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 2013  novembre 13 Mercoledì calendario

Oggi un articolo pieno di numeri, perché sono arrivati due rapporti, uno di Moody’s e l’altro di Bankitalia, piuttosto ottimisti sul nostro futuro, e dunque vale la pena di stare a sentire

Oggi un articolo pieno di numeri, perché sono arrivati due rapporti, uno di Moody’s e l’altro di Bankitalia, piuttosto ottimisti sul nostro futuro, e dunque vale la pena di stare a sentire.

Come fanno a essere ottimisti?
Le riferisco quello che dicono. Moody’s - cioè una delle tre grandi agenzie di rating che ogni tanto fanno sapere a noi e magari anche a qualche altro stato europeo che il nostro indebitamento è sempre meno credibile, i famosi rating vengono presi a mazzolate, quindi i nostri creditori pretendono interessi più alti eccetera - bene, quella stessa Moody’s adesso se ne esce con un rapporto in cui, non si dice che vede rosa, ma certo vede meno nero del solito. Ecco qua: il Pil italiano - dicono gli americani - tornerà ad aumentare nel 2014. Le previsioni al momento sono che dopo un calo del Prodotto fra -2 e -1% nel 2013, il nostro Pil crescerà nel 2014 con un ritmo compreso tra lo zero e il +1%. Perché queste previsioni ci sembrano buone? Perché ad agosto la stessa agenzia  prevedeva un Pil 2014 compreso tra -0,5 e +0,5. Quindi, a questo punto, allegria. Il documento di Moody’s è intitolato Global Macro Outlook. Bankitalia è più o meno sulla stessa linea. Il documento si chiama Rapporto sulla stabilità finanziaria. Dice che la ripresa dell’economia italiana è dietro l’angolo, vi sono «segnali qualitativi del miglioramento del quadro macroeconomico», l’attività produttiva non cala più, i conti con l’estero vanno meglio, i rischi connessi all’indebitamento sono minori, lo spread tra Btp e Bund è basso (ieri era a 235), gli stranieri hanno ricominciato a comprare i nostri titoli.  

• Questo è ovvio, altrimenti lo spread sarebbe più alto. Dobbiamo crederci?

Abbiamo il diritto a crederci, ma il dovere di tenere i piedi ben piantati per terra.  

•  Anche il nostro premier Letta l’altro giorno s’è detto sicuro della ripresa, e ha aggiunto: giudicatemi alla fine del 2014.
Il fatto è che a questi auspici generalmente positivi, si accompagnano, da parte delle stesse fonti, indici per niente incoraggianti. Per esempio, Moody’s si affretta a precisare che i dati migliorati non significano una ripresa dell’occupazione. Bankitalia, poi, quando passa ai dettagli, ci dice quanto segue. Banche: nel primo semestre del 2013 la redditività dei 34 principali gruppi bancari italiani è scesa all’1,2% (l’anno scorso era all’1,9). La domanda delle imprese è ancora debole, e alle banche conviene comunque di più investire in titoli di stato, cioè fare finanza, piuttosto che in un sostegno all’economia. Se la liquidità che gli arriva dalla Bce viene girata alle imprese rende il 2%, se compra il nostro debito rende il 2,5%. Aziende: è scesa pure la redditività delle aziende, Bankitalia ci mette le cifre e le percentuali, che io le risparmio chiedendole di credermi sulla parola. Le basterà sapere che il numero delle imprese con almeno 20 addetti che avrà alla fine di quest’anno un qualche utile sarà del 55%, il che significa che il 45% delle imprese chiuderà l’anno in perdita. Prima della crisi il rapporto era 65 a 35. Famiglie: la percentuale di quelle «finanziariamente vulnerabili» è uguale a quella dell’anno scorso (teniamo conto che, in termini patrimoniali, gli italiani sono al terzo posto per ricchezza nel mondo). Mercato immobiliare: è fermo ai dati dell’anno scorso, che erano in discesa. I prezzi sono stabili, ma le compravendite ristagnano. Tutto il can-can sull’Imu e sulla nuova tassazione delle case tiene a freno anche le nostre donne che, quando si tratta di comprare una casa, non capiscono più niente (bisognerebbe, a questo proposito, avere qualche notizia anche sul mercato delle scarpe femminili, ma Bankitalia, sul punto, tace).  

Se i dati sono così scoraggianti, perché le previsioni sono relativamente positive?
Previsioni negative spingono ancora più in giù i mercati. Giornali, comunicatori, uffici studi sono tendenzialmente rialzisti. Ieri è stata data con grande clamore la notizia che il prossimo summit sulla disoccupazione giovanile si svolgerà a Roma. Il fatto che Merkel, Hollande e gli altri si scomodino a venire da noi ha qualche significato? No, anche perché il primo summit s’è svolto a Berlino e il secondo (chiuso ieri) a Parigi. Però, grazie a questo annuncio, daremo forse con meno evidenza la notizia, peraltro nota, che la disoccupazione giovanile in Italia (individui con meno di 25 anni) è al 40%. Mentre in Germania è al 7,7% e in Austria all’8,7.  

Però anche gli americani sono ottimisti.
A chi crede che venderanno le loro merci gli americani se il bacino meridionale dell’Europa andrà in tilt? Chi crede che stia comprando i nostri titoli per non farci precipitare? Prenderò per buoni i discorsi di Moody’s quando rialzerà il rating del nostro debito e di quello degli altri disgraziati d’Europa, Francia Spagna Portogallo Grecia. Senonché, purtroppo, proprio quattro giorni fa Standard & Poor’s ha abbassato il rating del debito francese. Purtroppo sono portato a credere più a questo dato, concreto, che ai discorsi fintamente entusiastici di tutti gli altri.