15 gennaio 2014
Tags : Giuseppe Marotta
Biografia di Giuseppe Marotta
• Varese 25 marzo 1957. Detto Beppe. Manager. Dal 19 maggio 2010 direttore generale della Juventus. Dall’ottobre dello stesso anno anche amministratore delegato. Dal 1976 responsabile del settore giovanile del Varese, quindi direttore sportivo e, nel 1986, presidente. Direttore generale del Monza per tre anni: poi altri tre anni al Como, due al Ravenna, cinque al Venezia e due all’Atalanta. Dal 2001 al 2010 alla Sampdoria (amministratore delegato e direttore generale). «Uomo di calcio, capace di interloquire con tutte le componenti» (Roberto Stracca) [Cds 21/5/2010].
• «Di campionati low cost (...) ne ha già vinti parecchi. E sempre nello stesso modo. Aggirandosi come un antiquario tra le bancarelle di paese. Rovistando, falsamente annoiato, e comprando per una manciata di monete. Sono anni che poi corre in negozio a spolverare la presunta cianfrusaglia, l’anonimo quadretto. E il giorno dopo espone l’opera d’arte, il capolavoro. (...) Ha una mossa segreta, si chiama parametro zero. Cassano, Palombo, Quagliarella, Castellazzi, Lucchini, Bellucci, Tonetto, Castellini, Falcone, Antonioli: al club genovese non sono costati un centesimo. (...)» (Massimo Calandri) [Rep 2/9/2009].
• «(...) Almanacco del calcio 1965. “Nella Samp giocavano Frustalupi, Sormani e Barison. Nel Varese c’erano Beltrami, Szymaniak e Traspedini. C’ero anch’io, nel Varese in serie A...”. Breve pausa: “Avevo otto anni e facevo il magazziniere... (...) Beh, non esattamente il magazziniere. Diciamo il garzone, l’aiutante. Io sono nato dentro un campo di calcio (...) Io abitavo attaccato, di là dalla strada. Tornavo da scuola in bicicletta e andavo alla finestra e guardavo il campo e i giocatori. Io volevo fare il giornalista o il calciatore o il dirigente. Volevo entrare dentro e restarci, nel campo. Uno dei magazzinieri si chiamava Angelino. Lo conoscevano tutti, lo salutavano tutti. Era il grande Angelino, quello che dava le maglie ai giocatori. Un pomeriggio entro e mi metto davanti alla porta dello spogliatoio e lo aspetto. Arriva, alto forte e serio. ‘Angelino, posso vedere gli allenamenti?’. Mi squadra severo: ‘Perché non sei andato a scuola?’. Sono andato, siamo usciti prima. E lui: ‘Mah, siamo proprio sicuri? Va bene, poi però mi dai una mano a pulire le scarpe...’. Sì, Angelino. Io faccio tutto, ti aiuto a mettere via le maglie, i calzettoni e poi a gonfiare i palloni. E se mi dai la tuta della squadra faccio il raccattapalle... (...) Mi diceva: ‘Per la tuta, vediamo più avanti. Il pallone no, non lo puoi gonfiare, tu non hai il fiato, non ce la fai. Sei piccolo, hai capito?’” (...). Poi entra nel settore giovanile. Studia, frequenta il liceo classico. Fra gli amici Bruno Arena, quello dei Fichi d’India. E Bobo Maroni, quello della Lega di Bossi. Poi diventa responsabile del settore giovanile. A 19 anni il ragazzo Giuseppe gira con il cartellino del Varese nella tasca dei jeans. C’è scritto: dirigente. Sissignori, dirigente vero. Poi diventa direttore sportivo e direttore generale e presidente. Per un anno e mezzo: interregno si scrisse, traghettatore si direbbe oggi. A venticinque anni il bambino Giuseppe è nominato presidente del Varese Calcio. Un giornale di Milano titola: “Il predestinato”. Una storia da film. Come Nuovo Cinema Paradiso. (...) “(...) Io ho avuto maestri straordinari. Da Angelino magazziniere agli allenatori Pietro Maroso, Fascetti, al presidente Mario Colantuoni. Veniva dal Sud, da Bari, era amico di Aldo Moro. È stato presidente della Samp e ha preso il Varese. Lo chiamavano l’avvocato di campagna. In panchina soffriva terribilmente e allora seguiva le partite a bordo campo appoggiato a degli ostacoli. E diceva: ‘Beppe, in panchina c’è da morire. Io non ce la faccio, vacci tu’” (...) Lascia e va a Monza. Tratta la cessione di Casiraghi alla Juve. “Boniperti mi riceve nel suo ufficio, è molto gentile. Parla di lotta e cattiveria calcistica. Dietro la sua scrivania, ha un quadro con dentro un calzettone azzurro strappato. Lo mostra a tutti con orgoglio. Ma è anche un monito. Chi entra, soprattutto i giocatori, vede e capisce. Questo sono io, questi siete voi. Ragazzi, il calcio è rabbia e forza: siete gli artefici del vostro destino. Io sono giovane, lui mi annusa con leggero distacco, tiro un po’ sul prezzo e Casiraghi, alla fine, lo prende alle nostre condizioni. Era uno dei giocatori del momento. Lui e Simone del Como. Uno alla Juve, l’altro al Milan” (...)» (Germano Bovolenta) [Gds 2/2/2005].