Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 09 Lunedì calendario

Biografia di Franco D’Andrea

• Merano (Bolzano) 8 marzo 1941. Pianista jazz.
• «Uno dei pianisti jazz più creativi ed importanti d’Europa, un musicista che (...) ha suonato con Gato Barbieri, Max Roach, Steve Lacy, Lee Konitz, Dexter Gordon, Don Byas e altri grandi maestri, fondando anche il Perigeo e il Modern Art Trio (...) sempre riservato e schivo (...) Milanese dal 1976, ha ricevuto uno dei riconoscimenti più ambiti e prestigiosi per i musicisti del vecchio continente, il premio come “musicien européen de l’année 2010” conferito dall’Académie du Jazz de France, un’istituzione creata nel 1955 da un gruppo d’intellettuali come Jean Cocteau. È giusto notare che, nel caso di D’Andrea, non si tratta di un premio alla carriera, ma proprio all’artista tuttora vitale ed operativo (...) Madre pianista (...) “Sono un autodidatta totale, mia madre non c’entra. Era arrivata all’ottavo anno di conservatorio, ma non insegnava e suonava la classica solo per diletto. Per me tutto è cominciato quando, per puro caso, sono rimasto folgorato da un disco di Louis Armstrong con le sue All Stars. Ma al pianoforte sono arrivato dopo. Prima ho comprato una cornetta d’occasione, ispirato da Armstrong. Poi sono passato al sax soprano e al contrabbasso. E più tardi, per risolvere problemi armonici, ho scoperto il piano lentamente (...)”» (Giacomo Pellicciotti) [Rep 14/1/2011].
• «Nato a Merano, luogo davvero improbabile per un jazzista, l’8 marzo 1941, anche geograficamente D’Andrea ha seguito un itinerario complesso. Da bambino godeva delle orchestrine tirolesi che suonavano nelle strade: un’esperienza che il pianista paragona alla musica di New Orleans e che ha suscitato il suo entusiasmo per gli strumenti a fiato. “Fino agli anni Ottanta ho cercato di riprodurre sul pianoforte la carica di trombe e clarinetti, di cui sentivo una profonda nostalgia”, spiega. Già al liceo però suona il pianoforte con dilettanti locali; e quando a vent’anni si trasferisce a Bologna per studiare Medicina trova una città piena di musicisti, che gli permettono di approfondire tutte le sue curiosità. Partito dal Dixieland, infatti, il nostro è approdato al jazz moderno (…) Rigoroso e perfezionista (“da piccolo volevo fare lo scienziato”, racconta, “ma non dimentichiamo che anche gli scienziati devono fare i conti con la fantasia e l’intuizione”) si getta nello studio di tutto ciò che gli manca della teoria musicale, solo per scoprire che i jazzisti, nel frattempo, hanno fatto qualche passo in più. Nel 1963 è nella Roma della Dolce vita, ormai convinto che la sua strada è quella del musicista. E subito lo accolgono jazzisti importanti: il trombettista Nunzio Rotondo, il sassofonista argentino Gato Barbieri che sarà per lui come un fratello. Nel 1965, apparentemente, si presenta l’occasione della vita: il celebre sassofonista americano Johnny Griffin gli chiede di entrare nel suo gruppo fisso. Sarebbe la piena visibilità, con dischi e concerti internazionali. Ma ancora una volta D’Andrea spariglia le carte. Si è fidanzato con Marta, una giovane milanese, e sceglie di stare con lei, anzi si trasferisce nella sua città. Alla faccia di tutti i luoghi comuni sui jazzisti dissoluti, egoisti e sfasciafamiglie… I due torneranno a Roma, con i loro due bambini, fra il 1967 e il 1975 (…) Ma poi la scelta definitiva sarà Milano, perché la vita di un musicista integro non è certo facile e Marta ha un lavoro fisso che la soddisfa. I due momenti più popolari nella carriera di D’Andrea risalgono ai primi anni Settanta e hanno ancora legioni di estimatori. Uno è l’ingresso nel gruppo del Perigeo fondato dal contrabbassista Giovanni Tommaso (…) Nel frattempo il pianista ha ritrovato Gato Barbieri, che lo vuole al suo fianco nella colonna sonora di Ultimo tango a Parigi, altra avventura molto gratificante. “Gato era splendido”, ricorda Marta, “e io passavo un sacco di tempo anche con sua moglie Michelle. Peccato che non mi abbia mai invitata quando usciva a pranzo con Marlon Brando...”. Ma, intanto, D’Andrea ha dato anche vita a un gruppo basato sulle proprie idee musicali, il Modern Art Trio con il batterista Franco Tonani e Bruno Tommaso (…) Benché il Modern Art Trio viva una breve stagione, i suoi presupposti costituiranno la base di tutta la musica successiva del suo pianista: l’approdo al piano-solo, avvenuto nel 1980, (…) e i tanti gruppi fra i quali spiccano i due quartetti con sassofono, quello degli anni Ottanta in cui lo strumento è suonato da Tino Tracanna e quello, nato nel 1997 e tuttora attivo, che ai sassofoni vede Ayace Ayassot» (Claudio Sessa) [La Lettura – Cds 13/1/2013].
• Nel dicembre 2013 la rivista Musica Jazz gli ha assegnato il premio Top Jazz 2013 come “Musicista dell’anno”.