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 2014  gennaio 31 Venerdì calendario

Biografia di Antonio Paradiso

• Santeramo (Bari) 26 febbraio 1936. Scultore.
• «È un personaggio curioso e anomalo sulla scena della scultura italiana. È vero, è stato allievo di Marino Marini a Brera, nella fucina della grande tradizione fondata sul classico, sulla nobiltà del marmo e del bronzo. Ma la sua vocazione, da subito, è stata quella di riappropriarsi le origini. Le sue dapprima, di uomo del Sud che lavorando con rudezza amorevole la pietra di Trani e il tufo di Matera sceglieva di non imporre la sua bellezza alla materia, ma di farne emergere il potente fascino intrinseco. E poi le origini di tutti noi, il momento che l’antropologia – disciplina della quale Paradiso è un adepto tutt’altro che dilettantesco – ci insegna essere stato quello in cui l’uomo ha “visto” nella pietra, nel legno, nella creta, alcuni simboli fondamentali: l’abitare, il totem, il rapporto tra le viscere della terra e le vertigini del cielo. Aiutato dalla sua lunga consuetudine con i deserti africani e le civiltà primarie che lo abitano, che di quelle origini sono testimonianza vivente, Paradiso ha riportato la scultura alle sue sorgenti, dando vita a molteplici operazioni in cui l’opera non vuole più rappresentare, ma si costituisce essa stessa in spazio, e forma, e luogo. Da lì sono cominciate altre suggestioni, altre esplorazioni. Il volo dei colombi, un senso dello spazio e delle distanze che è sapienza innata e simbolo assoluto di libertà, è nel percorso di Paradiso una delle più tenaci. (...) Da vero primitivo moderno, Paradiso ha reso il motivo del volo di colombi uno schema visivo essenziale, ad alta densità simbolica, e lo declina con fasto decorativo sagomando con il laser pesanti lastre di acciaio corten. La materia greve, opaca, possente, che evoca durezza e staticità, si trasforma in queste sculture in una trina di vuoti e pieni che indica invece la perdita di gravità, trasformandosi in un inno alla leggerezza, alla circolazione della luce e dell’aria, alla bellezza struggente delle forme naturali» (Flaminio Gualdoni) [Cds 26/4/2009].
• «Antonio Paradiso divenne un guru dell’arte contemporanea quando mise in scena – era la Biennale di Venezia del 1978 – lo spettacolo del possente toro (vivo) denominato Pinco intento a montare una vacca meccanica al fine d’inseminarla artificialmente. Fu uno choc che turbò la quiete di un pubblico ancora poco avvezzo al surrealismo traumatico e Paradiso finì col precorrere di circa un trentennio temi come la mortificazione del creato, il copyright sulla vita, la mutazione in quanto status permanente. A quell’epoca, egli stesso – quasi a giustificarsi – candido dichiarò: “Sono decenni che i tori non vedono più una femmina vera”. Finì che il nostro s’impose quale ultimo cantore del ritualismo magico meridionale al tempo del postmoderno trash. Oggi, questo poliedrico artista pugliese continua a essere mosso da una vitalissima inquietudine tanto da spingersi fino a New York per recuperarsi i pezzi del massimo feticcio di sangue e morte del XXI Secolo – le torri gemelle del World Trade Center, abbattute l’11 settembre del 2001 – con l’intento di plasmare quei rottami a guisa di opera d’arte spirituale, nella speranza di “toccare l’infinito”.“Ho caricato 20 tonnellate di putrelle in un container da 12 metri – riferisce Paradiso – senza alcun tipo di diffidenza da parte delle autorità americane, poiché c’era il beneplacito del giudice federale. Avevo fatto domanda circa un anno e mezzo prima, quando ho saputo che donavano questo materiale a musei, artisti e istituzioni (una quarantina in tutto, a fronte di 9000 richieste giunte da ogni parte del mondo, ndr) ma non pensavo che sarei stato scelto e per giunta come unico rappresentante italiano…”. Così è nata questa sua “Ultima cena globalizzata”, realizzata con le sbarre d’acciaio contorto che un tempo costituivano l’ossatura delle famigerate torri. Riplasmate fino a ottenere Cristo e gli Apostoli in una sorta di danza ascensionale macabra e celeste al tempo stesso» (Damiano Laterza) [S24 17/6/2011].