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 2013  novembre 27 Mercoledì calendario

Biografia di Ilaria Capua

• Roma 21 aprile 1966. Virologa. Politico. Deputato dal 2013 (Scelta civica per l’Italia). Vicepresidente della commissione Cultura di Montecitorio. Laurea in Veterinaria a Perugia, specializzazione all’Università di Pisa e dottorato di ricerca a Padova. Ex direttrice del laboratorio di riferimento della Fao e dell’Oie sull’aviaria presso l’Istituto zooprofilattico delle Venezie di Padova, il 16 febbraio 2006 isolò il virus H5N1 del primo focolaio africano, in Nigeria, e decise di rendere pubblici e condivisibili i risultati dei suoi studi. È stata inserita tra i cinquanta scienziati più importanti del mondo secondo la rivista Scientific American. Nel 2009 protagonista dell’identificazione del virus che in Messico e Stati Uniti aveva causato l’epidemia di influenza suina. Nel 2011 è stata la prima donna e la prima sotto i sessant’anni a vincere il Penn Vet World Leadership Award, il più prestigioso premio nel settore della medicina veterinaria.
• «Qualche anno fa s’impose isolando coi suoi collaboratori, primo fra tutti Giovanni Cattoli, il primo virus africano H5N1, la nasty beast (brutta bestia, secondo la definizione di Nature) dell’influenza aviaria umana. Quella nuova forma di peste che, se infetta qualcuno, la maggior parte delle volte lo ammazza. Ciò che la rese celeberrima fu tuttavia il passo successivo. Cioè la risposta che diede all’alto funzionario dell’Oms che l’aveva chiamata per chiederle di mettere tutto ciò che sapeva in un database privato del quale avrebbe avuto una delle 15 password d’accesso. Quella scelta di condividere la scoperta in una cerchia ristretta poteva significare fama, finanziamenti, prestigio, soldi. Ma lei, come ricorda nel libro recentissimo I virus non aspettano (Marsilio) decise di rifiutare quell’occasione di entrare in un cenacolo di eletti: “Ero assolutamente basita. Intimidita e scandalizzata al tempo stesso. (…) Era assolutamente indispensabile che le forze si unissero e quindi dare l’informazione soltanto a quindici laboratori mi sembrava insensato”. E così mise la sua scoperta su “GenBank”, a disposizione di tutti. Guadagnandosi “lettere di sostegno da tutto il mondo, un servizio su Science, un hip hip urrà da Nature, un’intervista in doppia pagina con ritratto dal Wall Street Journal, un editoriale sul New York Times. Ma anche una valanga di critiche dure e taglienti dai colleghi che appartenevano al gruppo dei quindici laboratori afferenti al database privato”. Li lesse anche Kofi Annan, quegli articoli. E volle capire com’era andata perché gli pareva impossibile che scoperte in grado di salvare la vita alle persone potessero venire egoisticamente tenute nascoste. E si mise in moto un meccanismo che ha portato nel tempo a una maggiore trasparenza e condivisione delle informazioni utili a tutti» (Gian Antonio Stella) [Cds 15/11/2012].
• «Considerata una delle “cinque menti rivoluzionarie del pianeta” dalla rivista specializzata Seed, gratificata dai consensi incondizionati di Nature e del New York Times» (Massimo Di Forti) [Mes 11/1/2010].
• Sposata con Richard, scozzese. Si sono conosciuti in aeroporto a Francoforte. Hanno una figlia.
• È cugina di Roberta Capua.
• «Quando dico “zooprofilattico”, mi chiedono se facciamo preservativi per gli elefanti» (a Stefano Lorenzetto) [Grn 9/12/2012].
• «Nata a Roma, la piccola Ilaria entrò subito in confidenza con gli animali, perché il padre Carlo, avvocato, teneva sempre per casa cinque o sei cani da caccia e almeno due gatti. Oggi può tirare il fiato: l’unico da accudire è Polpy, il criceto di sua figlia. Nella capitale ha frequentato la St.George’s british international school, dov’era in classe con Alessandro Gassman, futuro attore; Andrea Guerra, futuro amministratore delegato di Luxottica; e Natalia Augias, futura giornalista del Tg1: “La terza era la più secchiona. Io studiavo, ma senza ammazzarmi. Mi sono riscattata all’università. Una fatica da morire”. (…) Quella volta che, nel bel mezzo di un vertice con funzionari ministeriali e insigni cattedratici, un alto papavero le sibilò all’orecchio, a voce neanche troppo bassa: “Non mi ricordavo che avessi questo bel paio di tette”, e lei replicò: “Non ti do una gomitata in bocca perché sono una persona educata”. Più imbarazzante dell’infortunio occorsole a Bamako, nel Mali, quando da un computer degli organizzatori africani partì, anziché la sua presentazione sulla diagnostica di laboratorio, un film porno: “Con audio sparato a palla. Su maxischermo”» [Lorenzetto, cit.].