28 gennaio 2014
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Biografia di Leonardo Notarbartolo
• Palermo 1952. Ritenuto la mente del «colpo del secolo», l’assalto (nel 2003) al World Diamond Center di Anversa (bottino di 200 milioni di euro in preziosi), nel 2005 fu condannato a 10 anni. Rilasciato nel marzo 2009 per buona condotta, nel luglio dello stesso anno venne fermato dai carabinieri per un controllo stradale e pizzicato con un chilo e 15 grammi di diamanti nascosti in buste sigillate tra i sedili posteriori. Fu denunciato a piede libero per ricettazione. «Ha scelto da giovanissimo di emulare Arsenio Lupin (“Preferisco Cary Grant nel film di Hitchcock Caccia al ladro: come lui, mai usato un’arma, mai violenza”, ha precisato con un certo orgoglio)» (Massimo Numa) [Sta 15/7/2009].
• «(...) Arrestato nel 2003 e condannato come capo di una banda di ladri (...) L’accusa: essere penetrati il 15 febbraio del 2003 in un caveau, due piani al di sotto del World Diamond Center di Anversa, ed essersela svignata con un bottino di 150 milioni di dollari in diamanti, oro e gioielli. Entrati in un caveau considerato impenetrabile. Protetto da rivelatori di calore a raggi infrarossi, un radar, un campo magnetico e un lucchetto con 100 milioni di combinazioni possibili. Ancora oggi la polizia non è in grado di spiegare come abbiano fatto. La refurtiva non è mai stata trovata ma sulla base di prove indiziarie Leonardo Notarbartolo è stato condannato a dieci anni. (...) Ha la fama di essere un uomo pericoloso. La Direzione investigativa antimafia lo ritiene legato a Cosa Nostra. (...) Rubava perché era nato con la vocazione. Conosceva esperti in serrature e in casseforti, neutralizzatori di allarmi e gente in grado di scavare tunnel ovunque. Lui era lo specialista in fascino, aveva un’aria onesta. Acquistava qualche pietra e poi, un mese dopo, depredava la vittima di tutto. Anversa era il posto ideale per piazzare la merce più scottante. Un giorno, mentre finiva di bere il suo caffè sull’Hovenierstraat, un commerciante ebreo venne a sedersi accanto a lui. “La vorrei ingaggiare per un furto”, disse. “Un colpo grosso”. Notarbartolo due mesi dopo entrò nel quartiere dei diamanti con una vistosa penna nuova nel taschino. Pareva una Mont Blanc, nel cappuccio aveva invece una micro-videocamera. L’accordo con il commerciante era chiaro. Per un acconto di 100 mila euro, doveva rispondere a una semplice domanda: si poteva svaligiare il caveau del Diamond Center? La penna registrò tutto di quella fortezza di 14 piani. L’entrata sorvegliata da guardie, l’accesso bloccato da tornelli. L’anticamera del caveau con un portellone d’acciaio da tre tonnellate, serratura a combinazione su 99 numeri. Un paio di placche metalliche creavano un campo magnetico, se la porta veniva aperta il campo si interrompeva, facendo scattare l’allarme. La serratura richiedeva una chiave lunga trenta centimetri, impossibile da duplicare. Nel caveau il soffitto e le pareti erano costellati di rivelatori. Ogni mossa trasmessa alla stazione da tre videocamere. Per aprire le cassette occorrevano una chiave e una combinazione: quelle possibili per ogni cassetta erano 46.656. Al venditore disse che era impossibile fare il colpo, ma questi lo portò alla periferia di Anversa dove in un capannone c’era una replica perfetta dell’anticamera del caveau. Accanto c’erano il Genio, uno specialista in allarmi, il Mostro, così chiamato perché mostruosamente abile in ogni campo, e il Re della Chiavi, uno dei migliori falsari al mondo, capace di duplicare la chiave impossibile. (...) Il 13 febbraio arriva il blindato carico di diamanti della De Beers per milioni di euro. Due giorni dopo, avendo usato una lacca per coprire il sensore che rilevava calore e movimenti, una telecamera per riprendere il numero della combinazione, uno scudo isolante per ricreare un tunnel protetto dagli infrarossi, reso inutile il campo magnetico e trovata casualmente il luogo dove veniva tenuta la chiave originale, i ladri entrarono. Alle 5,30 avevano aperto 109 cassette e infilato il contenuto nelle borse. Ma quando a casa aprirono gli astucci di cuoio molti erano vuoti, niente diamanti. Si aspettavano un furto da 100 milioni di dollari, ne stavano guardando forse una ventina. Se li sarebbero divisi dopo. (...) Qualunque cosa potesse identificarli o portare al caveau – lattine di birra col dna o carte con i loro nomi – vennero messi in due sacchi. Notarbartolo e un complice di sempre, Speedy, presero la E19 diretti a Torino. Speedy però gettò un sacco dalla finestra in un campo accanto all’autostrada. Lunedì 17 febbraio il proprietario del terreno si inferocì nel vedere tra i cespugli l’ennesimo mucchio di immondizia. Lo aprì, c’era del nastro da videoregistrazione, un panino, buste bianche con le parole “Diamond Center, Anversa” la fattura per un sistema di sorveglianza. L’acquirente: Leonardo Notarbartolo, il biglietto da visita di Elio D’Onorio, un esperto di elettronica italiano, con una lunga storia di furti alle spalle. Avvertì la polizia. E fu la fine: tutti i componenti della banda vennero arrestati, nella cassaforte della casa di Notarbartolo a Torino c’erano 17 diamanti lavorati, con relativi certificati che portavano al caveau» (Joshua Davis) [Rep 14/3/2009].
• È tornato in libertà dopo sei anni di carcere. Non ha mai ammesso nulla: «Per la giustizia belga sono colpevole. Partiamo da lì. È vero, quella sera alle 19,30 ero nel caveau del Dc. Ho aperto la mia cassetta. Vicino a me c’era un tizio, alto, con un berretto, il cappotto verde. È rimasto anche dopo di me. L’ho detto alla polizia, mai fatto un solo accertamento (...) Gli inquirenti belgi mi hanno sempre trattato con gentilezza, a livello personale. Sotto il profilo giudiziario beh, meglio lasciar perdere... È stato un processo costruito (...) Io ho anche collaborato con alcuni soggetti e credo di aver fatto la mia parte per far recuperare una parte della roba (...) E nessuno che abbia perso un solo cent. I “derubati” si sono rivalsi sulle assicurazioni, sui Lloyds inglesi, persino su una sovvenzione del governo belga, un regalo per non far emigrare le società vittime del colpo. Qualcuno denunciò molto di più di quello che c’era nel caveau, lucrando chissà quanto. Grazie agli autori del furto, perché di furto si tratta e non altro, qui non ci sono pistole, persone ferite e altro, sono diventati ricchi. Nelle denunce furono dichiarate somme ingenti e false. Ed è una storia assurda, grottesca. Altro che “colpo del secolo” (...) Una persona è stata incastrata per aver acquistato un piede di porco. Scusate, signori, ma le avete studiate le carte? Sapete come fu svuotato il caveau? Tutta elettronica, alta tecnologia, ma che poteva mai servire un grimaldello? Ma dai... (...) La storia dei 21 pezzi, i blister con i diamanti che doveva essere la prova regina, trovati nella cassaforte. Erano stati acquistati molto prima, c’è voluta una bella fantasia per considerarli parte del bottino del Dc. Un errore clamoroso. Comunque nessun rancore. Nel mio passato ho subito tanti torti dalla giustizia, in particolare dalla polizia. Ho sempre ricominciato da zero, per sostenere la mia famiglia. Se ti senti ingannato, riprendi a delinquere. Le regole devono valere per tutti. Mi smontarono due gioiellerie, fatte letteralmente a pezzi. Non voglio pensarci (...) la storia dei panini (...) non c’era il mio dna ma solo una traccia biologica che aveva un profilo genetico compatibile con il mio, dunque non una prova (...) una mia ricevuta trovata dai federali in circostanze evitabili. Qualcuno sbagliò, ma può succedere. Spiace invece che furono coinvolte persone, miei amici, completamente estranee. Hanno passato terribili guai ed erano innocenti (...)» (a Massimo Numa) [Sta 21/3/2009].
• «Nell’annuario dei ladri, fa capitolo a sé il furto subito dal centro dei diamanti di Anversa, il 16 febbraio 2003. Un saccheggio da 100 milioni eseguito dalla “scuola di Torino” guidata dall’incredibile Leonardo Notarbartolo. Affittano un negozio nel Diamond Center, ricostruiscono una sorta di poligono per esercitarsi, svolgono una sorveglianza degna dell’intelligence. Sanno cosa fare, come violare una combinazione a codice impossibile. Colpo riuscito. Anche se in seguito verranno individuati. Per qualche leggerezza e il Dna lasciato su un panino non finito. Con un particolare: la refurtiva non sarà mai ritrovata. E una coda: Notarbartolo ha sostenuto che il furto – commissionato da un misterioso commerciante di diamanti – nascondeva in realtà una truffa all’assicurazione. Per tutti diventerà l’Italian Job» (Guido Olimpio) [Cds 20/2/2013].
• Il 14 luglio 2009 fu bloccato (e denunciato a piede libero per ricettazione) su una Bmw in via Monte Rosa, a Milano. Sull’auto 21 blister con un chilo e 15 grammi di diamanti e alcuni zirconi.