17 gennaio 2014
Tags : Salvatore Miceli
Biografia di Salvatore Miceli
• Salemi (Trapani) 12 aprile 1946. Mafioso. Fra i trenta latitanti più pericolosi nella lista del ministero dell’Interno, il 20 giugno 2009 fu arrestato a Caracas, in Venezuela, davanti all’Hotel Caracas Cumberland. I pentiti lo chiamavano «ministro degli esteri» di Cosa nostra.
• «(…) Nipote del defunto boss Salvatore Zizzo, il capomafia di Salemi, morto nel 1981. Arrestato a Palermo, assieme ad altre 22 persone, nel marzo del 1983, nell’ambito di un’operazione congiunta tra carabinieri, polizia e finanza, Miceli, già all’epoca, era destinatario di un provvedimento restrittivo emesso dalla magistratura statunitense. Finì nuovamente in carcere nell’ottobre del ’90, su provvedimento dell’allora procuratore di Marsala, Paolo Borsellino, che si avvalse delle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giacoma Filippello. Quest’ultima indicò Miceli come un narcotrafficante di Cosa Nostra. (…)» (Rep 21/6/2009).
• «(...) Uomo di Messina Denaro, elemento di spicco del narcotraffico internazionale, nel 2001 era stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Così è iniziata la sua latitanza. Due anni dopo la polizia ha arrestato la moglie, Veronica Dudzinski, e i figli Ivano e Mario. (...)» (Cds 22/6/2009).
• «(...) I pentiti raccontano che Miceli, capomafia della cittadina trapanese di Salemi, era soprannominato la “gallina dalle uova d’oro”, perché le sue relazioni con i trafficanti della ’ndrangheta calabrese, e per il loro tramite, con i narcos sudamericani, erano fonte di sempre nuovi affari. Per questo, Salvatore Miceli era conteso dal gotha di Cosa nostra. Ma aveva anche scatenato le gelosie di qualcuno: all’inizio degli anni Novanta, Giovanni Brusca chiese alla commissione provinciale l’autorizzazione ad uccidere il boss di Salemi, accusandolo di essersi impossessato di una grossa partita di droga destinata alle cosche palermitane. In difesa di Miceli arrivò l’autorevole voce del giovane padrino trapanese Matteo Messina Denaro, oggi ai vertici dell’organizzazione. E Brusca fu messo in minoranza. Miceli ha continuato a viaggiare e ad essere in contatto con tutti i mafiosi più influenti di Cosa nostra (...) Le microspie di polizia e carabinieri l’hanno intercettato più volte a casa di diversi padrini. Una volta lui disse che la Sicilia è la terra più bella del mondo. Ma si riferiva ancora ai suoi affari: “In Sicilia puoi piazzare roba purissima, i clienti sono disposti a pagare una cifra. Neanche a Roma”. Un’altra volta, era il 2001, Miceli fu sorpreso a ragionare delle nuove strategie dell’organizzazione mafiosa con il consigliere personale di Bernardo Provenzano, Pino Lipari. Concordarono che “per rimettere in piedi il giocattolo” bisognava far tacere le armi. Gli affari hanno bisogno di tranquillità. Sono tanti i segreti che Salvatore Miceli continua a conservare, sui traffici internazionale di droga, le alleanze fra le mafie e i tesori di Cosa nostra. (...)» (Salvo Palazzolo) [Rep 22/6/2009].