli legati ai mutui ipotecari in Abacus mentre Aca non sapeva che il gestore stava assumendo una posizione “short”, ovvero al ribasso, su Abacus. Pochi giorni dopo Pellegrini, romano di nascita e milanese di adozione, lascia l’hedge fund per il quale lavorava da quattro anni e apre una propria boutique finanziaria “Psqr”, anagramma di Spqr o secondo alcuni “Paolo al quadrato”. “Da quel momento lui e Paulson non si parlano più” sostiene il New York Magazine chiedendosi: “Perché l’italiano avrebbe voltato le spalle alla persona che gli ha permesso di fare fortuna? È colpa dell’ego” di Pellegrini, secondo cui “Paulson non gli avrebbe mai concesso il credito che meritava”. “Avevo 45 anni, neanche un soldo in banca o uno straccio di prospettiva”, racconta Pellegrini nel libro The Greatest Trade Ever scritto da Greg Zuckerman del Wall Street Journal. Giunto negli States si sposa due volte senza fortuna e le prime esperienze in finanza vanno male. Ma la sua ambizione colpisce Paulson. Nel 2006 intuisce prima di altri il rischio di una bolla del mercato immobiliare, il suo boss gli dà credito e scommette sul crollo dei titoli obbligazionari legati ai mutui comprando credit default swap su cdo. Incassa una fortuna e il suo braccio destro diventa ricco con un compenso da 175 milioni di dollari. Ma il rapporto scricchiola per la reciproca gelosia: lo fa capire lo stesso Pellegrini nel libro quando racconta l’episodio in cui accompagna Paulson ad Harvard dove i due hanno studiato business. Dinanzi alla platea il boss gli ruba la scena azzittendolo: “Non sei stato tu ad essere invitato”. “Un’umiliazione per me”, ricorda Pellegrini. Un anno dopo arriva l’indagine della Sec e la defezione. “Non sono io la gola profonda, quello che dicono i media è sbagliato – ribadisce il manager italiano – La Sec aveva in mano un dossier da migliaia di pagine sulla società ed io ho risposto a tutte le domande in presenza dei legali di Paulson”» (Francesco Semprini) [Sta 20/4/2010].