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 2013  dicembre 12 Giovedì calendario

Biografia di Mario Di Domenico

• Capistrello (L’Aquila) 9 novembre 1959. Avvocato. Cofondatore dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, di cui è poi diventato il grande accusatore.
• «È la storia di un’amicizia che comincia e finisce con un “vaffa...”. Storia dell’aprile ’93, quando il padre di Mario Di Domenico era ricoverato al primo piano dell’ospedale di Pescara e la madre di Antonio Di Pietro al secondo. Un incrocio casuale fra l’avvocato che arriva a piedi sovrappensiero e il magistrato che irrompe con blindata e scorta quasi travolgendo il primo. Immediata la reazione. Appunto, un sonoro “Vaffa”. Subito ricambiato dal passeggero non riconoscibile, ma chiaro nel labiale. Dieci minuti dopo eccoli insieme in corsia, tribolando per il brutto male di quel padre e per le gravi condizioni di quella madre. Due figli. Un sorriso, le scuse, pronti a confidarsi l’ansia, spogliati dei propri ruoli. Due uomini faccia a faccia con la vita, la malattia, la solidarietà, lungo corridoi trasformati in un’oasi ovattata dove non si parla di tangenti e malaffare. Solo riflessioni interiori, scandite da un caffè, saldando via via un forte legame, quasi una vera amicizia. “Di Pietro, facci sognare”, leggeva Di Domenico sui muri, fuori dall’ospedale, fiero del nuovo conoscente eccellente. (...) Rifletteva già sul futuro tornando al Cnr per la passione di una vita, le ricerche sugli Statuti medievali. E il magistrato, incuriosito da quell’avvocato enigmatico che mostrava il badge d’accesso agli archivi segreti del Vaticano, scrutava il personaggio risparmiato dalla blindata. Un episodio ricordato con sorriso quando i due amici per caso si ritrovarono davanti a un notaio per fondare nientedimenoché un partito. E non ci pensava ancora Di Domenico quando in tv vide il magistrato che lasciava scivolare la toga alle spalle. Senza pensare che da allora avrebbe trascorso sempre più tempo con l’ormai ex magistrato del quale, frattanto, era pure diventato avvocato di fiducia per qualche noia giudiziaria. Poi, un giorno, il leader lo inchiodò a un progetto e lo incoronò “co-fondatore”: “Scrivi lo Statuto, tu che te ne intendi”. E quello, disorientato: “Ma io studio gli Statuti medievali”. E Di Pietro: “Appunto, sempre Statuti sono”. Fatto sta che Di Domenico si cimentò» (Felice Cavallaro) [Cds 4/2/2010].
• «“Signor presidente della Repubblica, signor ministro di Grazia e giustizia, signor presidente del Consiglio...”. È il 9 ottobre 2006 quando Mario Di Domenico (...) firma questa lettera. Otto pagine, destinate anche al pm romano Giancarlo Amato e al procuratore capo di Brescia Giancarlo Tarquini, in cui ipotizza “diverse condotte penalmente rilevanti” (dalla truffa al falso in bilancio) accusando un ministro in carica: Antonio Di Pietro. Lo stesso Di Pietro con cui, il 26 settembre 2000, Di Domenico aveva costituito l’Italia dei valori. Lo stesso Di Pietro che ora gli dà pubblicamente del “grafomane” e del diffamatore. A fianco a fianco, i due erano comparsi davanti al notaio Bruno Cesarini di Roma. Ora si parlano solo attraverso gli avvocati. Di Pietro è presidente dell’Idv con poteri assoluti. E Di Domenico? “Mi hanno estromesso da tutto. Forse perché cominciavo a fare troppe domande sui bilanci e sui soldi”. Prima di firmare la lettera a Giorgio Napolitano, Di Domenico aveva fatto un esposto alla procura di Brescia. (...) “L’Italia dei valori non è un partito come gli altri, ma un premeditato gioco di scatole cinesi grazie a cui c’è il sospetto che Di Pietro abbia creato un impero immobiliare”. Accuse che vengono da uno che con Di Pietro ha vissuto per anni a gomito a gomito, fino a diventare il suo avvocato in alcune cause (...) Il sodalizio politico fra i due risale al 1998: quando a San Sepolcro si costituisce l’Italia dei valori con Di Pietro, Elio Veltri, i parlamentari della Rete, quasi 250 persone in tutto, Di Domenico c’è. C’è quando Di Pietro si unisce ai Democratici, quando litiga con i Democratici, quando si ritrova solo. Ricorda: “Nel 2000 mi ha chiamato: predisponi uno statuto, facciamo Italia dei valori per conto nostro. Etica e morale anzitutto”. Pronti, via: l’Italia dei valori, quella dei 250 soci, si scioglie il 23 settembre. Il 26 settembre nasce la nuova Italia dei valori con tre soci tre. Di Pietro presidente, Silvana Mura tesoriera, Di Domenico segretario: “E subito ho notato cose strane”. Per esempio l’assegno del Banco di Napoli, importo 50 milioni di lire, da lui destinato all’Italia dei valori. Non trasferibile. “È la cifra che ciascuno dei soci doveva versare per finanziare l’Idv. Ma nel bilancio 2001 non risulta nulla: né i loro versamenti, né il mio assegno. Finito dove? Incassato da chi?”. Di Domenico cita poi il bilancio 2002, presentato alla Camera come “approvato all’unanimità dai soci”: “Io ho visto solo una bozza. La delibera di approvazione è del 31 marzo 2003, nella sede di Busto Arsizio. Io quel giorno ero a Roma a fare campagna elettorale con Gasbarra (...) Allora ho cominciato a fare domande, a dissentire. Risultato: il 5 novembre 2003 mi sono dimesso dall’incarico di segretario per non essere ritenuto responsabile di illeciti che, in quanto segretario, non potevo non sapere. Nel luglio 2004 Di Pietro mi ha fatto espellere dal partito (...) Ma perché espellermi, se mi ero già dimesso? Perché, se non per screditare, insieme a me, le denunce che stavo facendo? (...) In occasione delle europee del 2004 fu chiesta alla Bnl di Roma un’apertura di credito di 1 milione e 900 mila euro per la campagna elettorale. Ma il candidato Achille Occhetto ha avuto solo 50 mila euro di rimborso, Giulietto Chiesa 25 mila, altri ancora meno (...) Ho cominciato a chiedere: ma come vengono gestiti i soldi? Chi decide? Sono stato espulso”. Cacciato dal partito, allontanato dall’associazione (...) l’ex segretario inizia a promuovere cause su cause. Nell’autunno 2005 si rivolge alla procura di Brescia: “E lì ho scoperto l’esistenza della Antocri”. l’immobiliare (...) con cui Di Pietro ha acquistato due appartamenti, uno a Milano nel 2004 e uno a Roma nel 2005, per poi affittarli al partito. Dai bilanci della società risulta che il ministro ha versato nelle casse sociali, a titolo di prestito, 1 milione 183 mila euro in tre anni. “Vogliamo scoprire da dove vengono tanti soldi” ripete Di Domenico. (...) “Nel 2002, quando eravamo ancora amici, ho assistito Di Pietro nell’acquisto di un appartamento a Roma. E poco tempo prima lui aveva comprato un appartamento a Bruxelles. Come ha fatto, tra il 2003 e il 2005, a disporre di 1 milione 200 mila euro extra?”» (Laura Maragnani) [Pan 8/11/2007].
• In vista della pubblicazione del suo libro Il “colpo” allo Stato (Koiné), nel febbraio 2010 Di Domenico diffuse quattro foto di Antonio Di Pietro scattate il 15 dicembre del 1992 durante una «(...) cena conviviale in una caserma dei carabinieri, fra alcuni ufficiali arruolati nei servizi segreti, uno 007 eccellente come Bruno Contrada e un altro James Bond vicino alla Cia, arrivato da Washington per una targa ricordo della famosa “Kroll Secret Service” all’ospite d’onore, appunto Di Pietro» (Cds 2/10/2010) il tutto a 24 ore dall’avviso di garanzia del pool Mani pulite a Bettino Craxi, coincidenza che portò a ipotizzare trame oscure tessute dietro la Tangentopoli del ’92.