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 2013  novembre 14 Giovedì calendario

Fa sensazione il fatto che qualcuno, ieri, si sia comprato un’opera d’arte per 142,4 milioni di dollari

Fa sensazione il fatto che qualcuno, ieri, si sia comprato un’opera d’arte per 142,4 milioni di dollari. È il prezzo più alto che si sia stato pagato nella storia per un dipinto, e sia pure – stavolta – per un dipinto in tre parti, un trittico.

Di che stiamo parlando?
Dei Tre studi di Lucian Freud realizzati da Francis Bacon nel 1969. Lucian Freud era un nipote del Freud inventore della psicoanalisi, era un grande pittore del deforme (donne brutte, degradate, uomini dai visi attraversati da rughe, disgusto generale, decadenza fino alla decomposizione...). Bacon è un altro pittore, immenso, anche lui cantore del degrado. Pensi che si ispirava volentieri ai quarti di bue appesi ai ganci delle macellerie. Beh, Bacon, che ritraeva volentieri Lucien Freud e se ne faceva ritrarre, realizzò questo trittico nel 1969 - il secondo trittico della sua vita - chiudendo la figura centrale in una gabbia e facendola agitare su una sedia di legno. Lo sfondo è di un tenue arancio (persino troppo tenue per quello che faceva Bacon in genere), si intravede la testata di un letto... Ma perché le racconto tutto questo? Quello che conta, come sempre più nell’arte moderna, è il prezzo. Prezzo record: 142,4 milioni di dollari, cioè, in vecchie lire, 250 miliardi. L’hanno battuto all’asta che Christie’s ha tenuto ieri a New York. Il record precedente era di Edward Munch, il famoso L’urlo (una delle quattro versioni). Il record ancora precedente, 106 milioni, era di un Picasso. Orange, red, yellow di Rothko, a un’asta di Christies, aveva spuntato 86,9 milioni di dollari. Questi 86,9 milioni di dollari sono stati pagati l’anno scorso, quando già c’era la crisi.  

È questo che rende la storia di Freud e Bacon il fatto del giorno? Il paragone tra queste somme spropositate, sborsate da non si sa chi. E la crisi?
Proprio così. Perché, se andiamo a vedere, mentre le cronache ci parlano di continuo di fabbriche che chiudono, di disoccupazione, di recessione, di suicidi e quant’altro, da altre fonti apprendiamo che il mercato delle pellicce e dei beni di lusso tira come non mai e che quando c’è da metter mano al portafogli per spendere delle vere e proprie fortune in beni voluttuari c’è un sacco di gente che si fa avanti e «può».  

Non potrebbe essere che questa del Trittico sia una storia isolata, un caso unico?
No, le fornisco una lista parziale di altri acquisit-bomba, perfezionati proprio in questo periodo di sofferenze. Onement VI e Onement V di Barnett Newman a maggio hanno spuntato 43,8 e 22,4 milioni. Un tizio a Hong Kong s’è portato a casa un diamante bianco a forma di uovo (118 carati) per 30,8 milioni di dollari. Sempre a maggio, il gioielliere americano Harry Winston ha battuto tutti offrendo 27 milioni per un diamante incolore a forma di pera di 101 carati. C’è poi il diamante dell’arciduca Giuseppe Augusto d’Austria e il Beau Sancy del 1570, battuti anche loro lo scorso novembre a Ginevra a prezzi folli. E vogliamo parlare degli orologi? Ieri Christie’s ha aggiudicato a un anonimo il Patek Philippe del 1957 (quadrante in oro rosa) per 2,2 milioni di dollari. Nell’ultimo anno sono stati anche venduti, sempre a milioni di dollari, il Rolex del 1947 split-seconds con 17 rubini (ne esistono solo otto esemplari sui 12 realizzati a suo tempi) e il cronografo rattrappante con calendario perpetuo e fasi lunari, realizzato in titanio. Devo continuare?  

• Si tratta di casi internazionali. Gli stranieri sono più ricchi di noi. Da noi robe simili sono impensabili.
Beh, c’è il Global Wealth Report del Credit Suisse che ci dice qualcosa di diverso. Mentre il numero delle nostre imprese fallite è uguale 12.463 (34 al giorno), il numero dei disoccupati è aumentato di 507 mila unità, il Pil è sceso del 2,4%, mentre accadeva tutto questo siamo passati dal milione e 412 mila milionari della fine del 2011 al milione e 529 mila milionari della fine del 2012. Ci sono cioè 127 mila italiani che non erano ancora milionari nel 2011 e che lo sono diventati nel 2012.  

Cioè la crisi ha scavato un solco ancora più profondo tra chi sta su e chi sta giù.
Esatto. La spiegazione potrebbe essere questa: grazie alla grande massa di liquidità che americani e giapponesi hanno rovesciato sul mondo, i valori dei titoli e delle obbligazioni sono cresciute, tra il 2011 e il 2012, dell’8-9%. Chi aveva in cassa questa roba, ha guadagnato bene. Cioè la finanza, in definitiva, ha sconfitto l’economia. Proprio ieri abbiamo visto che alle banche – per esempio – conviene comprare titoli del debito pubblico invece che prestare soldi agli imprenditori: ci guadagnano uno 0,5% in più, e senza rischi. Come si può portare l’economia a vincere sulla finanza? Questo sarebbe il compito della politica. Se la politica non sprecasse tutto il tempo che ha in altre cose.