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 2013  novembre 15 Venerdì calendario

Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, è andato a dire al parlamento che i conti dell’istituto possono dare un «segnale di non totale tranquillità» e s’è naturalmente scatenata una specie di putiferio: allora l’Inps può fallire? allora le pensioni sono in pericolo?• Queste sono le domande che le faccio io

Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, è andato a dire al parlamento che i conti dell’istituto possono dare un «segnale di non totale tranquillità» e s’è naturalmente scatenata una specie di putiferio: allora l’Inps può fallire? allora le pensioni sono in pericolo?

Queste sono le domande che le faccio io.
Direi di ricostruire la cosa dall’inizio. Esiste una commissione bicamerale (cioè ne fanno parte sia deputati che senatori) che si chiama “Commissione bicamerale per il Controllo degli enti previdenziali”. Ieri la Commissione aveva appuntamento con Antonio Mastrapasqua, il presidente dell’Inps. Mastrapasqua ha detto di aver scritto una lettera ai ministri Saccomanni e Giovannini in cui invita i due a «una seria riflessione» sul bilancio dell’istituto «essendo il disavanzo patrimoniale ed economico qualcosa che, visto dall’esterno, può dare segnale di non totale tranquillità».  

Che significa «visto dall’esterno»?
Beh, l’«esterno» siamo noi, cittadini qualunque. Passiamo davanti all’Inps e vediamo un buco di nove miliardi. Essendo esterni, e dunque ignari delle finezze intellettuali che stanno dietro a quel buco, potremmo allarmarci. Infatti, da ignoranti quali siamo, ci allarmiamo. E di fronte al nostro allarme, il ministro Saccomanni esce fuori dal suo ufficio e, dandoci una pacca sulla spalla, ci rassicura: «Ma no, è solo un problema tecnico».  

• Questo ci rassicura? Che significa “problema tecnico”?
Il ministro ha effettivamente pronunciato le due parole fatidiche: «problema tecnico». Credo di poter offrire un’interpretazione plausibile a queste due parole abusate (anche il tecnico di Sky, quando non riesco a vedere la partita, mi dice che «è un problema tecnico»). “Problema tecnico” significa che il buco di nove miliardi è scritto nel bilancio, ma si sa che i bilanci sono astrazioni. Il buco c’è, ma questo non vuol dire che i soldi mancheranno. Niente paura, con le pensioni non si scherza.  

È così?
Fino a un certo punto. L’Inps qualche problema di cassa deve avercelo perché, ad esempio, sta pagando con enorme ritardo la cassa integrazione in deroga. A Cosenza, gli operai in cassa integrazione e che non vedono l’assegno da una decina di mesi, si sono arrampicati sul tetto del palazzo dell’Inps e sono scesi solo quando gli è stato promesso che almeno tre mesi gli sarebbero stati saldati al più presto. La cassa integrazione in deroga è quella che si dà quando la cassa integrazione normale è finita oppure a chi tecnicamente alla cassa integrazione non avrebbe diritto. È un istituto tipicamente italiano per le sue assurdità. Prima assurdità: la cassa integrazione dovrebbe servire a far superare un periodo di crisi, al termine del quale i lavoratori rientrano normalmente in azienda; invece la cassa integrazione in deroga, con soldi che l’Inps prende dalla fiscalità generale (cioè direttamente dalle nostre tasche), va quasi sempre ad aziende senza speranza. Finito il periodo i lavoratori vengono licenziati. Non sarebbe meglio, allora, aiutare i lavoratori col sussidio di disoccupazione da 12 o 18 mesi? Ma, se si accettasse questo, (seconda assurdità) i sindacati non avrebbero il ruolo centrale che la cassa gli riconosce. Se il sindacato non firma, la cassa non si eroga. E, terza assurdità: l’istituzione davanti a cui firmano sindacati e padroni è la Regione, che però poi non sborserà un euro, perché la cassa è erogata dallo Stato. Questo buco sarebbe adesso di un miliardo (da aggiungere ai nove) e terrebbe in sofferenza 400 mila persone. Tre volte in più dei famosi esodati (sulla cui esistenza parecchi cominciano a dubitare).  

Ma come ha fatto l’Inps a ridursi così?
Quando una cassa andava in crisi, la accorpavano all’Inps. L’Istituto s’è dovuto pappare nel corso degli ultimi anni i seguenti bocconi indigesti: il fondo trasporti con un miliardo di perdite; la gestione artigiani (buco da 5,6 miliardi); la gestione coltivatori diretti (5,5 miliardi); la cassa degli ex lavoratori elettrici (1,9 miliardi); l’ex fondo telefonici (1,2 miliardi); l’Inpdai (3,7 miliardi). Infine l’Inpdap, cioè la cassa dei dipendenti pubblici, fusa con l’Inps da Monti per realizzare risparmi. L’Inpdap aveva un buco di bilancio di 7,6 miliardi e un patrimonio negativo di 23. Ecco spiegato il mistero. Ma, con questo, mi ostino a non credere che le pensioni corrano qualche rischio. I risparmi di gestione, nei prossimi anni, ci saranno davvero (vedi tabella). Solo che qualcuno dice che il buco di 9 miliardi è sottostimato. E in ogni caso, prima dei risparmi, l’istituto perderà dieci miliardi ancora nel 2014 e altri dieci nel 2015.