4 dicembre 2013
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Biografia di Lorenzo Cola
• 1966. Ex consulente di Finmeccanica, l’8 luglio 2010 fu arrestato con l’accusa di riciclaggio aggravato. «Al manager, consulente personale del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, e della moglie e amministratore delegato di Selex, Marina Grossi, la procura contesta il riciclaggio di sette milioni e mezzo di euro versati dal gruppo di Gennaro Mokbel (coinvolto nella megafrode da due miliardi di euro Fastweb e Telecom Italia Sparkle) per l’acquisto del 51 per cento della società Digint srl» (Sta 24/4/2012). Fu poi condannato a tre anni e quattro mesi.
• «Millantatore o uomo del presidente Pier Francesco Guarguaglini? Professionista in proprio o espressione diretta e braccio in “outsourcing” del secondo gruppo industriale più importante del Paese? (...) Architetto dell’operazione Digint, l’uomo del “sistema” utile a creare provviste nere» (Carlo Bonini) [Rep 11/7/2010].
• «(...) Il calvario di Finmeccanica comincia giovedì 8 luglio, con l’arresto di Lorenzo Cola, ma prosegue venerdì 9 luglio. Quando, alle 14.55, negli uffici della Procura, depone Giuseppe Mongiello (...) responsabile del settore fiscale dello Studio legale tributario, partner di Ernst&Young e come tale incaricato, tra il 2007 e il 2008, di predisporre per conto “del cliente Finmeccanica” l’operazione Digint. “I miei rapporti con Finmeccanica – esordisce Mongiello – sono con il presidente Guarguaglini, con il responsabile delle comunicazioni Borgogni, con il responsabile del settore fiscale Correale. Ho conosciuto Lorenzo Cola a metà del 2006 e mi venne presentato da Guarguaglini o da persona a lui vicina come ‘consulente esterno’. Posso dire però con tranquillità che, successivamente, ho incontrato varie volte Cola in Finmeccanica con Guarguaglini e ho avuto la conferma dei rapporti molto stretti tra i due. Posso qualificare Cola se non come ‘il braccio destro’ di Guarguaglini, sicuramente come uomo di sua fiducia”. Cola, dunque, non è esattamente uno dei tanti consulenti, come l’azienda ha maldestramente provato ad accreditare (...) Cola “è Finmeccanica”. E anche qualcosa di più. “Cola – ricorda Mongiello – mi disse che Finmeccanica era intenzionata a rilevare una tecnologia di avanguardia per la protezione da intrusioni informatiche di cui era in possesso la società Ikon. Ma con modalità riservate. (...)”. Se Mongiello ha ragione, Cola è dunque, insieme, braccio di Finmeccanica e ventriloquo del Sismi. È un fatto che l’operazione Digint, la sua architettura societaria, con la costituzione della fiduciaria lussemburghese (la Financial Lincoln) che controlla le quote di Digint, non incontra un solo ostacolo nei vertici dell’azienda» (Rep 17/7/2010).
• «Dopo i giorni della “paura” (in luglio) e quelli dell’apparente letargo (in agosto e settembre), qualcosa riprende a muoversi nell’inchiesta della procura di Roma sui fondi neri di Finmeccanica. Accusato di riciclaggio e arrivato al quarto mese di detenzione, Lorenzo Cola, il “facilitatore” del Gruppo, l’uomo che ha incassato sui propri conti svizzeri gli 8 milioni della provvista con cui la “Banda Mokbel” mise le mani sulla Digint, società partecipata da Finmeccanica, comincia a parlare. (…) Nel carcere di di Regina Coeli, alla presenza dei suoi avvocati Franco Coppi e Ottavio Marotta, (…) Cola ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dei sostituti Giovanni Bombardieri e Rodolfo Sabelli, cui ha per altro consegnato un “memoriale” cui ha lavorato in cella per oltre un mese. (…) È un fatto che con la rinuncia a tacere, Cola è a un passaggio cruciale. Decidere, nel dare conto delle sue provvigioni milionarie, se afferrarsi o meno al vertice di Finmeccanica, di cui è stato una protesi, pur di rimontare il pozzo in cui è sprofondato. E in questa chiave, il suo interrogatorio suona anche come un tentativo di sondare fino a che punto il presidente della società Pierfrancesco Guarguaglini, come anche il suo potente e onnipresente capo delle relazioni esterne, Lorenzo Borgogni, abbiano intenzione di continuare a sostenerlo. Tanto più che il loro destino processuale è legato anche e innanzitutto ai segreti che Cola custodisce. Sulla vicenda Digint, ovviamente, ma anche e soprattutto sulle commesse della Selex, la controllata di Finmeccanica, di cui Marina Grossi, moglie di Guarguaglini, è amministratrice e di cui Cola è stato assai più che un semplice “consulente”. (…) L’orizzonte dell’indagine si è allargato ad Enav, alle fatturazioni della Selex. Decisiva, ancora una volta, la collaborazione di Marco Iannilli (anche lui indagato per Digint), che di Cola è stato il “commercialista”, lo “spallone”, e persino il domestico (tra le sue incombenze era anche quella di sfamare i cani del “principale” nei suoi periodi di assenza). Interrogato nuovamente tre settimane fa, Marco Iannilli ha infatti aperto nuovi squarci sul sistema di relazioni di Cola in Finmeccanica ed Enav, sull’uso dei compensi per le sue consulenze. Iannilli ha confermato l’esistenza di un rapporto simbiotico tra Cola e Guarguaglini e la paranoia con cui i due proteggevano le loro comunicazioni. “Cola – ha detto – aveva un cellulare dedicato alle sole conversazioni con il presidente di Finmeccanica”. E, nel ribadire come Enav fosse il granaio della società Selex (da Enav dipende l’80 per cento del fatturato nel settore civile di Selex), ha spiegato come quella società fosse “zona di affari” di “esclusiva competenza di Cola”, quasi ne fosse l’amministratore di fatto (…)» (Carlo Bonini) [Rep 18/10/2010].
• «Profilo basso, proprietario di una Smart, appassionato di Rolex (Mokbel racconta di averlo visto con un Paul Newman d’oro), Cola parla solo con Guarguaglini e con Borgogni, perché “il livello manageriale generale non era a mia opinione molto alto”. Il suo parere era chiesto di continuo» (Lirio Abbate ed Emiliano Fittipaldi) [Esp 1/12/2011].
• Nel luglio del 2013 è indagato nell’inchiesta che portò all’arresto di Marco Iannilli e di altre nove persone in relazione al crac dell’Arc Trade srl, «deliberatamente portata al fallimento – secondo la Guardia di finanza – attraverso un progressivo prosciugamento delle sue risorse finanziarie, impiegate per pagare false fatture emesse da società compiacenti per importi ingentissimi, circa 14 milioni di euro, tanto da determinarne un irreversibile stato di insolvenza e la conseguente bancarotta» (Tmp.it 10/7/2013).