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 2013  dicembre 16 Lunedì calendario

Biografia di Olghina di Robilant

• (Olga Nicolis di Robilant) Venezia 3 novembre 1934. Contessa, giornalista e scrittrice. Tiene un blog, Olgopinions. Fino al 2006 ha curato per Dagospia la rubrica L’occhio di Olghina.
• «Flash back: in un locale di Trastevere, affittato per una festa privata, una formosa ballerina turca irrompe nella sala, si esibisce in una sfrenata danza del ventre e, aizzata dai paparazzi, si spoglia: i seni al vento, gli slip neri (mica il tanga!) ben saldi al sedere e all’ombelico. L’ultima contorsione, ed eccola a terra su un improvvisato tappeto di giacche maschili. Il suo nome è Aikè Nanà. Correva l’anno 1958. Nanà chi? Se non fosse per La dolce vita, film cult di Federico Fellini che i giovani di oggi forse avranno visto, la spogliarellista, per loro, avrebbe la notorietà di un fantasma. Eppure, la notte brava del Rugantino tenne banco a lungo, mixando a mille giri cronaca rosa e giudiziaria – protagonisti play boy e disinibite signorine dell’epoca – facendo aumentare le tirature dei giornali italiani. “La chiamarono l’orgia e c’inzupparono il pane i grandi editori, facendo apparire Roma come Sodoma e Gomorra e noi una banda di depravati”, protesta Olghina di Robilant, squattrinata contessa veneziana per la quale il caro amico Peter Howard Wanderbilt organizzò la festa del suo (...) compleanno, al centro dello scandalo. Reso piccante dall’istantanea in bianco e nero che il reporter più sveglio, Tazio Secchiaroli, riuscì a scattare. La nobildonna (...) ammette che, sì, “quella foto, in un certo senso mi ha cambiato la vita”. “In peggio per un po’ – spiega –. Porte sbattute in faccia, cattiva fama. Pensi che Umberto II, amico di famiglia, mandò dal Portogallo un messaggio di solidarietà, chiedendomi se avessi bisogno di aiuto. Il meglio, invece, venne dopo. Diventai un personaggio anch’io, tra gli amici già noti di allora: Corrado Pani, Luca Ronconi, Pier Paolo Pasolini, Adriana Asti, Laura Betti, Franco Rossellini, il play boy Gigi Rizzi che ebbe un intenso flirt con Brigitte Bardot. E tanti altri. Insomma, la situazione si capovolse. Salii sulla cresta dell’onda, la mia firma di cronista mondana era apprezzata e contesa dai giornali”. Olghina, del resto, non si fece mancare nulla. Neppure il bagno notturno (una scommessa di 10 mila lire) nella Fontana di Trevi. “Fatto sta – racconta – che sia lo spogliarello del Rugantino sia il mio bagno finirono tra le scene del film di Fellini. In acqua, però, c’era Anita Ekberg”. Aggiunge, caustica: “Lo dissi a Federico (che s’arrabbiò ma poi facemmo pace), e qui lo ripeto: lui non capì un bel niente del suo tempo, dei costumi e del clima spensierato di quella stagione romana. La decadenza rappresentata nella sua Dolce vita non era quella del ’58. Cominciò dieci anni dopo, con le discoteche, i salotti, i palazzinari, la mafia provvista di cocaina che pioveva come borotalco imbiancando anche i nasi più ingenui”. (...) “Nobile? Certo, ma povera in canna, da sempre – ironizza –. La mia indigenza, a causa di una famiglia ricca e spendacciona, cominciò quando uscii dal Rosier, il famoso collegio svizzero. Seppi di non avere più nulla e decisi di trasferirmi a Roma. Che mi accolse di buon cuore. Mi arrabattavo con vari lavoretti – traduzioni, articoli, comparse cinematografiche – dormivo in improbabili camere d’affitto. Ma allora si viveva con poco: spaghettate in casa dell’amica che cucinava meglio, ovvero Laura Betti, che arrivava dall’Emilia Romagna. I vestiti? Macché alta moda! Gonna, pull, ballerine ai piedi, e ti sentivi una dea (...) Oh, tra noi, i ricchi c’erano. Tuttavia, il denaro, la ricchezza non ci facevano né caldo né freddo. Eravamo nomadi e liberi. Un po’ svitati, ma innocui. Gliene racconto una. Un giorno Thomas Milian conosce una danarosa americana che abita in un grande appartamento, ai Fori. Lei gli chiede di organizzare una grande festa, pregandolo di invitare almeno un cardinale del Vaticano e qualche politico. E Thomas che fa? Affitta le comparse di Cinecittà, le traveste e, voilà, la lady è felice. Questa era la nostra dolce vita”. “I locali notturni di via Veneto aprivano volentieri le porte ai giovani che facevano tanta allegria (...) Ci s’incontrava, senza appuntamento, al Café de Paris, al Club 84, dove pagavano i vecchi, quelli con la bottiglia di champagne sul tavolo. A noi, al massimo, toccava la mancia ai camerieri. Io non pagavo mai niente. E quando divenni un po’ famosa, con le rubriche sui giornali, anche molti ristoratori, al momento del conto, mi salutavano con un sorriso (...) Roma, in quegli anni, era amabile, estrosa, leggera, l’opposto di quanto Fellini ha raccontato nel suo film”» (Marisa Fumagalli) [Cds 6/8/2009].