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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

Biografia di Pannunzi Roberto

• Roma 4 marzo 1948. Narcotrafficante. Arrestato ed evaso diverse volte, il 5 luglio 2013 venne fermato in un centro commerciale a Bogotà, in Colombia, e portato in Italia.
• «(...) Il broker, il “Principe del narcotraffico”, l’uomo che Oltreoceano, in quel di Medellin e dintorni, era diventato il garante presso i narcos dei fratelli-cugini di Cosa nostra, oltre che l’acquirente di riferimento della ’ndrangheta (...) Catturato a Madrid nell’aprile del 2004 e poi estradato in Italia, aveva ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute il 6 luglio 2009. Lui che era sottoposto al regime del carcere duro, il 41 bis, che già un’altra volta se l’era svignata dal carcere sempre con la scusa della salute cagionevole, li aveva fregati una seconda volta: il 7 dicembre 2009, il magistrato del Tribunale di Sorveglianza l’ha autorizzato a trasferirsi per accertamenti medici presso una casa di cura della capitale. Soffriva di cardiopatia ischemica post infarto. Risultato: dal 15 marzo 2010 è irreperibile. Che figuraccia, che mortificazione per quegli inquirenti e investigatori che l’hanno seguito dagli inizi degli anni ’80, che l’arrestarono nel ’94 e poi se lo videro scappare una prima volta dopo nemmeno due anni. Mortificazione e senso di impotenza: “È come se fosse scappato Escobar”. Come è possibile che svanisce nel nulla il più importante broker italiano di cocaina, che importava fino a due tonnellate di polvere bianca al mese, che possedeva una nave, Mirage II, per i trasferimenti di coca dall’America latina al Mediterraneo, che una volta ottenne dai narcos la liberazione di un “collega” di Cosa nostra, trattenuto come ostaggio a garanzia del passaggio di denaro per l’acquisto di una partita di coca? È solo colpa di decisioni discutibili di una magistratura di sorveglianza e di pareri favorevoli espressi dagli inquirenti? O c’è dell’altro? Perché Pannunzi stava scontando una pena definitiva di 16 anni, 4 mesi e 25 giorni e aveva un’altra condanna giunta in appello per 20 anni. Era al 41 bis e appaiono incomprensibili le ragioni che hanno portato i magistrati a concedergli i domiciliari e poi il trasferimento in una clinica senza sorveglianza, nonostante la precedente evasione. (...)» (Guido Ruotolo) [Sta 8/4/2010].
• «È stato arrestato in Colombia il boss calabrese Roberto Pannunzi, l’anello di congiunzione tra la ’ndrangheta e il cartello di Medellin (…) “Pannunzi, noto come il Pablo Escobar dell’Italia, era l’uomo più ricercato dal Paese”, ha scritto via Twitter il ministero della Difesa. Altre fonti definiscono Pannunzi “il narco più ricercato d'Europa”, segnalato alle autorità locali dalla giustizia italiana tramite l’Interpol. Immediatamente espulso dalla Colombia, Pannunzi è arrivato alle 20,20 su un volo di linea (a bordo del quale tra gli altri passeggeri c’era anche Raffaella Carrà). Ricercato dal 2010, il boss deve scontare la pena di anni 12, mesi 5 e giorni 26 di reclusione. Al momento della cattura, in un centro commerciale di Bogotà, Pannunzi era in possesso di una carta d’identità venezuelana a nome Silvano Martino. Il suo arresto è frutto di un’operazione congiunta della polizia colombiana e della Drug Enforcement Agency (Dea) statunitense e dell’attività di indirizzo e coordinamento della Direzione centrale per i servizi antidroga sul territorio nazionale e in Colombia, in relazione alle indagini condotte da circa due anni sotto l’egida di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia – di Reggio Calabria. (…) Conosciuto come il “principe del narcotraffico”, originario di Siderno e legato alla ’ndrina dei Macrì, Roberto Pannunzi è ritenuto esponente di altissimo profilo ’ndrangheta, con contatti con la mafia siciliana, con personaggi di spicco di alcune famiglie riconducibili al boss Provenzano e perfino con la mafia turca. Con il cartello di Medellin, il boss calabrese contrattava alla pari – un legame rafforzato anche attraverso il matrimonio di suo figlio con un’esponente del cartello – per la vendita di ingenti quantitativi di cocaina alle famiglie di ’ndrangheta dei Morabito, Coluccio-Aquino, Romeo, Bruzzaniti, Sergi, Trimboli e Papalia, nonché alle più importanti famiglie di Cosa nostra. Proprio a Medellin, nella zona di El Poblado, Pannunzi fu catturato una prima volta nel 1994. Agli agenti che lo stavano ammanettando offrì un milione di dollari in contanti in cambio della libertà. Estradato in Italia, evase nel 1999 dalla clinica privata dove era stato ricoverato per motivi di salute. Arrestato di nuovo a Madrid insieme al figlio Alessandro nel 2004, Pannunzi riuscì a evadere una seconda volta sempre nello stesso modo: l’8 aprile 2010 si rese latitante mentre era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Pannunzi ha vissuto in varie città della Colombia, usando sempre nomi falsi, ma anche tanti soldi per corrompere e restare libero» (Rep 6/7/2013).
• Così lo descrive Roberto Saviano nel suo libro Zero zero zero: «È un broker abile, che riesce a costruire con facilità operazioni finanziarie enormi e a spostare quantità di droga ingestibili per una sola cosca». «È stato chiamato “il Pablo Escobar della ’ndrangheta”, ma è una definizione che non posso condividere. Pannunzi non ha mai ucciso e non intende farlo. Perché non è un affiliato: lui tratta con tutti, anche con famiglie tra loro nemiche. Un affiliato, questo, non potrebbe farlo. È in contatto con più organizzazioni, ed essendo esterno a esse, ha un profilo molto più pericoloso rispetto a quello di El Magico, il vecchio Pablito Escobar. Non obbedisce a nessun boss. Non deve rendere conto della gestione dei denaro che gli viene affidato, ma solo del risultato. Coca buona a prezzi competitivi. Lo definirei invece “il Copernico della coca” perché ha compreso ciò che nessuno prima aveva capito: non è il mondo della coca che deve girare intorno ai mercati, ma sono i mercati che devono girare intorno alla coca. La sua biografia spiega come si diventa il più anomalo e moderno signore della coca globale. Roberto è il nome di Pannunzi ma nessuno lo chiama cosi. Per tutti è “Bebè”. È romano, ma di madre calabrese. È un ex dipendente Alitalia che da ragazzo, con la famiglia, si è trasferito in Canada. A Toronto diventa allievo di Antonio Macrì, detto Zzi ’Ntoni, boss calabrese che aveva impiantato in Canada il traffico di droga senza pestare i piedi alla mafia newyorchese. Sempre a Toronto, Pannunzi conosce Salvatore Miceli, siciliano, punto di riferimento di Cosa nostra in quegli anni per il traffico degli stupefacenti. I due diventano amici e attraverso Miceli, Pannunzi ottiene da Cosa nostra eroina raffinata a Palermo. Pannunzi diventa abile; vuole il migliore rapporto qualità-prezzo e riesce a ottenerlo, perché ha imparato a utilizzare nel modo migliore i contatti di Macrì nei porti di mezzo mondo. La roba di Pannunzi passa nei porti canadesi e italiani senza intoppi. Pannunzi è disponibile per tutti, organizza spedizioni, fa giungere i carichi in zone del mondo dove l’eroina non arrivava. Fa da mediatore tra la cosca siciliana degli Alberti e i “marsigliesi” che invieranno a Palermo, convinti da Bebè, un loro chimico per allestire la prima raffineria di eroina a Punta Raisi. Fa da tramite tra le famiglie ’ndranghetiste della costa ionica e quelle di Platì, perché lui ha una dote rara: unisce tutti e non divide. Lavora per tutti ma non appartiene a nessuno. Rientrato in Italia sposa Adriana Diano che fa parte di una delle più importanti famiglie di Siderno (Zzi ’Ntoni, il suo mentore, era proprio di Siderno). Si separeranno presto, ma Pannunzi comprende che mischiare il sangue è fondamentale nel mondo in cui si muove: mischiare il sangue è più vincolante di un contratto. Poi, come copertura e in omaggio alla sua collaborazione con i più importanti trafficanti d’eroina turchi, apre a Roma un negozio d’abbigliamento che chiama Il Papavero. Ora Bebè, nonostante il nomignolo, è maturo e lavora da solo: i soldi che la ’ndrangheta ha raccolto con i sequestri devono moltiplicarsi attraverso il narcotraffico. Pannunzi è pronto a investirli. Si comporta esattamente come i top manager ingaggiati dalle grandi holding: agisce seguendo il proprio intuito. Ecco perché, quando ancora il mercato dell’eroina è florido e nessuno crede possa perdere colpi, inizia a investire in coca. Capisce che è la nuova droga, che è l’affare su cui puntare, e mette le basi per la gestione di una joint venture. È un passo davanti a tutti. (…) Come dice Gratteri, Pannunzi non ha mai contato i soldi perché chi li conta non ne ha abbastanza e ne vuole di più. Pannunzi i soldi li ha sempre pesati. Solo chi pesa i soldi ha denaro e quindi potere» (Roberto Saviano) [Rep 7/7/2013].