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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

L’accordo sulla legge elettorale tra Partito democratico e Forza Italia - meglio: tra Renzi e Berlusconi - c’è, ma questo non vuol dire che in aula, dove il disegno di legge arriva oggi pomeriggio, sarà una passeggiata

L’accordo sulla legge elettorale tra Partito democratico e Forza Italia - meglio: tra Renzi e Berlusconi - c’è, ma questo non vuol dire che in aula, dove il disegno di legge arriva oggi pomeriggio, sarà una passeggiata. Ci sono parecchie dichiarazioni malmostose, e non sono solo quelle di Grillo.

Vediamo prima di tutto in che consiste questo accordo.
Allora: voteremo con un sistema proporzionale, ma in circoscrizioni piccole, dovrebbero essere 120 contro le 27 attuali. Come ci insegnano la matematica e l’esperienza spagnola, circoscrizioni più piccole significano problemi  per i micropartiti: se un territorio può eleggere appena cinque-sei deputati è evidente che avranno la meglio le formazioni maggiori. Quindi, per non esagerare nel massacro, prima si stabilirà a quanti seggi ha diritto ciascuno sulla base di una ripartizione nazionale. Poi si assegneranno i seggi a quei parlamentari che, all’interno di ciascuna lista, avranno ottenuto i risultati migliori nelle singole circoscrizioni. Qui è intervenuto il primo nuovo punto dell’accordo tra Renzi e Berlusconi: Forza Italia ha accettato che sia il governo, quindi Alfano, a disegnare le 120 nuove circoscrizioni.  

E lo sbarramento?
Ci arrivo. Per acquisire il diritto di entrare in Parlamento bisognerà raccogliere almeno l’8% dei suffragi. Se si presentano due o più partiti coalizzati, la coalizione dovrà riscuotere almeno il 12 per cento dei consensi e all’interno della coalizione ciascun partito, per passare, dovrà prendere almeno il 4,5% dei voti. Questa è la seconda modifica della vecchia intesa: prima la soglia per i partiti coalizzati era del 5%. Su questo ha ceduto Berlusconi, anche se non capisco che cosa accadrà nel caso tre partiti coalizzati raggiungano il 4,4 per cento ciascuno, dunque abbiano il diritto di passare come coalizione (4,4 per 3 fa 13,2) ma non quello di entrare come singoli dato che sono rimasti sotto al 4,5. In ogni caso c’è un terzo punto, su cui invece ha ceduto Renzi: se un partito otterrà almeno il 9% in tre Regioni sarà ugualmente ammesso. È una norma che dovrebbe servire alla Lega, anche se questo 9% regionale mi pare un ostacolo formidabile per il Carroccio attuale.  

A chi va il premio di maggioranza?
Alla coalizione o al partito che abbia vinto superando la soglia del 37% dei voti. In questo caso, gli si darà un premio del 15% che gli consentirà di avere la maggioranza assoluta dei seggi (52% e 327 seggi). Nessun partito o coalizione potrà avere più del 55% dei seggi (340 parlamentari alla Camera). Se la somma di premio e percentuale dei voti superasse il 55 la quota residua sarebbe sterilizzata. Questo 37% è un ulteriore elemento di novità, rispetto al vecchio patto Renzi-Berlusconi, e rappresenta un cedimento del Cavaliere. Col 37% minimo per avere il premio, resta più probabile l’eventualità del ballottaggio, inviso al capo di Forza Italia, al quale si dovrà ricorrere se nessuno raggiunge quel livello di consensi.  

E che succede se un partito si coalizza con altre tre formazioni, prende il 28%, gli altri tre gli portano il 4% ciascuna, quindi non passano, però il grande partito grazie al sacrificio dei minori arriva al 40% e si becca il 15 di premio?
In questo caso il premio reale sarebbe del 27%, uno scandalo per la Corte costituzionale, anche se in Francia Hollande è diventato presidente proprio col 29, però andando poi al ballottaggio. A questa distorsione si potrebbe porre rimedio stabilendo, come qualcuno propone, di non contare, per l’attribuzione del premio di maggioranza, i voti dei bocciati. Il ballottaggio in questo caso sarebbe pressoché certo e l’eventualità che uno dei due contendenti della finale sia Grillo sembrerebbe piuttosto alta.  

Poi c’è la storia delle candidature multiple.
Cioè il grande nome che si candida contemporaneamente da tutte le parti e decide poi da quale circoscrizione farsi eleggere. L’ultima volta Berlusconi era ovunque e poi optò per il Molise, decidendo di fatto lui chi entrava e chi no. Nel primo accordo con Renzi le candidature multiple erano state giustamente abolite. Adesso i piccoli hanno chiesto di reintrodurle, perché se hanno una star in lista se la vogliono giocare nel maggior numero di posti. Con 120 circoscrizioni, non sarà possibile candidarsi contemporaneamente più di 4-5 volte.