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 2014  gennaio 21 Martedì calendario

Il Pd approva il progetto di riforme di Renzi • È morto Claudio Abbado • Si intravede una svolta nel caso dei marò • Le minacce di Riina • Caos Roma • Ottantacinque miliardari detengono la metà della ricchezza terrestre • La signora che non dichiara 1.243 appartamenti


Renzi La direzione del Partito democratico ha approvato le proposte di riforme di Matteo Renzi: 111 favorevoli, 34 astenuti, nessun contrario. Le riforme, concordate e discusse con Silvio Berlusconi sabato nella sede del Pd, prevedono l’abolizione del bicameralismo paritario (arriva il Senato delle autonomie), la revisione del Titolo V (l’energia e le infrastrutture tornano allo Stato) e la legge elettorale maggioritaria a doppio turno con mini-liste bloccate. E anche sui tempi necessari per trasformare il “trittico”, come ormai viene chiamato, in leggi, Renzi ha obiettivi ambiziosi: entro domani la riforma elettorale D’Alimonte-Verdini verrà tradotta in testo base dal relatore della I commissione della Camera, Francesco Paolo Sisto (Forza Italia); il provvedimento andrà in aula il 27 o il 29, «comunque entro la fine del mese per essere approvato alla Camera a febbraio. Entro il 15 febbraio, poi, saranno pronti i testi di riforma sul Senato e sul Titolo V». L’obiettivo è quello di far approvare la legge elettorale prima delle europee (25 maggio) e per quella data incassare la prima lettura (ne sono previste 4) delle riforme costituzionali che partiranno proprio dal Senato. In base a questo calendario, il «governo Letta andrà avanti almeno per tutto il 2015» e quando si tratterà di tornare alle urne «non si voterà più per il Senato e i parlamentari diminuiranno, da 945 a 630». La direzione si è conclusa in tempi rapidi (tre ore): su 11 intervenuti, 7 si sono espressi a favore della relazione del segretario (Bressa, Zanda, Minniti, Franceschini, Richetti, Fassino, Veltroni e in parte anche Marini), mentre in 4 (Cuperlo, Zampa, Civati, Puppato), seppure con toni diversi, hanno messo in discussione soprattutto la parte che non prevede le preferenze e introduce le mini-liste dei collegi plurinominali. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Abbado È morto a 80 anni nella sua casa di Bologna il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Già colpito dal cancro quattordici anni fa, gli era tornato negli ultimi mesi. Nel dare l’annuncio, così hanno scritto i figli: «È partito per il viaggio misterioso. Ma resterà sempre con tutti noi». Per volere della famiglia non ci sarà un funerale pubblico (dopo la cremazione le sue ceneri potrebbero venir portate nel suo amato giardino della casa di Alghero) ma da oggi alle 14 (dovrebbe arrivare anche il presidente Giorgio Napolitano) fino a domani a mezzanotte chi vorrà salutare Abbado potrà farlo nella camera ardente allestita nella Basilica di Santo Stefano. Oggi pomeriggio alcuni orchestrali della Mozart da lui fondata, si ritroveranno nella Basilica di Santa Stefano per un omaggio musicale. E lunedì prossimo il suo vecchio amico Daniel Barenboim dirigerà alla Scala la Filarmonica, a sala vuota e porte aperte, nella “Marcia Funebre” dell’Eroica di Beethoven.

Pista «A me è sempre piaciuta la montagna e ha cominciato anche lui a sciare. Il terzo giorno che mise gli sci, a 3.500 metri, sopra Cervinia, dalla funivia lo vedemmo buttarsi giù urlando “Pista!”. Era una zona pericolosa, lo seguimmo a rotta di collo, con il cuore in gola, a ogni curva dicevamo: è morto, è morto... Scendemmo a 200 metri, dove c’era un ristorante, pensando che avesse fatto una fine drammatica. Invece era lì seduto che mangiava una zuppa, tranquillo. Ci disse: “Per fortuna, ero in pensiero per voi”» (ricordo di Giovanna Cavazzoni, prima moglie di Claudio Abbado).

Destino A 7 anni Abbado scelse il suo destino: il padre Michelangelo, violinista, lo portò in quel teatro a sentire i Nocturnes di Debussy diretti da Guarnieri. Tornato a casa il bambino scrisse sul diario: «Un giorno voglio ricreare anch’io quella magia».

Coro Zubin Mehta, grande amico di Abbado: «A Vienna entrammo al Coro della Gesellschaft der Musikfreunde. Passavano i più grandi direttori. Ma eravamo così presuntuosi da presentarci alle prove solo quando sul podio c’erano Bruno Walter, Josef Krips, George Szell e personalità di quel calibro. Così un giorno il maestro del coro, Reinhold Schmidt, ci intimò davanti a tutta l’orchestra di sparire e di non farci più vedere. Fu molto imbarazzante, per noi, subire quella scenata pubblica, tanto più che in un angolo della sala c’era Herbert von Karajan» (Cappelli, CdS).

Giardiniere «In fondo al cuore penso di essere solo un giardiniere» (Abbado) (Manin, CdS).

Marò La Corte suprema di New Delhi ha deciso che il governo indiano ha due settimane di tempo per decidere come procedere nel caso dei due marò italiani. Se a quel punto la situazione non si chiarirà, la difesa chiederà il proscioglimento degli imputati e il loro rientro in patria.

Riina Nel carcere milanese di Opera, Totò Riina è stato intercettato in alcune conversazioni col detenuto Alberto Lorusso in cui pronuncia minacce. Per esempio: «Mi viene una rabbia a me... ma perché questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato?»; «Noi su Berlusconi abbiamo un diritto sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo... Non l’ammazziamo, però. Perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto... Io lo dico con la rabbia del cuore... Io faccio il malavitoso e basta». La strage di Capaci in cui morirono Falcone, sua moglie Francesca e tre agenti di scorta, per Riina fu «una mangiata di pasta». Con Borsellino, due mesi più tardi, andò sul sicuro: «Domenica deve andare da sua madre... ah, gli ho detto, allora preparati, aspettiamolo lì... Devono essere tutte le cose pronte... logicamente si sono fatti trovare pronti. Gli ho detto: se serve mettetegli qualche cento chili in più». Sul consigliere istruttore Rocco Chinnici, saltato in aria con un’autobomba fatta esplodere mentre usciva di casa, la mattina del 29 luglio 1983, Riina fa ironia: «Ma che disgraziato sei, saluti e te ne sali nei palazzi. Minchia!... Per un paio d’anni mi sono divertito, sono stato grande... Minchia che gli ho combinato... Se io restavo sempre fuori, continuavo a fare un macello, al massimo livello...». Poi su Nino Di Matteo, il pubblico ministero che più di ogni altro s’è dedicato all’inchiesta sulla trattativa tra lo Stato e Cosa nostra: «Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono... Ancora ci insisti? Perché, me lo sono tolto il vizio? Inizierei domani mattina... Minchia ho una rabbia... Sono un uomo e so quello che devo fare, pure che ho cento anni».

Roma Numeri su Roma. La classifica della sicurezza stilata dall’università “La Sapienza” colloca Roma al posto numero 101 sui 110 capoluoghi. Due posizioni dietro Napoli, che occupa la casella 99. Nel 2012 sono stati travolti e uccisi dalle auto 56 pedoni, contro 24 a Milano, 9 a Napoli, 8 a Torino, Firenze e Palermo. A Roma è avvenuto il 37,8% dei 148 investimenti mortali registrati in tutta Italia. Se si eccettua Catania, nel Paese (l’Italia) che ha il record mondiale di veicoli a motore in rapporto agli abitanti, Roma è la città in assoluto con più automobili: 67 ogni cento residenti. Contro 53 di Milano, 50 di Madrid, 45 di Parigi, 43 di Bruxelles, 41 di Barcellona, 40 di Vienna, 32 di Londra e Berlino. Senza considerare il numero enorme di moto, motorini, furgoni e pullman turistici. È stato calcolato che il 20 per cento della superficie urbana della città sia coperta da veicoli. Ogni cittadino romano trascorre mediamente in auto 227 ore l’anno. Solo 37 i chilometri di linee metropolitane di cui è dotato il Comune territorialmente più vasto d’Europa, con quasi tre milioni di residenti e un’area urbana di cinque milioni: due chilometri in meno dei 39 della città spagnola di Bilbao, un sesto di Parigi, meno di un decimo di Londra. La produzione di spazzatura è di 660 chili l’anno ad abitante. Per capirci, 113 chili più di Napoli, 127 più di Milano, 155 più di Messina, 200 più di Trieste. Roma ha un numero di dipendenti comunali pari a oltre il doppio degli occupati negli stabilimenti italiani della Fiat (Conti e Rizzo, CdS).

Miliardari Ottantacinque miliardari possiedono 1.200 miliardi di euro, l’equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione terrestre. I tre italiani presenti tra gli 85 sono Michele Ferrero, Leonardo Del Vecchio e Miuccia Prada (Rep).

Case Angiola Armellini, figlia del costruttore romano Renato Armellini ed ex compagna di Bruno Tabacci. Secondo la Guardia di finanza tra il 2003 e il 2012 ha nascosto al fisco un tesoro di oltre 2,1 miliardi di euro. Infatti risulta proprietaria di 1.243 immobili, di cui 3 alberghi, che non ha mai denunciato nella dichiarazione dei redditi e di cui non ha tanto meno mai versato Ici e Imu per diversi milioni di euro. E come se non bastasse tutto questo l’imprenditrice ha inoltre evaso le tasse per 190 milioni di euro.

(a cura di Daria Egidi)