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 2013  novembre 23 Sabato calendario

Genova è nel caos per via di quattro giorni di sciopero dei mezzi pubblici, una battaglia uscita ormai dall’ambito locale e divenuta nazionale

Genova è nel caos per via di quattro giorni di sciopero dei mezzi pubblici, una battaglia uscita ormai dall’ambito locale e divenuta nazionale. Sono arrivati a Genova i sindacalisti di Roma e la questione, martedì prossimo, verrà affrontata a un tavolo governativo presieduto, per conto di Enrico Letta e di Maurizio Lupi, dal sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti, Erasmo De Angelis. Questo sottosegretario, ieri, ha rilasciato una dichiarazione generica, dalla quale non è possibile capire le intenzioni del governo, e la cui parte più interessante consiste nel riconoscimento che esiste un problema del settore «non solo a Genova»: in «troppe città il servizio è al collasso da anni», con l’aggiunta che le aziende costruttrici di autobus (tipo Irisbus e Breda Menarini) sono a loro volta sull’orlo dell’abisso perché i comuni non hanno soldi per rinnovare il parco macchine, cioè non comprano nuovi mezzi.

Quanto è vecchio il parco macchine?
A Genova 14 anni. La questione del parco macchine pesa su tutte le città. A Milano, l’assessore alle Finanze Francesca Balzani (tra l’altro, è una genovese) si farà finanziare l’acquisto di mezzi ecologici che abbatteranno il costo della manutenzione (progetto Erika). Proprio i risparmi su questo costo consentiranno di pagarsi i nuovi mezzi. A Genova e nella maggior parte delle altre città, però, siamo ancora lontani da queste finezze.  

Perché, qual è il problema a Genova?
L’anno scorso l’azienda ha perso 12 milioni di euro. Si sono dunque introdotti i contratti di solidarietà, grazie ai quali si sono risparmiati circa otto milioni. Così, quest’anno, il bilancio dell’Atm (anche a Genova l’azienda municipale dei trasporti si chiama così) chiuderà più o meno in pareggio. Il problema è l’anno prossimo... Anzi, i problemi sono due: cosa fare l’anno prossimo, dato che i lavoratori non vogliono assolutamente prolungare i loro sacrifici, cioè non vogliono un altro anno a salario ridotto; cosa fare dell’azienda, condannata irrimediabilemte a perdere soldi, data la sua struttura di costi e di ricavi. I soldi che arrivano da Roma, i cosiddetti "trasferimenti", sono sempre di meno, perché Roma, a sua volta, non ha denari e non li avrà finché non avrà rivisto (prima di tutto, ma non solo) la propria struttura di costi, in questo momento in mano all’uomo nuovo Carlo Cottarelli. Amt ha bruciato negli ultimi anni 600 milioni. Uno studio dell’Istituo Bruno Leoni mostra che la municipalizzata genovese dei trasporti ha costi unitari doppi rispetto alla media delle altre società liguri. L’azienda è tecnicamente fallita: il sindaco Doria si è affidato ai tecnici di Meliorbanca (divisione specialistica della Banca popolare dell’Emilia Romagna) per avere un parere spassionato sulla situazione. E Meliorbanca ha prodotto un dossier di 200 pagine la cui conclusione è perentoria: cedere tutto ai privati e lasciare ai privati mano assolutamente libera.  

Quale privato può essere interessato a comprarsi una municipalizzata tecnicamente fallita?
L’unico sembrerebbe Busitalia, società al cento per cento delle Ferrovie dello Stato. Dunque, un privato per modo di dire. Moretti, il capo di Trenitalia, ha già comprato l’azienda dei trasporti fiorentina, pagando a Renzi tre milioni e mezzo. Renzi, invitato a Genova a spiegare la sua logica, ha preferito non presentarsi. È andato invece a parlare ai lavoratori di Genova il sindacalista fiorentino Alessandro Nannini. Tra i fiorentini e le Ferrovie è in corso uno scontro perché Moretti ha denunciato i vecchi patti integrativi, cioè vuole pagare stipendi più bassi.  

Sembrerebbero beghe squisitamente locali. Magari grosse, ma locali...
Non troppo locali. Nel guazzabuglio della finanzia locale, le municipalizzate producono otto miliardi di perdite. Sono soldi nostri e speriamo che non siano di più. La municipalizzata è un’azienda posseduta in tutto o in parte dal Comune, governata quindi dagli uomini politici del Comune, i quali la adoperano come assumificio, lei avrà ormai chiaro che, cadute le grandi ideologie degli anni Sessanta-Settanta, il consenso si compra e la via più immediata per comprarlo è, appunto, assumere gente e distribuire le cariche dirigenziali ai ras del posto, a loro volta portatori di voti per via di altre pratiche di sottogoverno, magari minime ma redditizie. La somma di tutto questo fa dell’Italia il paese infame che è. Il governo, a settembre, aveva annunciato un decreto legge sulle partecipate, ma dopo non se ne è più parlato. Si tratta di metter mano ai poteri delle tribù, e il governo Letta non è politicamente abbastanza forte.  

Quanti sono i dipendenti della Atm di Genova?
Duemila e trecento. Qualche giorno fa hanno dato l’assalto a Palazzo Tursi, dove si discuteva, a porte chiuse, di queste faccende. Ieri è apparso Beppe Grillo, gridando che i beni pubblici non si vendono e dimenticando che nel suo programma, relativamente alle municipalizzate, ha scritto che o sono interamente pubbliche o interamente private. Un elemento politico interessante è che tutti i protagonisti di questo affare sono a sinistra: Doria è un sindaco di Sel, il governatore della Regione è il piddino Burlando, il lato fiorentino della questione ha come protagonista il prossimo segretario democratico Matteo Renzi, a Milano (mezzo miliardo di buco) c’è Pisapia... Sarà difficile, stavolta, dare la colpa a Berlusconi.