30 gennaio 2014
Tags : Giorgio Panini
Biografia di Giorgio Panini
• Modena 17 novembre 1952. Sacerdote. Parroco di Brodano di Vignola, nel Modenese, il 23 dicembre 2009 uccise a coltellate l’amico Sergio Manfredini e ne ferì la moglie Paola Bergamini. Giudicato con rito abbreviato, fu condannato in appello a 10 anni e 8 mesi di reclusione (20 anni in primo grado). Lo «stakanovista di Dio».
• «Un prete-manager (...) carismatico e intraprendente, anche troppo, capace di passare dal messale alla Borsa, dalla mensa dei poveri ai rogiti delle sue proprietà immobiliari. Un prete che in una notte, l’antivigilia di Natale 2009, mandò all’aria un sacco di vite, a cominciare dalla sua, assassinando con 20 coltellate l’amico e socio in affari, Sergio Manfredini, 67 anni, riducendo in fin di vita la moglie Paola, 69, e chissà cosa altro avrebbe combinato se il figlio della coppia, Davide, 41, non gli avesse spaccato in testa un candelabro. (...)» (Francesco Alberti) [Cds 1/6/2011].
• «“La pace sia con voi”. Don Giorgio era uno stakanovista della fede. Poteva arrivare a celebrare anche cinque messe al giorno, una per ognuna delle cinque parrocchie di cui da anni era inesauribile motore. Gran lavoratore di Dio, quest’omone dal fisico alla don Camillo e la testa da manager (...) ha chiuso con la formula di rito la messa dell’antivigilia nella chiesetta di Pratomaggiore: “La pace sia con voi”. Ma la pace, purtroppo, non era con lui, non era in lui. Arrivato a casa, una villa di campagna che da due decenni condivide con una famiglia di amici, il don Giorgio Panini che tutta Vignola conosce si è avvitato in una metamorfosi di violenza (...) Prete da messa e da battaglia, dicono tra questi campi. “Da quando è arrivato, una decina di anni fa – racconta il responsabile della Caritas, Carlo Vezzali –, sono aumentate le presenze alle messe, senza considerare il resto...”. Che poi sarebbe la costruzione dell’asilo, il ripianamento dei debiti per la nuova chiesa: “E poi – ancora Vezzali – gli aiuti alle famiglie bisognose: don Giorgio ha messo in piedi un banco alimentare che distribuisce una tonnellata e mezzo di cibo a più di mille persone...”. E la messa per i polacchi. E quella per i cingalesi. “Moderno, pieno di idee”. La canonica sembra l’ufficio di un manager: documenti, un’agenda fitta di appuntamenti, matrimoni e battesimi prenotati a distanza di mesi, la contabilità delle 5 parrocchie (Brodano, Formica, Pratomaggiore, Garofano, Campiglio): un gregge di quasi 10 mila fedeli. “Don Giorgio è sconvolto, ha ricordi vaghi di quella notte, questo è un delitto senza motivo né movente” sospira il suo avvocato, Domenico Giovanardi, smarrito come lo sono gli inquirenti (...) Il don viveva da almeno 20 anni in una villa di campagna, poco fuori Vignola, assieme all’amico di una vita Sergio, la moglie e il figlio. Era a tutti gli effetti uno della famiglia. Lui al piano di sopra, loro a quello di sotto. Hanno sempre condiviso tutto: la quotidianità e gli affari. Una tenuta agricola in Puglia. Un albergo nel Modenese. Si dice che avessero anche un’attività di restauro mobili. È qui, in questo intreccio di interessi, che il pubblico ministero Angela Sighicelli e i carabinieri del tenente colonnello Carlo Carrozzo stanno cercando una risposta a tanto sangue. L’avvocato parla di “raptus”. Gli inquirenti puntano sul movente economico: “Ci possono essere stati dissidi, divergenze, ma ancora mancano riscontri...”. Sapendo comunque che la chiave va cercata nella mente di un uomo, e perdippiù di fede. “Don Giorgio – racconta l’amico Vezzali – non aveva mai dato segnali di stress, però non aveva un attimo di tregua e so che aveva parlato in Curia di quanto fosse impegnativo seguire tutte quelle parrocchie”. In canonica, i carabinieri hanno trovato i pacchi dono che il sacerdote aveva preparato per i poveri della zona. Un lavoro fatto con cura. Come ogni Natale. Da mani che poche ore dopo avrebbero ucciso» (Francesco Alberti) [Cds 27/12/2009].
• «Lo chiama Giorgio, senza il “don”. Per lei, prima che parroco di migliaia di fedeli, don Giorgio Panini (...) “era un uomo innamoratissimo: quando era con me ci teneva a far emergere quest’aspetto, vestiva sempre in borghese e mi ricopriva di attenzioni, regali, passione...”. Lorenza, con una punta di infantile autocompiacimento, si definisce “la donna misteriosa”. Ma per tutti, in questa terra di capannoni e ciliegi, è “la donna del prete (...) Non so perché l’ha fatto, è da quella notte che me lo chiedo. L’unica risposta che mi sono data è che fosse terrorizzato all’idea di perdermi e vedesse in quelle due persone, amici da sempre, un ostacolo. Giorgio voleva lasciare la Chiesa, aveva fretta. Ero io che frenavo. Non potrò mai perdonarlo, ha rovinato troppe vite” (...) Si sono conosciuti nel giugno 2009 e il sacerdote ha subito perso la testa. “Mi ha dato un lavoro e una casa in una delle strutture della parrocchia – racconta Lorenza –: eravamo sempre insieme”. Per la gioia delle comari di paese. “Molti parrocchiani avevano capito, lui aveva gesti d’affetto anche in pubblico per me”. In privato, poi, non ne parliamo. “Mi chiese di andare a vivere insieme”. E siccome era un prete dai mille business (“Diceva sempre che la sua Chrysler non aveva bisogno di lavaggi: faceva prima a comprarne un’altra”), la riempì di regali (un’auto, la promessa di un bar). In attesa del grande progetto: “Andammo a vedere diverse ville, alcune con piscina. Diceva che i soldi erano l’ultimo dei problemi”. Da dove venissero, non si sa. La Procura lo accusa di essersi intascato anche l’8 per mille della parrocchia. Il suo avvocato, Domenico Giovanardi, sosterrà che il prete era incapace di intendere e volere al momento del delitto. Lorenza non ci crede: “Il 12 gennaio, quando mi permisero di vederlo nella cella del Policlinico di Modena, mi confessò: ‘Sono stato io, prega per me’...”» (Francesco Alberti) [Cds 4/10/2010].