14 novembre 2013
Tags : Gianni Aringoli
Biografia di Gianni Aringoli
• Roma 1949 – 2012. Avvocato. Editore. Dal 2009 proprietario degli Editori Riuniti. Già patron del Premio Capalbio, nel 2009 ingaggiò una dura battaglia con la Fondazione Bottari Lattes per aggiudicarsi i marchi e le manifestazioni del vecchio Grinzane Cavour (sospetti, respinti, che facesse da paravento per il rientro in gioco di Giuliano Soria).
• «Un romano della generazione di Paolo Mieli e Paolo Franchi, suoi compagni di scuola al liceo Tasso (...) Avvocato (per la precisione “giurista d’impresa nel campo sociale”), Aringoli è figlio di un imprenditore marchigiano, padre di due figli rifondaroli e genero di Irina Alberti – paladina dei dissidenti russi in tempi in cui ben pochi si dicevano solidali con i dissidenti russi. A un certo punto degli anni Settanta, Aringoli ha assistito, in un teatro di Milano, a una scena mai più dimenticata: “C’erano sul palco mia moglie e Sakharov, e il pubblico urlava ‘fascisti’”. Da allora l’opera di collegamento con la dissidenza nell’Europa dell’est si è fatta intensa. Nel 1979 Aringoli ha portato in Italia il film L’uomo di marmo del polacco Andrzej Wajda, storia antistaliniana di acciaierie, operai coraggiosi, processi e riabilitazioni (“era un duro attacco al comunismo storico”, racconta Aringoli, “e lo distribuimmo con grande rilievo mediatico, organizzando un incontro tra Wajda e i dirigenti del Pci di allora: c’erano Pajetta, Reichlin e Macaluso”). Della suocera Irina, Aringoli ricorda “l’attività di consigliera per l’est di papa Wojtyla”. Di sé ricorda invece lo “sforzo per tenere i contatti con Sakharov e Solgenitsin e l’impegno nella gestione del tessuto informativo di appoggio durante il colpo di stato in Russia del 1991: ci fu anche una diretta telefonica a più voci tra la vedova Sakarov, alcuni esponenti della resistenza e Bettino Craxi – che in quel momento era ad Hammamet, in vacanza e non in esilio”. A un primo sguardo e a un primo ascolto, Aringoli fa però venire in mente, più che un esperto di est comunista, uno stropicciato corrispondente inglese di stanza in Vietnam. Il suo ufficio romano facilita il paragone: ventilatori a pala lenta, faldoni ammuffiti, tavoli in legno chiaro e scuro, libri ammassati, rumori di famiglie e stoviglie che salgono dalla finestra aperta, un ascensore cigolante non toccato dalla modernità (...) Il resto lo fa Aringoli con le sue pause lunghissime, la bionda pinguedine, l’aria sdrucita, gli occhi socchiusi, il tono nostalgico, i pantaloni corti. (...) Proverbiale fama di pagatore ritardatario, fama che, messa a confronto con l’idea che Aringoli ha della sua gestione del Premio (“a Capalbio spendiamo poco e ci teniamo lontani dagli sponsor”), fa dire a un osservatore romano della vita culturale maremmana: “Te credo che spende poco, aspetta che paghino prima gli altri”» (Marianna Rizzini) [Fog 8/8/2009].