10 dicembre 2013
Tags : De Luca Antonio
Biografia di De Luca Antonio
• Napoli 29 ottobre 1969. Imprenditore. A capo della Fd Costruzioni, il 6 luglio 2010 fu arrestato insieme al fratello Giovanni (Napoli 12 maggio 1961), all’ingegner Raffaele Arena (Nola 30 novembre 1956, ex responsabile del Servizio manutenzioni delle Ferrovie), a Carmine D’Elia (Nola 11 ottobre 1962, cugino e socio di Arena) e a Fiorenzo Carassai (Monte San Martino 19 ottobre 1953): «I treni e il fiume di soldi, almeno una decina di milioni di euro, che ne cavavano in manutenzione e farlocca rottamazione, erano roba loro. E roba loro erano quei simulacri di gare di appalto di cui erano noti i vincitori prima ancora che venissero bandite. Perché, per dirla con loro, loro erano quelli del “ce lo mettimm ’ncul senza sputazz”. Per il codice penale, un’associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, la corruzione, il riciclaggio. (...) Il Sistema, in qualche modo, era semplice. Arena e Carassai, già dirigenti di vertice di Trenitalia, licenziati all’esito di audit interni che ne hanno documentato il conflitto di interesse (affidano appalti di manutenzione ferroviaria a società in cui hanno interessi diretti; nel caso di Arena, anche familiari), rientrano nel grande giro delle commesse il giorno successivo a quello in cui hanno lasciato l’azienda. Senza evidentemente che nessuno, in Trenitalia, eccepisca. Questa volta, da imprenditori dell’indotto e in forza del rapporto con i fratelli De Luca e la loro Fd Costruzioni. Insomma, come destinatari di appalti di manutenzione generosi e importanti. “Mantengono dunque inalterata – scrive il gip – la loro sostanziale potestà di ingerenza sugli affidamenti degli appalti, grazie ad una solida rete di rapporti con dirigenti di Trenitalia compiacenti e collusi”. Al punto – si legge ancora nell’ordinanza – che, quando nel luglio del 2009, l’inchiesta di Repubblica, convince Trenitalia “per motivi di opportunità, a non affidare altri appalti a società riconducibili ad Arena”, l’ex dirigente delle Ferrovie pensa bene di “licenziare il personale delle sue società Amg e Mavis con l’intesa di farli riassumere dalla Fd Costruzioni dei De Luca, continuando così a gestire di fatto commesse in corso di esecuzione”. Il prezzo della corruzione è normalmente denaro contante che torna nelle tasche dei dirigenti di Trenitalia. O, come nel caso di Carassai, quando è ancora in azienda (la lascia il 31 dicembre 2009), l’“obbligo” per i fratelli De Luca di partecipare finanziariamente alla avventura del Pastificio di famiglia. “La struttura messa in piedi – chiosa ancora il gip – ha una pericolosità permanente”. È “spregiudicata” sia quando si tratta di riscrivere a mano libera il collaudo di un ponte pericolante in quel di Quarto (Napoli). Sia di dare per rottamati carri che vengono invece reimmessi sul mercato. Sia di rifilare in Eritrea vagoni e locomotori “rigenerati” attraverso un mediatore croato. Sia, di provare a entrare negli appalti della Protezione civile post-terremoto. Sia, va da sé, quando si tratta di fare lobbying. Con un consigliere regionale abruzzese del Pd (Camillo D’Alessandro), con Clemente Carta dell’Udc, già nel cda di Trenitalia, o con l’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, cui chiedere, senza successo, un appuntamento con Moretti, amministratore delegato di Trenitalia» (Carlo Bonini) [Rep 7/7/2010].
• «(...) Giovanni De Luca è anche il protagonista della intercettazione forse più inquietante. Parla con un ingegnere (Salvatore Di Lillo) del collaudo di un ponte ferroviario a Quarto, in zona flegrea. Vuole convincerlo a dare l’ok in fretta, ma l’ingegnere chiede tempo, almeno un mese e mezzo, dice che il ponte “ha le prime due travi inclinate e non tengono i bulloni”, e aggiunge che “io non inguaio me e cerco di non inguaiare nessuno”. De Luca prova a convincerlo così: “Tanto peggio di come sta quel ponte non può stare... Tu facci un pezzotto sopra, una cosa veloce veloce...”» (F. B.) [Sta 7/7/2010].