Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 16 Giovedì calendario

Biografia di Raimondo Mesiano

• Reggio Calabria 25 agosto 1952. Magistrato. Il giudice della decima sezione del Tribunale di Milano (poi trasferito alla Corte d’Appello), balzato all’onore delle cronache per la sentenza sul Lodo Mondadori (ottobre 2009, Fininvest condannata a pagare 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti).
• «(...) Prima di passare al civile ha avuto variegate esperienze nel penale: giudice istruttore col vecchio codice, poi consigliere di Corte d’appello a Reggio Calabria, quindi a Milano giudice alla III sezione del Tribunale, dove con Angelo Mambriani è nella terna collegiale presieduta da Italo Ghitti (l’ex gip di Mani pulite) che dopo 3 anni di processo smonta una indagine di ’ndrangheta della Procura e assolve gli imprenditori indiziati d’essere prestanome di boss nella titolarità di garage e bar attorno al Tribunale. I casi della vita sono tali per cui magari tra quelli che oggi lo bersagliano c’è chi all’epoca lodava il collegio che in una intercettazione ambientale aveva colto l’errore tra coca e roca a proposito d’una marmitta rotta di una moto anziché di droga, o che nella frase iddu è o’ pinnulo (“frase di sicura suggestione intesa forse con troppa inventiva interpretativa come egli è il prestanome”) aveva compreso iddi ’o vinnuno , cioè essi lo vendono, detto di un negozio da rilevare» (Luigi Ferrarella) [Cds 7/10/2009].
• «Al sesto piano del palazzo di Giustizia di Milano aveva un vicino di stanza noto negli ambienti di Magistratura democratica: Andrea Borrelli (figlio di Francesco Saverio del pool di Mani Pulite, ndr). Ma Raimondo Carmelo Mesiano (…) all’associazionismo della magistratura pare aver mostrato sempre poca attenzione. Certo, secondo alcuni avvocati civilisti del foro di Milano è visto come “uno di sinistra” (anche perché amico di Borrelli) per i suoi modi poco consueti e disinvolti: Mesiano non è un vip della giustizia, né sembra alla ricerca della ribalta. È un tipo normale. Ha il numero sull’elenco telefonico. Come lui stesso ha ribadito al Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi: “Quello che avevo da dire è tutto scritto nella sentenza”. Prima di far tremare la Borsa, quella poca notorietà a mezzo stampa, Mesiano l’aveva ricevuta per cause minori. Quelle del sesto piano del palazzo di Giustizia, dove arrivano soprattutto cause di risarcimento danni per inadempienze sanitarie e disagi pubblici. Fu Mesiano, il 24 maggio 2009, a ordinare la chiusura anticipata a mezzanotte della birreria MacDuff, in zona Moscova, vicino alla chiassosa corso Como, a due passi dall’abitazione di Fabrizio Corona, dove vip e veline trascorrono il sabato sera. Un provvedimento accolto euforicamente dagli abitanti della zona, perché si trattò del primo locale chiuso per ordinanza di un tribunale: dopo essersi rivolti all’Arpa, alla polizia locale e a palazzo Marino non trovarono altro modo che ricorrere alla giustizia civile. Mesiano riconobbe loro il diritto costituzionale al riposo “di cui è garante l’autorità giudiziaria”. Il 16 luglio 2009, Mesiano compare sui giornali per una sentenza a favore di un cittadino penalizzato dai disservizi di Poste italiane. Giovanni Colleoni perse un lavoro perché un telegramma non era giunto in tempo. Il giudice del tribunale civile di Milano condannò le Poste a pagare 3 mila 800 euro e a fare fronte alle spese di giudizio per altri 3 mila. Non è la prima volta che il giudice calabrese ha avuto a che fare con il governo. Sua un’altra sentenza nel settembre del 2006, quando condannò il ministero dell’Istruzione (allora in carica c’era Giuseppe Fioroni con il governo Prodi) a risarcire con oltre 7 mila euro i genitori di un bambino di sette anni che si era rotto un dente durante una gita nel capoluogo lombardo: Mesiano evidenziò la responsabilità della maestra che accompagnava la comitiva. Alcuni lo apprezzano per essere un giudice leale, con cui si riesce a discutere. Altri lo definiscono un orco, per la stazza e i modi poco convenzionali. È un magistrato un po’ fuori dal comune. Per il suo modo di vestire stravagante, per il fascino che riscuote nel genere femminile, ma anche perché fumatore instancabile di sigarette, particolarmente amante delle bevande frizzanti, dall’acqua fino alla Coca Cola, che d’estate mostra in bella vista sulla sua scrivania al sesto piano del palazzo di Giustizia. La causa intentata dalla Cir di Carlo De Benedetti contro Fininvest, gli è capitata tra le mani per pura casualità, come quelle relative all’insonnia dei condomini o al dente caduto di un bambino. Peccato che questa volta si sia trattato di uno dei risarcimenti più alti della storia italiana: 750 milioni di euro. (…)» (Alessandro da Rold) [Rif 6/10/2009].
• «Pedinato e linciato da Canale 5 e dalla stampa Mondadori, addirittura perché porta i calzini turchesi» (Marco Travaglio) [Fat 5/7/2011]. «Capita nell’ottobre 2009 a 24 ore dal verdetto di primo grado sul Lodo Mondadori con Berlusconi condannato a pagare 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. Le telecamere di Canale 5 entrano in azione. Nel mirino Raimondo Mesiano, il giudice che ha scritto la sentenza. Il servizio va in onda nel contenitore del mattino. Conduce il direttore di Videonews Claudio Brachino. Ecco allora “l’uomo Mesiano” che “passeggia”. Poi davanti al barbiere attende “ma proprio non riesce a stare fermo”. Ancora il giudice seduto sulla panchina. Accavalla le gambe e fanno capolino i calzini turchesi. Scandalo. Anzi peggio, stranezze e stravaganze. Risultato: quel servizio viene definito “pestaggio mediatico”, mentre l’Ordine dei giornalisti sospende Brachino per 60 giorni» (Davide Milosa) [Fat 4/8/2013].