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 2013  dicembre 09 Lunedì calendario

Biografia di Alessandro D’Avenia

• Palermo 2 maggio 1977. Scrittore. Insegnante. Di italiano e latino. Debutto nel 2010 con Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori, un milione di copie vendute in 19 Paesi), da cui è stato tratto il film omonimo del 2013, diretto da Giacomo Campiotti, con Filippo Scicchitano e Luca Argentero; poi, l’anno dopo, Cose che nessuno sa (Mondadori). Collabora con La Stampa, Avvenire, Repubblica Palermo. Tiene il blog Prof 2.0.
• Padre dentista («per questo non ne ho mai avuto paura») e madre che si occupa di scuola ed educazione, ha due fratelli e tre sorelle. Ha frequentato il liceo classico e tra gli insegnanti ha avuto padre Pino Puglisi (1937-1993), il sacerdote ucciso dalla mafia. Poi la laurea in Lettere classiche alla Sapienza di Roma e il dottorato di ricerca in Antropologia del mondo antico all’Università di Siena. Ha cominciato a insegnare alle scuole medie, poi in un liceo romano. Nel 2006 il trasferimento a Milano, dove insegna italiano e latino.
• «(...) Laureato in Lettere antiche, poi si è sorbito due anni di specializzazione in Didattica (“ho imparato come non insegnare, da illustri cattedratici che non hanno mai messo piede in classe”) ricavandoci insieme ad altri 100 mila precari l’abilitazione che dopo 400 ore di tirocinio (“quello sì, utile”) l’ha portato da supplente annuale in un liceo privato di Milano. (...) “Scritto il libro, l’ho fatto girare in classe chiedendo consigli. Per loro un esempio raro di adulto che scrive per passione senza che nessuno lo obblighi, per me un editing attentissimo (…) Ho riscritto un sacco di pagine dove mi scappava di dire cose profonde, la realtà rende profonde le cose superficiali”. Comunque glielo doveva, l’idea era nata in una classe: “(...) Al liceo Dante di Roma, coprivo un’ora buca ed è partito il gioco ‘massacriamo il supplente’. Mi sono giocato tutto parlando di storie, e dopo un po’ un ragazzo racconta di una compagna di classe meravigliosa coi capelli rossi, che in un anno se n’era andata per la leucemia. Mentre parlava il suo volto caotico da adolescente si ricomponeva in un modo adulto”» (Maurizio Bono) [Rep 27/1/2010].
• «È stato presentato come il nuovo Paolo Giordano (...) Bianca come il latte, rosso come il sangue, lanciato da Mondadori (...) doveva diventare il caso letterario del 2010. Tanto che ancora prima che venisse pubblicato già si diceva che forse la Mondadori avrebbe potuto candidarlo al premio Strega e si facevano paragoni (rivelatisi poi alla lettura non troppo calzanti) con La solitudine dei numeri primi. E infatti un caso lo sta diventando, ma per motivi diversi da quelli previsti. L’autore ha raccontato in tutte le interviste di essersi ispirato per questo romanzo a una storia vera, che gli è stata raccontata (...) mentre faceva una supplenza al liceo Dante di Roma, quando uno studente gli parlò del dolore per la scomparsa di una ragazza della stessa scuola, morta l’anno precedente di leucemia. Dopo qualche tempo quello stesso studente gli ha chiesto di raccontare la sua storia, di dare una voce, e un senso, al suo dolore. Lui lo ha fatto. E questo sembra oggi dispiacere alla mamma della ragazza. I suoi primi lettori (ed editor) sono stati proprio gli studenti a cui ha fatto leggere capitoli del libro e che gli hanno dato suggerimenti e consigli. Nella sua biografia D’Avenia si presenta come “uno scrittore e un insegnante perdutamente innamorato della realtà” che “cerca il paradiso impastato nella polvere della vita quotidiana e nel cuore delle persone che incontra” cresciuto in una “famiglia folle” con sei figli (tutti su Facebook, attivissimi nel sostenere il fratello), “dove sembra che ciascuno stia facendo una cosa diversa quando in realtà tutti stanno facendo la stessa cosa come nei film di Frank Capra”. Mentre il 90 per cento di quello che c’è da sapere sulla vita, scrive, l’ha imparato da questa tribù, la passione per l’insegnamento l’ha ereditata probabilmente dalla madre che si occupa di scuola ed educazione (il padre è dentista). Nel libro D’Avenia non parla con la voce del professore che pure c’è ed è un supplente di filosofia, detto il Sognatore (uno che quando entra in classe gli chiedono “perché ha deciso di fare questo mestiere da sfigato”), ma con la voce di Leo, sedicenne complicato come tutti, (…) Una storia commovente ma non disperata, di crescita e formazione, con un grande afflato spirituale che D’Avenia racconta con linguaggio semplice, qualche scivolone nella banalità e nelle frasi da carta dei cioccolatini, ma dimostrando grande fiducia negli adolescenti di oggi, ben lontani dalla rappresentazione edonista che ne ha fatto Moccia (non a caso Avvenire, quotidiano dei vescovi, ha intitolato l’articolo su di lui “Tre metri dentro il cielo”). La figura di Beatrice è ispirata a Irene, studentessa del liceo classico Dante Alighieri di Roma, scomparsa a 15 anni nel maggio 2004. (…) E se all’inizio, almeno a quanto emerge dai post su Facebook, la madre aveva accolto con favore il fatto che la figlia rivivesse in qualche modo nel romanzo, adesso che la macchina del bestseller è partita, rivestendo di una patina di irrealtà questa storia vera e dolorosissima, qualcosa nel rapporto con D’Avenia sembra essersi incrinato» (Cristina Taglietti) [Cds 3/2/2010].
• «Scrivo, faccio sport, guardo film e serie, e curo il mio blog. Tutto il tempo che posso lo dedico agli amici. Mi puoi trovare per le strade della città, in bicicletta, un meraviglioso ferrovecchio nero, che non è una semplice bici, ma un modo di stare al mondo e guardare la realtà. Mi sono fatto crescere la barba, per sembrare più serio» [dal suo blog].