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 2013  novembre 22 Venerdì calendario

Il cronista Walter Cronkite, a quell’epoca una celebrità, si affacciò dai piccoli schermi di tutte le case americane e pronunciò le seguenti parole: «Da Dallas, Texas, un flash apparentemente ufficiale: il presidente Kennedy è morto all’1 p

Il cronista Walter Cronkite, a quell’epoca una celebrità, si affacciò dai piccoli schermi di tutte le case americane e pronunciò le seguenti parole: «Da Dallas, Texas, un flash apparentemente ufficiale: il presidente Kennedy è morto all’1 p.m. ora centrale del continente, le due sulla East Coast, circa 38 minuti fa». Negli studi della Cbs, da cui Cronkite parlava, gli orologi segnavano infatti le 13.38. Era il 22 novembre del 1963. Cinquant’anni fa.

La questione è soprattutto questa: come mai, mezzo secolo dopo, se ne parla ancora con tanta passione?
Molte ragioni. Intanto, il delitto: una morte spettacolare, vista da tutto il mondo, il presidente che passa tra una folla sobriamente festante, il presidente che agita la mano in segno di saluto, il presidente che sorride in una magnifica giornata di sole accanto l’adorata mogliettina in abito rosa, e all’improvviso questo ritratto della felicità anche domestica si interrompe perché il giovane uomo più potente del mondo solleva i gomiti e si porta le mani alla gola (prima pallottola), poi qualcosa lo ributta in avanti (seconda pallottola, alla schiena), infine la testa ha due rapidi movimenti, prima in avanti (terza pallottola), poi all’indietro di scatto, ed è la quarta pallottola, quella che gli fa esplodere il cranio e sparpaglia tutto intorno frammenti di cervello e un pezzo di calotta cranica. La signora in rosa – la celebre Jacqueline, che poi andrà sposa a Onassis – s’è intanto arrampicata sul bagagliaio per soccorrere il suo uomo, gridando «Dio mio no, hanno colpito mio marito» e un uomo dei servizi di sicurezza, l’agente Clint Hill, la ributta sui sedili e le intima di star giù, perché non è detto che lo sparatore o gli sparatori abbiano finito. Jacqueline riuscirà a piangere solo un’ora e mezza dopo, sull’Air Force One su cui era stata caricata la bara. Scoppierà in lacrime sentendo Lyndon B. Johnson, fino a due ore prima quasi ignoto vicepresidente, dire davanti a 27 persone: «Giuro solennemente che eserciterò con fedeltà la carica di presidente degli Stati Uniti».

Non è solo per il delitto che se ne parla ancora.
Il fatto è che oltre al «delitto Kennedy» esiste il «mistero Kennedy», cioè il mistero del perché e del percome di quella morte. L’assassino, Lee Harvey Oswald, 24 anni, amico dei sovietici e dei cubani, venne catturato in un’ora e mezza, ma fu a sua volta ammazzato trentasei ore dopo da Jack Ruby, 53 anni, ex barista, ex pugile, ex sindacalista mezzo malavitoso e mezzo informatore della polizia, il quale disse sempre di aver sparato in pancia a Oswald per vendicare il presidente e solo una volta, subito dopo la condanna a morte, si lasciò sfuggire la frase: «II mondo non saprà mai i veri motivi di quel che è successo: quelli a cui è convenuto mettermi in questa situazione non lasceranno che le cose vengano a galla». La commissione Warren, incaricata di indagare, zeppa di avvocati e uomini politici, partorì in dieci mesi un documento finale a cui nessuno credette. I colpi sarebbero stati solo tre, mentre il filmato amatoriale del sarto Abraham Zapruder mostra che non possono essere stati meno di quattro. A sparare sarebbe stato un uomo solo (Oswald, appunto) mentre è impossibile ricaricare un Manlicher Carcano, il fucile di Oswald, nei 2,3 secondi che passarono tra il primo e il secondo proiettile. Questo per dire dei due buchi più clamorosi di quell’inchiesta .

Perché avrebbero nascosto la verità?
L’ultima teoria è che i mandanti fossero i cubani. Il depistaggio fu organizzato a fin di bene, cioè per impedire che gli Stati Uniti fossero costretti a intervenire contro Castro e, di conseguenza, contro l’Unione Sovietica. Si sarebbe scatenata la terza guerra mondiale. Potrebbe anche essere andata in questo modo.
  
Che cos’altro rende Kennedy un mito?
La storia della sua famiglia, perennemente immersa nella tragedia. Il padre, Joe, quasi malavitoso, che s’arricchisce col traffico d’alcol, simpatizza per i nazisti, si porta a casa le amanti, allunga le mani anche su Jacqueline, prima che John la impalmi. Il figlio John John morto giovane in un incidente aereo. Il fratello Bob, ammazzato anche lui in un agguato. L’altro fratello Ted e la storia della segretaria morta annegata con lui alla guida. E poi gli amori: John – bello ed elegante – si portava a letto tutte le donne che gli capitavano a tiro. Marlene Dietrich, ricevuta in grazia della sua fama, racconta di aver trovato la camera da letto già pronta.

Un presidente sopravvalutato?
Oggi si tende a demolirlo. Io non so. È innegabile che con Kennedy si entra in un’età moderna, impensabile nei primi anni Cinquanta. Kennedy di là e papa Giovanni di qua. Pure quel minimo di apertura dovuta al centrosinistra non ci sarebbe stata senza il Concilio e senza Kennedy.