14 gennaio 2014
Tags : Vittorio Malacalza
Biografia di Vittorio Malacalza
• Bobbio (Piacenza) 17 settembre 1937. Industriale. Improvvisa notorietà mediatica nel giugno 2009 per l’ingresso nel gruppo Camfin, guidato da Marco Tronchetti Provera, con una quota iniziale del 3,5%. Nel luglio del 2011 entrò a far parte del consiglio di amministrazione del San Raffaele di Milano. Pronto a stanziare 250 milioni, in cordata con lo Ior, per aggiudicarsi l’ospedale, fu superato da Giuseppe Rotelli (Esp 27/1/2012). Vicepresidente di Pirelli, in dissidio con Tronchetti, si dimise nel maggio del 2013: «Intesa Sanpaolo e Unicredit, le due maggiori banche italiane, hanno deciso di investire 230 milioni di euro per diventare azionisti della Camfin, la scatola cinese grazie alla quale Tronchetti comanda sulla Pirelli con il 4-5 per cento del capitale, mentre il restante 95 per cento ce lo mettono altri. (…) Senza l’intervento delle banche, il controllo della Pirelli sarebbe finito a Vittorio Malacalza, il socio pronto a mettere in Camfin i soldi che Tronchetti non aveva» (Giorgio Meletti) [Fat 12/6/2013]. Da tempo la gestione degli affari di famiglia è passata ai figli Davide e Mattia.
• «(...) Nasce a Bobbio, nel Piacentino, ma si trasferisce presto a Genova. Diploma di liceo scientifico allo storico “Cassini”, si iscrive a Ingegneria ma interrompe gli studi per l’improvvisa scomparsa del padre e inizia subito a lavorare. Sposato, ha due figli, Davide e Mattia, a cui (...) ha affidato la guida operativa e finanziaria del gruppo Castel, interamente controllato dalla cassaforte di famiglia, la Hofima (...) A presidiare il business di famiglia dall’acciaio all’energia, passando per il biomedicale e l’alimentare ci sono oggi i figli Davide e Mattia. (…) Poca voglia di apparire, tanta di fare, Malacalza ama le imprese impossibili, o comunque difficili. E non sempre ha successo, soprattutto in una realtà come quella genovese, abituata al gioco di squadra e, ancor meglio, ai veti incrociati per bloccare chi della squadra non fa parte. E per uno che ai salotti ha sempre preferito le partite a scopone al ristorante Europa di galleria Mazzini o nella sua Bobbio, perla dell’Appennino piacentino in cui è nato e in cui torna appena gli è possibile, non tutto può andare bene. Così (...) non è riuscito di conquistare la presidenza del Genoa Calcio e nemmeno quella della locale Confindustria, sconfitto per un pugno di voti da (...) Adriano Calvini, amministratore delegato di una società che importa frutta secca. (...) Non l’ha presa bene, ma ha tirato avanti per la sua strada. “Ho dato la mia disponibilità ha spiegato se hanno ritenuto di non coglierla, pazienza”. La grande notorietà (...) è (...) conseguenza diretta di un episodio chiave nella sua vita di imprenditore (...): la vendita delle sue aziende siderurgiche riunite nella Trametal al magnate ucraino Rinat Achmetov (...) Valore della transazione, mai comunicato, oltre un miliardo di euro. E tutto questo, solo pochi mesi prima dell’esplosione della crisi. Cercato a più riprese dalla politica, lui risponde sempre allo stesso modo: “Faccio un altro lavoro e non ho alcuna intenzione di cambiare”. Così è dalla fine degli anni Cinquanta, quando il giovane Vittorio, costretto a lasciare gli studi di Ingegneria per l’improvvisa scomparsa del padre, prende le redini della piccola azienda di famiglia. L’inizio è legato all’attività commerciale di materiali per l’edilizia e poi di componenti per l’impiantistica industriale e civile. Ma la prima svolta arriva nel ’63, quando (...) riprende l’attività di costruzioni, già intrapresa dal padre, diventando presto uno dei partner di fiducia di Autostrade. Dieci anni di business, poi la prima robusta diversificazione, insieme con il fratello, nella componentistica per l’energia, attraverso la Sima, che ancor oggi è rimasta nel perimetro del gruppo. Il vero salto nel gotha dell’economia italiana arriva però alla metà degli anni Ottanta, quando Malacalza rileva una partecipazione di minoranza nella Duferco di Bruno Bolfo, colosso del trading siderurgico. In pochi anni, arriva al 50% del gruppo e viene nominato amministratore, ma il sodalizio si interrompe nel ’95. Malacalza viene liquidato dal socio e si mette in proprio, cominciando a mettere insieme quei tasselli che in pochi anni daranno vita a un mosaico da 500 milioni di fatturato e 600 dipendenti. All’interno della Castel finiscono innanzitutto le attività siderurgiche della Trametal, una piccola società che dal ’95 al 2002 quadruplica la sua produzione di acciaio, grazie anche all’acquisizione di un impianto di laminazione in Gran Bretagna, a Newcastle. E a fianco della produzione di acciaio, arriva rapidamente il trading. Nel ’97 l’alleato è la Mag Steel, quattro anni più tardi è il colosso cinese Baosteel, di Shangai, quinto operatore al mondo, per cui Malacalza si assicura la commercializzazione in esclusiva per l’Europa dei suoi prodotti. Poi arrivano l’acquisto di una storica azienda di tubi, in provincia di Piacenza, la Tectubi, e il rafforzamento del business impiantistico nei settori dell’energia e delle infrastrutture. Nel 2001 Malacalza sfila all’Ansaldo Energia la controllata Superconduttori, oggi Asg, che firma i grandi magneti per il Cern di Ginevra. Non pago di affari, Malacalza si allea con la giapponese Itochu Corporation per la vendita di prodotti italiani in Asia e per il commercio di caffè e cacao. Nel 2007 sul suo tavolo arriva l’offerta della Metinvest di Achmetov che per rafforzare la sua presenza in Europa è disponibile a rilevare Trametal. Inizia una trattativa serrata che porta alla cessione delle attività di produzione siderurgica. Passano pochi giorni e Malacalza annuncia la sua intenzione di rientrare nel business, realizzando un grande impianto di laminazione all’interno delle aree della Ferrania, lo storico marchio che realizza pellicole fotografiche, che l’imprenditore genovese, insieme a Marcellino Gavio e agli armatori Messina, ha rilevato con l’intenzione di modificarne la mission, orientandola appunto sull’energia e la logistica. Sembra l’inizio di una avventura di successo, diventa tutto l’opposto. La collaborazione fra Malacalza, che nell’operazione intende investire 600 milioni di euro in alleanza con i partner cinesi della Baosteel, e i Messina si interrompe bruscamente, per incomprensioni sulla gestione del business. Anche Gavio si sfila e Ferrania resta tutta agli armatori. (…) Sul suo tavolo passano i dossier più caldi, dall’Alitalia al nucleare, fino al Ponte sullo Stretto. Ma arriva anche la telefonata di Marco Tronchetti Provera che cerca alleati industriali per rafforzare finanziariamente il vertice del gruppo. Malacalza accetta e, affiancato come advisor legale dallo studio Cleary Gottlieb, acquista con la finanziaria di famiglia, la Hofima, che ha sede a Milano in via Montenapoleone, il 3,5% della Camfin dalla Gpi, insediandosi così in cima alla catena di controllo che porta alla Pirelli. 12,2 milioni di investimento iniziale, con la possibilità di salire fino al 25% della holding. La Borsa premia l’operazione, più 52% in pochi giorni. (…)» (Massimo Minella) [A&F-Rep 22/6/2009].
• «(…) A fare la sua fortuna si dice che sia un suo motto: “È più utile conoscere i propri limiti che i propri pregi”. Ma c’è un episodio in particolare che negli ultimi anni lo ha portato alla ribalta da illustre sconosciuto: l’ingresso con una quota iniziale del 3,5%, in Camfin, il gruppo guidato da Marco Tronchetti Provera. Tant’è che da allora ha passato il controllo del business di famiglia – dall’acciaio all’energia fino al biomedicale – ai figli Davide e Mattia, per gettarsi a capofitto nel rilancio dei grandi gruppi. Come Pirelli e Rcs (è stato nominato consigliere il 28 aprile 2011, ndr). Schivo, modesto, duro, sconosciuto ai più, con poca voglia di apparire e tanta di lavorare. Così viene dipinto. Un uomo capace di farsi guidare dal suo fiuto. (…)» (Adelaide Pierucci) [L43 30/4/2011].
• Vive a Genova con la moglie Carmelina Bellocchio (cugina del regista Marco Bellocchio), da cui ha avuto i figli Davide e Mattia.