La Gazzetta dello Sport, 29 gennaio 2014
Il caso Electrolux mette il dito sulla piaga: l’Italia non è competitiva, i salari sono caricati di oneri – il cosiddetto cuneo fiscale – che moltiplicano il costo del lavoro per due volte e mezzo, le tasse sui lavoratori e sulle imprese sono allucinanti, l’energia costa un terzo in più che altrove, il sistema nel suo insieme, per i servizi che restituisce, è del tutto inadeguato, chi lavora e chi dà lavoro è schiacciato dal fisco e dai partiti che gli stanno dietro, i quali adoperano i soldi che rastrellano da aziende e cittadini per comprare consenso attraverso una vasta, incoercibile opera di sottogoverno e di corruzione
Il caso Electrolux mette il dito sulla piaga: l’Italia non è competitiva, i salari sono caricati di oneri – il cosiddetto cuneo fiscale – che moltiplicano il costo del lavoro per due volte e mezzo, le tasse sui lavoratori e sulle imprese sono allucinanti, l’energia costa un terzo in più che altrove, il sistema nel suo insieme, per i servizi che restituisce, è del tutto inadeguato, chi lavora e chi dà lavoro è schiacciato dal fisco e dai partiti che gli stanno dietro, i quali adoperano i soldi che rastrellano da aziende e cittadini per comprare consenso attraverso una vasta, incoercibile opera di sottogoverno e di corruzione...
• Insomma che sta succedendo?
Gli svedesi se ne vogliono andare, in Polonia o in Ungheria possono ottenere lo stesso prodotto a un prezzo nettamente più basso, i concorrenti - mentre annunciano lavatrici pensanti e tecnologie futuribili - praticano però una politica di prezzi stracciati, dietro alla quale devono stare evidentemente costi di produzione nettamente più bassi. Tra i costi di produzione, è alto soprattutto quello del lavoro. I sindacati stanno facendo assemblee, hanno organizzato scioperi e presidiato lo stabilimento di Susegana, hanno sfilato sulla statale di Pontebabbana e si sono seduti per protesta davanti alla sede del Pd, sono stati ricevuti dal sindaco di Treviso e oggi vedranno Zanonato, il ministro Pd che secondo la governatrice friulana Serracchiani, sua compagna di partito, avrebbe dovuto dimettersi proprio per il caso Electrolux. Ma ho l’impressione che sia tutto inutile, a meno che il governo non prometta agli svedesi chi sa quali sgravi o aiuti, che ricadrebbero però sulla fiscalità generale, cioè su tutti noi, secondo un sistema che era regola in passato ma che non può, non deve più essere ammesso. Come si può pensare di aumentare le tasse a tutti quanti per permettere agli svedesi di produrre qui a livello polacco?
• È ammissibile però che si pretenda un quasi dimezzamento degli stipendi?
L’altro giorno Marco Mondini, amministratore delegato di Electrolux Italia, ha convocato i sindacati all’hotel Quid di Mestre. Ha detto che bisogna risparmiare 30 euro a pezzo se si vuole reggere la concorrenza dei polacchi di Olawa. Questo risparmio si deve materializzare entro la fine di aprile. Electrolux ha in Italia quattro stabilimenti: Solaro, in provincia di Milano, dove si producono lavastoviglie, Forlì dove si fanno fornelli e forni da incasso, Susegana, in provincia di Treviso, fabbrica di frigoriferi, e Porcia, in provincia di Pordenone, dove si costruiscono lavatrici. I dipendenti dei quattro stabilimenti sono, rispettivamente, 900, 800, 1000 e 1200. Cioè Porcia è la fabbrica più grande ed è proprio questa che gli svedesi vogliono chiudere per trasferire la produzione a Olawa dove c’è una piattaforma per le lavatrici Prometeo identica a quella di Porcia, ma dove i lavoratori prendono ogni mese 2.300 szloty, cioè 540 euro. Nei tre stabilimenti che resterebbero in piedi e per i quali gli svedesi promettono addirittura investimenti per 90 milioni (ma i sindacati dicono che sono bugie, «entro due anni chiudono tutto»), Mondini vuole un taglio di 800 posti e una riduzione dell’orario di lavoro a 6 ore, la sospensione della parte variabile dei premi aziendali (si stima una perdita di 2.700 euro l’anno), il congelamento degli scatti d’anzianità e del pagamento delle festività, una riparametrazione delle pause sulle sei ore del nuovo orario.
• Che significa in termini di busta paga?
Secondo i sindacati il salario medio di un operaio scenderebbe da 1.400 a 7-800 euro al mese. Electrolux nega e ha emesso un comunicato a suo parere tranquillizzante: «La proposta tutta da discutere del costo dell’ora lavorata prevede una riduzione di 3 euro (un’ora di lavoro costa da noi 24 euro, nei paesi dell’Est 7). In termini di salario netto questo equivale a circa l’8% di riduzione ovvero a meno 130 euro mese. Nel corso dell’incontro è stata anche avanzata l’ipotesi di raffreddare l’effetto inflattivo del costo del lavoro, responsabile del continuo accrescersi del gap competitivo con i paesi dell’est Europa, attraverso il congelamento per un triennio degli incrementi del contratto collettivo nazionale di lavoro e degli scatti di anzianità».
• Reazioni?
Indignazione generale. La Serracchiani usa l’argomento che a suo tempo Electrolux ha preso dalla Regione molti miliardi. La risposta possibile è che, se è vero, la Regione ha fatto male a darglieli. Zanonato sostiene che Porcia non è assolutamente in pericolo. Salvini dà la colpa all’Europa, ha coniato l’espressione «Unione Sovietica Europea».
• Ha ragione?
Un economista risponderebbe: quando li cambio è fisso, cioè la moneta è unica, si perde quella flessibilità valutaria che colma le differenze economiche tra un Paese e l’altro. Se le differenze però restano, dovrà diventare flessibile qualche altra cosa. Per esempio, i salari.