11 dicembre 2013
Tags : Tommaso Debenedetti
Biografia di Tommaso Debenedetti
• Roma 10 febbraio 1969. Giornalista. Collaboratore di Libero, Giorno, Nazione, Resto del Carlino, noto soprattutto per l’accusa di essersi inventato le interviste, tra cui quelle agli scrittori statunitensi Philip Roth e John Grisham. «Il genio delle “interviste-truffa”» (Federico Mello) [Fat 13/4/2011]. «Italian rascal (furfante, ndr)» (il New Yorker).
• «Non solo Philip Roth. Anche John Grisham è finito suo malgrado tra gli intellettuali americani delusi da Barack Obama. Suo malgrado e senza essersi mai dichiarato: anche la sua confessione è stata inventata di sana pianta. E dallo stesso intervistatore fantasma che aveva fabbricato la dichiarazione dell’autore del Lamento di Portnoy. La rivelazione arriva dallo stesso Roth che al New Yorker confessa di essersi improvvisato detective per sciogliere il mistero. La notizia del “Falso Roth” (...) era stata scoperta dal Venerdì di Repubblica. Paola Zanuttini intervista il maestro, gli chiede dei rapporti dei protagonisti maturi dei suoi romanzi con donne molto più giovani, gli chiede delle sue relazioni e infine domanda: perché è deluso da Obama? Lo fa citando “l’articolo di un freelance, Tommaso Debenedetti, pubblicato nel novembre 2009 su Libero, un tabloid” dice il New Yorker “notoriamente favorevole a Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano (che è coinvolto lui stesso in uno scandalo sessuale con donne molto più giovani). ‘Ma io non ho mai detto nulla del genere!’, obietta Roth”. Il quale, curioso di saperne di più, comincia a fare ricerche online. E dopo aver scoperto, per esempio, un editoriale del Corriere della Sera “che elogiava la sua franchezza nel criticare Obama, in contrasto con la pusillanimità degli italiani verso i loro leader”, sobbalza di fronte a un’intervista dello stesso reporter fantasma a John Grisham su Giorno, Nazione e Carlino. Anche questa anti-Obama. Possibile? Roth lo rintraccia e Grisham, “più shockato che arrabbiato”, definisce l’intervista “un brutto pezzo di fiction”. Decidendo – lui, maestro del legal thriller – di far causa. E Roth? “Mi prenderebbe un paio d’anni e diversi viaggi in Italia”, dice. “Mi distrarrebbe dal mio lavoro e – la cosa peggiore – finirebbe per ossessionarmi...”» (A. A.) [Rep 29/3/2010].
• Dopo un’inchiesta del New Yorker dedicata al suo caso, rilasciò la sua prima intervista a Malcom Pagani, del Fatto quotidiano: «Alla decima contestazione, Tommaso Debenedetti ribalta il quadro: “E allora, una domanda la faccio anche io. Perché mai per dieci anni fior di giornali hanno creduto che potessero avere da un malpagato collaboratore esterno, ogni settimana, un Nobel sulle loro pagine?”. Ecco la risposta che in un’autoanalisi involontaria, molto spiega delle ottanta e più interviste (molte delle quali mai realizzate) dal freelance. Il ragazzo è in fuga. Da se stesso e da un’invenzione ora troppo difficile da elaborare. Decine di conversazioni immaginarie ad altissimo tasso di difficoltà. Premi Nobel, intellettuali eremitici. Gordimer e Yehoshua, Hertha Muller e Mikhail Gorbaciov, Toni Morrison ed E. L. Doctorow, Gunter Grass e Jean-Marie Gustave Le Clézio. Colloqui quasi impossibili che a Debenedetti riuscivano in giornata. Dove gli altri trovavano il filo spinato dell’attesa prolungata, Tommaso Debenedetti apriva un varco con la fantasia. Meglio fare da soli (…) Debenedetti collaborava con tutti. Destra e sinistra. Con i giornali del gruppo l’Espresso e con i quotidiani del gruppo Riffeser. E poi L’indipendente, Libero. A nessuno di loro, trasversalmente schierati, è mai venuto il dubbio che gli scoop di Debenedetti fossero fasulli. Non una contestazione, in quasi dieci anni di collaborazione. Nella rielaborazione di Debenedetti, qualcosa stonava. Pensatori di sinistra protesi all’improbabile difesa di Berlusconi e quieti filosofi liberal improvvisamente sulle barricate con il fazzoletto rosso al collo. (…) “Anche se avessi inventato tutto di sana pianta, dovrei comunque essere ritenuto qualcosa di diverso da un manigoldo. Un genio. Suona meglio (…) Con il panorama odierno della stampa, non solo avrei potuto farlo, ma l’avrei potuto fare senza rischio alcuno (…) Non c’è stato in dieci anni di collaborazione un solo caporedattore che mi abbia chiesto non dico la verifica poliziesca, nastro alla mano, del colloquio ma semplicemente l’ubicazione dell’intervistato”» (Malcom Pagani) [Fat 8/5/2010].
• Dalle interviste false è passato poi alla creazione di profili di personaggi famosi su Facebook e Twitter: «Una volta sbugiardato a livello planetario da un’indagine del New Yorker dell’aprile del 2010, iniziata dopo l’intervista (questa sì vera) rilasciata un mese prima dallo stesso Roth a Repubblica (nella quale ammetteva di non aver mai parlato con Libero), nel giugno del 2010 Tommaso Debenedetti ha raccontato allo spagnolo El Pais la sua verità. Ovvero, che è stato tutto uno scherzo, orchestrato “per dimostrare che in Italia fare informazione culturale seria è impossibile, perché è tutto falso”. Un giochetto di cui Debenedetti, professore di italiano e storia in una scuola di Roma, figlio di Antonio e nipote di Giacomo Debenedetti (entrambi scrittori e critici letterari), si dice soddisfatto al punto di autoproclamarsi “il campione italiano della menzogna per aver inventato un genere nuovo di informazione” e di annunciare il suo sbarco sul web “dove spero di poter pubblicare nuovi falsi”. Detto, fatto. Lo scorso anno Debenedetti ha creato falsi profili su Facebook di Mario Vargas Llosa, Almudena Grandes, Abraham B.Yeoshua, Umberto Eco e altri “per dimostrare la vulnerabilità del social network” e poi, complice la crescente popolarità, è sbarcato anche su Twitter, dove si è inventato account tarocchi (@presMarioMonti; @CardBertone; @MinistroMontoro) per annunciare morti illustri (nell’ordine, Fidel Castro, Papa Benedetto XVI e il regista Pedro Almodovar) e per esprimere giudizi politici sull’attacco Usa contro i civili afghani (come @PresHamidKarzai) e sui documenti pubblicati dal giornale inglese Guardian contro il presidente siriano Assad (come @PresAssadSyria). (…) Dopo essere stato scoperto, Debenedetti ha chiuso con le interviste e si è messo a scrivere mail ai giornali, fingendosi Umberto Eco che criticava la guerra in Libia con l’International Herald Tribune (“dopo che l’hanno pubblicata, li ho chiamati per farglielo sapere”) e lo scrittore marxista Paco Ignacio Taibo che celebrava il Papa sull’Avvenire (che mise la testimonianza in prima pagina, prima di ricevere la chiamata di Debenedetti che ne rivendicava la paternità). Ma, più ancora di Facebook (…), la vera svolta è stata Twitter, dove il finto giornalista ha iniziato la sua cinguettante avventura come Henning Mankell, costringendo il vero scrittore svedese a negare sui giornali di casa le considerazioni a lui attribuite sul finto account» (Simona Marchetti) [Cds 31/3/2012].