16 gennaio 2014
Tags : Michela Marzano
Biografia di Michela Marzano
• Roma 20 agosto 1970. Filosofa. Professore di Filosofia morale all’Université Paris Descartes. Direttrice del dipartimento di Scienze sociali (Shs Sorbonne). Eletta deputato nel 2013 (Pd).
• «(...) È la filosofa che, assieme a Nadia Urbinati e Barbara Spinelli, scrisse l’appello di Repubblica sul corpo delle donne (“Quest’uomo – nel senso di presidente del Consiglio – offende le donne e la democrazia. Fermiamolo”). L’appello fu il risultato delle vacanze estive in Italia (Marzano (...) vive a Parigi, da dove si collega spesso per partecipare all’Infedele di Gad Lerner e dire che siamo tutte un po’ troglodite). Quelle vacanze devono essere state un incubo, almeno per le persone che interpellava continuamente, “in quanto donna e in quanto filosofa”, per trovare conferma nella sua (offensiva) certezza: “La regressione delle donne italiane non è solo un mito, è una realtà. Una realtà triste che emerge anche e soprattutto quando si discute con la gente, si osservano i comportamenti che gli uomini e le donne hanno nella vita quotidiana, si assiste al ritorno di discorsi maschilisti e retrogradi”. Infatti Michela Marzano, nell’introduzione del pamphlet Sii bella e stai zitta – perché l’Italia di oggi offende le donne (Mondadori, e non si fanno battute sulla scelta di esprimere la propria indignata femminilità, anzi come ha scritto lei, il proprio “atto di resistenza” attraverso la casa editrice dell’uomo che offende le donne e la democrazia, perché è la solita barba e le donne sono troppo regredite per fare battute), scrive che (...) era al mare e molte ragazze preferivano “tacere, cambiare discorso, allontanarsi infastidite” (non ha scritto, per pudore: fuggivano, buttavano giù otto Negroni di fila, andavano a fare una nuotata e non tornavano mai più, cercavano un ombrellone libero a cui impiccarsi). Immaginare signore in vacanza, probabilmente stravolte dal lavoro e dai figli (anche se secondo Marzano fanno quasi tutte le escort, oppure stanno chiuse in casa in penombra terrorizzate), con la vaga speranza di riposarsi, sottoposte alla persecuzione della filosofa che le vuole salvare, vuole aiutarle “a ribellarsi alla sudditanza al potere maschile”. Più che mai soddisfatti, gli uomini presenti avranno cominciato a rifiutarsi di guidare la macchina, piantare l’ombrellone, aprire la porta al ristorante, per non aumentare lo sdegno della Marzano (inserita tra i cinquanta intellettuali più influenti di Francia secondo il Nouvel Observateur), che troverebbe quest’atteggiamento paternalistico e offensivo. Secondo lei la sudditanza comincia da bambini, perché i maschi giocano con i soldatini e i Playmobil e le femmine con le Barbie e accudiscono i bambolotti. A parte che i Playmobil sono quasi da museo e i maschi giocano con la Playstation prima di imparare a parlare, ma è bizzarro che le bambine debbano giocare alla guerra per trovare il coraggio, da grandi, di “prendere la parola in pubblico o esprimere opinioni diverse da quelle del marito” (i mariti di solito dicono il contrario, “se mi dai ragione stavolta ti giuro che ti pago”, che però secondo la Marzano è sempre una forma di mercificazione). (...)» (Annalena Benini) [Fog 21/5/2010].
• «(...) Trascorre le sue giornate in biblioteca o al Cnrs dove lavora. La sua occupazione principale è pensare e scrivere. (...) È una delle poche italiane che in Francia, paese dove ha pubblicato tutti i suoi libri, riscuote un credito indiscusso. Si è occupata di tematiche legate al corpo, un monumentale Dictionnaire du corp è apparso per l’editore Puf nel 2007 (...) Di lei parlano i settimanali francesi. Le Nouvel Observateur l’ha inserita tra i cinquanta intellettuali più influenti in (...) circolazione. Le sue analisi sulla società hanno un peso e una ricaduta in Francia. Ha lavorato sulla pornografia e sul modo in cui oggi possiamo applicare quel difficile concetto che si chiama etica. Recentemente è uscita con un libro dedicato alla paura (Visage de peur). (...)» (Antonio Gnoli) [Rep 25/6/2009].
• «Filosofa morale, paladina del corpo delle donne e neofita del Parlamento, Michela Marzano, neo deputata Pd, irrompe nella surrealtà della nuova legislatura con il suo Diario di una matricola (tutti i giorni su Rep.). Da fustigatrice di maschilisti a Candide della Camera, Marzano girovaga trasecolando tra coltelli del ristorante che non tagliano (“inutile sperare di godersi in pace una bistecca ai ferri”) e banchi della buvette dove non c’è “modo di sedersi”, quando non ci si attarda davanti al “grande collage” dei trolley colorati di chi, come lei, “aspetta” un Godot che “non arriva mai”. Ohibò, pensa Marzano davanti alla stampa che si interessa solo ai grillini, e davanti ai grillini che “chissà dove la trovano tutta questa sicurezza”, e poi davanti all’uomo che in Transatlantico cerca di “rifilare a chiunque incroci sul proprio cammino” il volantino per la messa di Pasqua. Ma nulla stupisce Marzano come il solito maschio malfidato che quando scende a votare ripone nella borsa il proprio computer – così fanno i colleghi uomini, scrive, “troppo occupati a scrutare i passi falsi altrui per rendersi conto che ormai l’identità non è nell’avere, ma nell’essere”. E che dire della casella di posta piena di messaggi privi di “qualunque formula di politesse”? Che posto occupa il corpo umano nel mondo, in quanto essere carnale?, si chiede Marzano nelle sue ricerche, ed ecco che la Camera le si palesa “come corpo unico… percorso dalle stesse vibrazioni, non più il corpo malato della vecchia politica che cerca di evitare sguardi indiscreti, ma un corpo sano… un corpo quasi mistico… come il ‘secondo corpo del re’ di Kantorowicz che, a differenza di quello naturale, non può morire, perché è finalizzato alla conservazione del bene pubblico”» (Marianna Rizzini) [Fog 23/3/2013].
• In uno dei suoi libri, Volevo essere una farfalla (Mondadori, 2011), ha raccontato di aver sofferto di anoressia: «Ora che Michela Marzano pubblica il romanzo della sua anoressia (Volevo essere una farfalla, Mondadori) diventa palese e affascinante l’uso letterario che aveva fatto della malattia già nei saggi filosofici. La Marzano ha disseminato nei suoi studi centinaia di sintomi. Usa spesso la parola “disincarnato”, “smaterializzato”, e anche, per il mondo modellato dalle imprese (Estensione del dominio della manipolazione), il termine “gabbia”, che nel romanzo è associato al corpo anoressico. Volevo essere una farfalla si propone come una scrittura scucita. Ma non puoi raccontare una storia? le chiede il compagno; ma lei vuole usare una scrittura ellittica, “disincarnata” appunto; “quando si ha una bella idea non si riesce a darle carne, a farla vivere”. Michela Marzano ha iniziato il suo racconto molti anni prima di questa Farfalla, che dice “gli anni passati con la fame, a punirmi per ogni caloria ingoiata, a mangiare e vomitare tutto”, e suggerisce il ruolo (il peso) delle aspettative del padre – “voglio scrollarmi di dosso il peso del dovere, voglio sentirmi leggera”; “Con me papà è sempre stato troppo pesante – per anni, ho fatto di tutto per diventare leggera come una farfalla… In termini di chili, s’intende”: un padre che compare, letteralmente a ogni pagina, a chiedere la perfezione. Sotterraneamente, già nei saggi Michela Marzano si è trovata a assumere argomenti e metafore dal suo passato anoressico. (…)» (Daria Galateria) [Rep 26/8/2011].