Fior da fiore, 12 gennaio 2014
È morto Ariel Sharon • Le Regioni più lente nel saldare i debiti con le imprese sono Campania, Calabria, Sicilia • Di Caprio andrà nello spazio a bordo della navicella SpaceShipTwo • In Cina, per il 2013, la «parola dell’anno» è «tuhao» (cafoni arricchiti) • Il «forkgate» di Bill de Blasio
Sharon È morto ieri a 85 anni nell’ospedale Sheba, periferia elegante di Tel Aviv, l’ex premier israeliano Ariel Sharon, in coma dal 4 gennaio 2006 in seguito all’emorragia cerebrale che lo aveva colpito nella stanza da letto al primo piano del suo ranch dalle parti di Sderot, deserto del Negev. Il feretro viene esposto oggi in parlamento a Gerusalemme, la cerimonia ufficiale è prevista per domani mattina. La sepoltura alla fattoria dei Sicomori dovrebbe essere privata, senza discorsi ufficiali, solo le parole dei figli. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]
Commenti Commento di un portavoce di Hamas alla notizia della morte di Sharon: «Il nostro popolo vive un momento storico con la scomparsa di questo criminale dalle mani coperte con il sangue dei palestinesi».
Palestinesi «[...] dopo averli combattuti per tutta una vita, alla fine della sua parabola Sharon si era convinto che era necessario un accordo di pace stabile con i palestinesi, e per farlo lasciò il Likud per crearne uno nuovo, Kadima. L’anziano generale, in un memorabile discorso alla Knesset, prima del ritiro da Gaza nell’agosto del 2005, spiegò: “Ho combattuto tutte le guerre israeliane, ho imparato dalla mia esperienza che senza una vera forza non abbiamo la possibilità di sopravvivere in questa regione, ma ho anche imparato che la baionetta da sola non può decidere l’aspra disputa per questa terra”» (Scuto, Rep).
Gaza «All’uomo che “la metà di noi amava odiare e l’altra metà detestava amare”, come ha scritto Haaretz, oggi buona parte dei politici israeliani rende omaggio preferendo mettere l’accento sul combattente eroico del 1967, che salvò Israele dalla disfatta nel Sinai nel 1973, piuttosto che il politico che guidò l’invasione del Libano e decise il ritiro dalla Striscia di Gaza nel 2005» (ibidem).
Paradossi «[...] I paradossi sembrano essere stati il filo conduttore di tutta la sua vita. Militare nel corpo e nell’anima, ma sempre sull’orlo della Corte Marziale. Ideatore e promotore degli insediamenti colonici nei Territori palestinesi occupati, ma anche del ritiro da Gaza e la distruzione delle colonie che aveva contribuito a fondare. Yitzhak Rabin diceva che “uno come lui è una benedizione per lo Stato maggiore, dieci sono una catastrofe nazionale”, poi cambiò opinione dopo l’avventura in Libano nel 1982. Sconfitto l’Olp e costretto Yasser Arafat alla fuga in Tunisia sembrava finita, ma l’attentato contro Bashir Gemayel scatenò la rabbia dei falangisti alleati di Israele contro i campi palestinesi di Beirut. A Sabra e Chatila vennero trucidati 3.500 civili sotto gli occhi delle truppe israeliane, che non mossero un dito per fermare il massacro che andò avanti per giorni: non avevano ricevuto nessun ordine di fermarli. Per Sharon sembrò l’inizio della fine. Ma seppe risorgere ancora una volta, diventando la voce dei coloni, della destra più radicale del Likud. Una scelta che culminò con la sua provocatoria passeggiata sulla Spianata delle Moschee che accese un nuovo sanguinoso incendio, la II Intifada, ma che lo portò comunque alla vittoria elettorale e alla carica di premier nel 2001. Dopo l’ennesima strage nel 2004 mandò i suoi tank fino a Ramallah, rendendo Yasser Arafat di fatto un prigioniero. Ma capì che tutto questo non avrebbe fermato l’ondata di terrore. Altre considerazioni presero forma. Il “disimpegno” dalla Striscia nel 2005 fu uno degli atti più controversi della storia di Israele. Arik, il “re d’Israele” per i coloni, il generale delle mille battaglie, diventò per la destra ultrà un traditore, i rabbini lo maledissero augurandogli una rapida fine e le pene dell’inferno. Il leader di questa destra estremista era nel suo partito: con Benjamin Netanyahu lo scontro fu inevitabile. Sharon lasciò il Likud e fondò un nuovo partito centrista, favorevole al dialogo con i palestinesi. Una grande sfida di cui non vedrà gli sviluppi. Sei mesi dopo un primo ictus e tre settimane dopo una vasta emorragia cerebrale lo ridusse in uno stato di coma da cui non si è mai risvegliato. La stagione del “leone d’inverno” si concluse in quel gennaio 2006, c’era la neve nelle strade di Gerusalemme» (ibidem).
Big Mac Antonio Ferrari a proposito di Sharon, sul Cds: «Con gli ospiti era educato, gentile, soprattutto simpatico. Durante la prima intervista che mi concesse da primo ministro, chiese notizie sul ristorante Rigolo di Milano nel quale aveva pranzato anni prima, e del quale gli erano rimaste impresse la qualità del cibo (era un buongustaio tipo extralarge, che certo non si preoccupava delle calorie, dei trigliceridi e del colesterolo) e la cortesia del proprietario. In attesa di un successivo incontro per un’altra intervista, chiese ancora qualche minuto di pazienza. Un’improvvisa telefonata dalla Casa Bianca? Ma no, un suo collaboratore mi rivelò sorridendo che il capo stava rapidamente divorando la sua merenda: tre Big Mac».
Terra «Se non fosse stato imposto dalle circostanze, non sarei diventato un soldato. Avrei coltivato la terra, il mio primo amore» (Sharon, sul podio all’assemblea generale delle Nazioni Unite, nel settembre del 2005) (Frattini, Cds).
Debiti Le Regioni più lente nel saldare i debiti con le imprese sono Campania, Calabria, Sicilia. Al 29 novembre dello scorso anno, il governo ha reso disponibili per le pubbliche amministrazioni 24 miliardi e 416 milioni, di cui 16 miliardi 281 milioni già materialmente utilizzati per i pagamenti dei fornitori. Ma, secondo il Tesoro, circa 1,5 miliardi ancora non erogati sono destinati a tre Regioni - Campania, Calabria e Sicilia, appunto - che non hanno ancora completato gli adempimenti per ottenere il finanziamento (Rizzo, Cds).
Turismo spaziale Previsto entro la fine del 2014 il primo viaggio commerciale nello spazio della navicella SpaceShipTwo di Richard Branson. A bordo ci saranno Leonardo DiCaprio e un anonimo riccone che ha sborsato 1,5 milioni di dollari destinati in beneficenza (al progetto Cinema Against Aids). Un biglietto normale per il viaggio costa 250 mila dollari, e circa 600 passeggeri lo hanno già prenotato. Pronti a salire sulla navicella, tra le celebrità, anche Justin Bieber, Ashton Kutcher, Angelina Jolie e Lady Gaga. Prima del decollo del primo volo, però, sono già iniziate le polemiche: il Wall Street Journal ha attaccato tanto il fondatore di Virgin quanto DiCaprio per la loro ipocrisia. Entrambi sono ambientalisti convinti (Branson ha creato la Carbon War Room, l’attore siede nel board del Natural Resources Defense Council) eppure entrambi hanno deciso di partecipare a questo progetto estremamente inquinante. L’ideatore di Virgin Galactic sostiene di essere riuscito a ridurre i consumi di un viaggio nello spazio per una persona dall’intera fornitura di elettricità per due settimane a New York, a quelli di un volo di andata e ritorno in classe economica tra Londra e Singapore. Ma il quotidiano ha fatto i calcoli e ha scoperto che non è vero: la gita di DiCaprio costerà il doppio dell’energia che un americano medio consuma nel corso di un anno (Mastrolilli, Sta).
Parole Da otto anni Pechino chiede ai cinesi di votare la parola che meglio si addice a descrivere gli ultimi dodici mesi. Per i 2013 hanno scelto «tuhao», burini arricchiti, a indicare il dilagare dei nuovi ricchi, privi di gusto ed eleganza ma pieni di contante, che stanno sempre più facendo parlare di sé, sia in patria, dove le ineguaglianza sociali create dalla rapida crescita economica creano forti attriti, che all’estero, dove i «tuhao» si riversano in numero crescente. Nel 2008 i cinesi scelsero «he», armonia, nel 2009 «fu», galleggiare, nel 2010 «zhang», inflazione, nel 2011 «kong», controllo, nel 2012 «meng», sogno. (i. m. s., Sta).
Pizza Ad appena dieci giorni dal giuramento come sindaco di New York, l’italo-americano Bill de Blasio è sotto attacco per via di una pizza tagliata con forchetta e coltello (secondo gli americani la pizza va mangiata con le mani). Mentre la fotografia del politico in un ristorante di Staten Island continua a rimbalzare sui social network accompagnata da critiche e appelli perché sia «incriminato», i newyorchesi, inorriditi, gridano allo scandalo, già battezzato da media «forkgate». Per frenare l’escalation di polemiche è dovuto intervenire de Blasio in persona, che ha spiegato: «Nella mia terra d’origine è più normale mangiare la pizza con la forchetta e il coltello». Precisando poi che quella fetta di pizza incriminata «aveva parecchi condimenti sopra», quindi a mangiarla con le mani probabilmente la sua camicia avrebbe fatto una brutta fine.
(a cura di Roberta Mercuri)