Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 11 Lunedì calendario

Passeggiate nei prati dell’eternità

Tratto da Passeggiate nei prati dell’eternità
di Valeria Paniccia, Mursia, 2013

• Nella tomba al Verano di Roma del grande drammaturgo napoletano Eduardo, oltre alla prima moglie, una delle figlie e la terza moglie, è presente un tale Pasquale De Filippo, morto nel 1973. Era fratello di sua madre e dunque suo zio. Eduardo lo aiutava economicamente da tanti anni facendolo lavorare nella sua compagnia teatrale. In una lettera datata 1936 questi scrive al nipote: «Dopo Dio, tu solo oggi sei il mio Signore; e ciò che tu fai il signore te ne ricompenserà». Siccome di De Filippo ce ne doveva essere uno solo, chiese allo zio di cambiare nome. Pasquale De Filippo scelse così di farsi chiamare Filippo De Pasquale.

• I cimiteri sono pieni di antichi viventi che vengono visitati da futuri morti.

• Gli ebrei indicano i cimiteri con il nome di “bet-chaim” che, alla lettera, significa casa dei vivi. In arabo sono chiamati “rawda”, che indica sia cimitero che giardino.

• Pare che il filologo Basilio Puoti in punto di morte si sia congedato dai suoi allievi dicendo: «Addio, cari, me ne vado. Ma si può anche dire me ne vo». 

• Con la stessa previdenza con cui si prenoterebbe in anticipo una casa per le vacanze, al cimitero di San Michele i veneziani fissano il loculo. Per conciliarsi con l’eterno riposo lo comprano e fanno incidere la data di nascita, scelgono la foto e la fanno applicare. Qualche volta portano i suffragi non solo sulle tombe dei familiari ma anche sulle proprie.

• Il premio Nobel per la letteratura Aleksandrovich Brodsky morì a New York ma volle essere sepolto a Venezia. Nato ebreo, era ateo. Il giorno della sepoltura, con una cerimonia valdese, lo convertirono a protestante. Così il posticino a San Michele poteva essere assicurato.

• Al cimitero San Michele in Isola di Venezia è sepolto anche l’allenatore di calcio Helenio Herrera. A ricordarlo un’urna marmorea identica alla Coppa dei Campioni.

• Al cimitero Acattolico di Roma è sepolto August, l’unico figlio di Goethe che morì all’età di venticinque anni. Nell’epitaffio non è riportato il suo nome, ma solo il dolore del vecchio padre: «Goethe filius patri antevertens obiit».

• Al cimitero Acattolico di Roma c’è gente ricca ma anche povera e fedele, forse solo per necessità. Le tre governanti in casa dei principi russi Gagarin che vivevano a Castel Gandolfo, l’italiana Felicita Gagghini, nata nel 1883, la russa Maria Koversneff, classe 1870, e la tedesca Augusta Reck, classe 1830, comprarono la tomba per essere seppellite insieme. E la pretesero accanto a quella dei padroni.

• I genitori di Margherita Hack, atea convinta, erano una cattolica e l’altro protestante. Poiché nessuno dei due era credente né soddisfatto della propria religione, si avvicinarono ai teosofi, seguaci di una filosofia indiana che crede nella reincarnazione e nel rispetto di tutti gli esseri viventi, uomini e animali.

• «Lo spiritismo è un po’ come l’astrologia. Le correlazioni tra i caratteri e le stelle sono balordaggini. È in gestazione una proposta di legge, proposta da noi dell’associazione Astrofili, per correlare le previsioni con una scritta, una specie di bollino accanto all’oroscopo. Siamo di fronte a una superstizione di massa, a un desiderio di conoscere il futuro, di conoscere a tutti i costi cos’è l’aldilà» (Margherita Hack).

• La tomba di Keats a Roma non riporta il suo nome, ma solo la seguente frase: «Questa tomba contiene tutto ciò che era mortale di un giovane poeta inglese. Qui giace uno il cui nome era scritto nell’acqua». Accanto è seppellito il pittore e amico intimo Severn: «Alla memoria di di Joseph Severn, devoto amico e compagno di morte di John Keats». 

• Wilde definì il cimitero acattolico di Roma «il posto più santo di Roma», per Shelley «Bisogna essere innamorati della morte per essere seppelliti in un posto dolce come questo».

• La scultura l’Angelo del Dolore, l’opera situata nel cimitero Acattolico di Roma che il poeta e scrittore William Story ha realizzato in memoria dell’amata moglie Evelyn, piacque tanto agli americani che ne vollero una copia alla Stanford University. Gruppi rock come gli Evanescence e i Nightwish l’hanno scelta per la copertina dei loro dischi. 

• Prima della realizzazione del cimitero acattolico di Roma, intorno alla metà del Settecento, i protestanti venivano seppelliti al Muro Torto insieme alle prostitute, agli attori e ai suicidi. 

• Per Ernest Hemingway Staglieno, il cimitero di Genova, era «Una delle meraviglie del mondo».

• Al cimitero di Staglieno vi è un cartello che avrà almeno cent’anni: «Vietato sputare». 

• A Staglieno, oltre a Mazzini, è sepolto Nino Bixio. Morì in Indonesia, a Sumatra, arrivatovi dopo aver ripreso la vita del marinaio. Bixio arrivò a Londra e comprò una nave. Scese nel Mediterraneo, attraversò il canale di Suez, navigò l’Oceano Indiano, toccò Singapore. Prima di arrivare a Sumatra tutti i suoi marinai morirono di colera. Riuscì a sbarcare, ma il colera lo aggredì. Gli indigeni pensarono fosse ricco e che fosse sepolto con un tesoro. Così la sua tomba venne profanata. Lo lasciarono alle intemperie. Qualcuno ebbe pietà, lo rimosse e lo sotterrò. Alcuni anni dopo l’Associazione dei Veterani Garibaldini si occupò di farlo tornare a Genova. Qualcuno ora contesta che i resti di Nino Bixio siano proprio i suoi.

• Al campo 22 di Staglieno, nella cappella di Fabrizio De André, si scorge una chitarra, una sciarpa del Genoa, brani autografi. Il cantautore genovese compose Non al denaro non all’amore né al cielo ispirandosi all’antologia di Spoon River, dove gli extraterreni confessano cose che non avrebbero mai confessato da vivi.

• Il cimitero monumentale di Père-Lachaise venne inaugurato il 21 maggio 1804. All’inizio però i parigini non volevano venire qui perché ritenuto fuori mano. Poi qualcuno ha pensato bene di fare un’operazione di marketing, inumandovi le presunte spoglie di Molière e di La Fontaine. E, dopo ancora, quelle di Abelardo (1079-1142) ed Eloisa (1101-1164). i due innamorati vennero traslati lì nel 1918, dopo una messa da requiem, a Saint-Germain-des-Près, con tutti i crismi della solennità. Da quel momento è diventato di gran moda.

• La tomba di Jim Morrison è la più visitata di Père-Lachaise. Attorno a una stele in granito, un epitaffio in greco: «È stato se stesso, un demone». La stele ha rimpiazzato il busto, rubato nel 1988 e visibile, con le scritte colorate dei fans, nelle cartoline in vendita fuori dal cimitero. Una palizzata di ferro permette la visione ma non l’accesso diretto al sepolcro, vigilato da due guardie.

• Arthur Rimbaud non è al Père-Lachaise. Riposa a Charleville-Mézières, condannato a passare la vita, anche dopo morto, nella cittadina delle Ardenne che aveva sempre odiato. Ma i pellegrinaggi in quel piccolo cimitero non finiscono mai. Ce pure chi scrive a Rimbaud. Un postino era stato incaricato di metter da parte le lettere indirizzate a questo poeta per alcuni mai morto.

• A Parigi riposa anche Chopin, il cui cuore invece è nella chiesa di Santa Croce a Varsavia. Ce lo portò la sorella, Chopin aveva una paura tremenda di essere seppellito ancora vivo: «Appena muoio sezionatemi», disse. E così fecero. Morì nel 1949 di tisi, a 39 anni. Era così ossuto che quando viaggiava in carrozza dovevano foderarla tutta per attutire i colpi del suo gracile corpo.

• L’attrice Sarah Bernhardt (1844-1923), in competizione con Eleonora Duse per il titolo di attrice più brava, riposa in una bara in legno rosa, quella dove amava addormentarsi, in casa.

• Vittorio Gassman disse che aveva deciso di diventare attore a un funerale. Era quello di suo padre. Guardava tutti piangere e disperarsi. Lui proprio non si sentiva coinvolto, perché era padrone delle sue emozioni. Allora decise di piangere. «E lì cominciò la mia grande finzione», amava raccontare.

• Edith Piaf riposa insieme al padre e all’ultimo marito Théo Sarapo, che la trasportò cadavere, nel sedile posteriore della sua automobile, da un paesino del sud della Francia. Malata di broncopolmonite, prima di morire disse che voleva tornare nella sua Parigi. Morì l’11 ottobre 1963, nello stesso giorno di Jean Cocteau. Lo scrittore aveva fatto appena in tempo a scrivere l’elogio funebre della sua amica Edith quando, poco dopo, venne stroncato da un infarto. 

• Le ceneri di Maria Callas furono gettate in mare. Il regista Franco Zeffirelli, amico della cantante, racconta che lei mai e poi mai avrebbe voluto essere cremata. E che lei stessa ripeteva che mai e poi mai sarebbe andata a trovare al cimitero qualcuno che si fosse fatto cremare. La tivù greca filmò la cerimonia delle ceneri disperse nell’Egeo. L’urna, di legno chiaro con una lastra dorata e un timbro di ceralacca, è nelle mani di un signore. Un militare tiene la mano sulla testa per il saluto, ma viene continuamente spintonato dai fotografi. Poi l’inquadratura stacca sulla nave. Un marinaio solleva una boa gigante arancione. L’inquadratura finale è quella del Mar Egeo, con la scia del motore. Scorrono i titoli di coda. Qualcuno ha censurato la scena in cui le ceneri della cantante, per il vento, ritornano indietro sulle facce dei presenti. 

• La tomba di Oscar Wilde è costituita da una sfinge alata realizzata, nel 1912, dallo scultore inglese Jacob Epstein. La statua, intitolata Flyng Demon Angel, è continuamente resa indecorosa da visitatore feticisti che le hanno mutilato i genitali e con il rossetto lasciano le impronte delle loro bocche.

• Wilde, in agonia in un letto di uno squallido albergo di Parigi aprì gli occhi e disse: «O se ne va questa tappezzeria o me ne vado io». 

• Virginia Oldoini, contessa di Verais di Castiglione (1837-1899), riposa a Parigi. Con i suoi occhi verdi, la pelle trasparente, i biondi capelli lunghi a spire, aveva sedotto e circuito Napoleone III, su ordine di Camillo Benso Conte di Cavour e con l’approvazione di Vittorio Emanuele II. La maliarda Virginia riuscì a interferire nell’alleanza franco-piemontese. Cocotte per amore di patria, convinse l’Imperatore di Francia, di cui era divenuta amante per un anno, a invitare anche l’Italia al trattato di pace, dopo la guerra di Crimea.

• Al monumentale di Torino riposa Fred Buscaglione. Dietro il vetro della cappella si intravedono un sigaro, una bottiglia di whisky, tre bicchieri e il suo ritratto, così somilgiante a Clark Gable. Non aveva ancora compiuto 39 anni quando morì in un incidente d’auto. 

• Non ci sono ritratti né busti sulla tomba di Cesare Lombroso, veronese trapiantato a Torino. Per raffigurarcelo abbiamo alcune foto sbiadite. Un vecchio con una lunga barba, una mano dentro al paltò e l’altra in tasca. Assomiglia a Tolstoj. I due si erano incontrati a Jasnaja Poljana, nel 1897. Ma non deve essere stato un incontro memorabile. Lo scienziato italiano (ebreo ateo) liquidò Tolstoj come genio ma pazzo, «un vecchietto piccolo, molto malfermo sulle gambe, che nell’aspetto dimostra molto più dei suoi 62 anni». Il romanziere russo (cristiano evangelico) ricambiò, nel suo diario, con un «vecchietto ingenuo e limitato».

• Un caso giudiziario divenuto famoso e che divise l’Italia degli anni Venti cominciò al cimitero monumentale di Torino, nella sezione israelitica: il caso Bruneri-Canella. C’era la nebbia quella mattina, il 10 marzo 1926. Qualcuno rubò un vaso di bronzo. Il ladro venne acciuffato ma non ricordava niente. Diceva frasi senza senso e aveva lo sguardo di un folle. Così quell’uomo dall’aspetto miserabile finì in manicomio. Passò un anno e il mistero sembrava sciogliersi. Quell’uomo è il professor Giulio Canella, che si era disperso durante la guerra. O forse no, Quell’uomo è Mario Bruneri, un tipografo di Torino che si era macchiato la fedina penale con dei precedenti. Ci fu un processo. Quell’uomo, secondo la giustizia è Bruneri. No, dice Giulia Canella, quell’uomo è proprio mio marito. Luigi Pirandello vi scrisse una commedia, Come tu mi vuoi, a Hollywood divenne As you desire me con Greta Garbo. Poi arriva Totò e gli cuciono addosso un film, Lo smemorato di Collegno. Lo smemorato muore a 52 anni, in Brasile. 

• Il significato della morte per i giapponesi è diverso dal nostro. A Tokyo Gae Aulenti ha progettato il nuovo Istituto italiano di cultura, tutto acciaio, vetro e finestre rosso lacca. Il palazzo sorge su un terreno che il barone Takaharu Mitsui donò al governo italiano nel 1939, in seguito al suicidio di sua figlia per amore non corrisposto verso un uomo italiano. Una lapide campeggia nel giardino dell’istituto.

• Al monumentale di Milano c’è il primo crematorio d’Europa, che ha voluto l’industriale Alberto Keller. Venne inaugurato un nevoso 22 gennaio 1876 proprio con il Keller. Il suo corpo venne imbalsamato per essere il primo, una volta ultimati i lavori dell’impianto da lui finanziato.

• Il bisnonno di Pupi Avati, racconta, teneva con cura la sua cassa da morto che si era fatto intagliare. La teneva, piena di bottiglie di vino, sotto il letto. Con il nonno Carlino, invece, trascorse diverse primavere ad andare in macchina per cimiterini di campagna, alla ricerca di quella che doveva essere la sua sistemazione definitiva. Gli chiedeva consiglio: «Che dici, è meglio questa parte, perché qua c’è più luce?». La zia di Pupi Avati era la vestitrice dei morti di Sasso Marconi. Si incaricava di andare a vestire, nel momento del decesso, il defunto. La sua preoccupazione, quando incontrava i futuri clienti, era di soffermarsi sul fatto che “la scatola” fosse sempre allo steso posto. Lo chiedeva a tutti. La scatola conteneva gli abiti che poi avrebbe dovuto far indossare ai morti. 
• Cesare Zavattini amava dipingere i funerali: «Io ho dipinto più funerali di qualsiasi altro pittore, decine e decine», scrisse in una delle sue autobiografie. «Un amico mi fece notare che i funerali sono temi troppo tristi da mettere in casa, in sala da pranzo. Ma non posso rinunciarvi. Anche perché io non li trovo tristi».

• Nel XIX secolo è curioso come gli inglesi abbiano risolto il dubbio delle mummie al passaggio di dogana. Quando l’Egitto aprì al commercio delle mummie, in Inghilterra si posero il problema. In quale categoria vanno messe le mummie? Finalmente, dopo tanto argomentare, hanno deciso: stockfish, pesce secco. 

• Il sarcofago alla Certosa di Bologna di Ottorino Respighi (1879-1936) è costruito con lastre provenienti dalla Via Appia, in ricordo della sua opera più famosa, “I pini di Roma”.

• In Russia, a quaranta giorni dal funerale, i cari del defunto partecipano alla “trisna”. Parenti e amici si raccolgono, portano bottiglie di vodka, uova, ci si siede sulla tomba e si parla bene del morto. 

• C’è una battuta leggendaria che Alexandra Mikhailovna Kollontai, prima donna membro del Governo russo, avrebbe scambiato con Lenin circa la libertà sessuale che imperava nella Russia post Rivoluzione: «Fare l’amore è come bere un bicchier d’acqua». Lenin rispose: «Non voglio bere nel bicchiere dove hanno bevuto tutti». La Kollontai, morta nel 1952, riposa al cimitero Novodevichy di Mosca. 

• In tempi sovietici esisteva un reparto falconieri al Cremlino dove si addestravano i falchi da lanciare contro le gazze che distruggevano le cipolle dorate delle chiese. 

• Il cimitero napoletano delle 366 Fosse fu edificato nel 1762, molto prima che Napoleone, per motivi igenici, inventasse i cimiteri esterni alle aree urbane. Dietro ciascuna fossa, di ottanta centimetri per lato, venivano gettati i resti mortali dei poveri. Una madre che assistette alla sepoltura di sua figlia, morta di colera, che scendeva giù nella fossa per 18 metri, all’udire il tonfo sentì il cuore paralizzato. Così la nobildonna, prima di tornare in patria, in Inghilterra, commissionò alle fonderie napoletane una macchina funebre con una bara in ferro, in grado di accompagnare con dolcezza il defunto, giù nella fossa. 

• A fianco alla tomba di Totò vi è quella di Liliana Castagnola. Era una soubrette che lavorava con l’attore nei primi anni della sua carriera teatrale e che si era innamorata di lui a tal punto da suicidarsi con il sonnifero per il mancato amore corrisposto. Il fatto accadde nel 1930 e suscitò in Totò un intimo e profondissimo dolore. Ora riposano vicini, uno accanto all’altra. 

• Sulla lapide di Totò è inciso: «Principe Imperiale di Bisanzio». 

• Nel monumentale di Poggioreale un grido incalzante risuona nel recinto degli uomini illustri: «O’mbalsamato, O’mbalsamato». Alcuni corpi secolari, secondo una moda dei tempi, riposano imbalsamati. Ce ne è uno molto famoso e gli operai del cimitero gridano il suo nome come richiamo e attrazione per i visitatori. «O’mbalsamato» giace in una bara di legno e chiunque può venire a dargli un’occhiata, scoperchiare la bara. L’imbalsamato Mariano D’Ayala non si scompone, non si deteriora.

• Eugenio Montale riposa a San Felice a Ema, un piccolo cimitero sulla via per Trespiano. Sulla lapide vi è scritto «Drusilla Montale morta il 20 ottobre 1963», e sotto, «Eugenio Montale morto il 12 settembre 1981». Come se non fosse importante la data di nascita. O, se c’erano altri significati, li conosceva lui. Però il comune di Firenze lo ha tradito. Sulla piazzola nei pressi del cimitero delle Porte Sante, su una targa, vi è scritto quello che il Nobel non volle sulla lapide: la data di nascita.

• Il professore Luigi Sartori scrisse che Spadolini era trifacente: «C’è una sequenza, l’ho vista in televisione, in cui Spadolini, mentre parla al telefono, scrive e presiede una seduta in Senato. Scriveva cinque parole su una pagina e aveva uno svolazzo di commessi che correvano con le pagine che diventavano una pila di carta alta così. Cinque, massimo dieci parole ogni pagina». Forse per questo la sua tomba alla Porte Sante di Firenze è a forma di risme di carta. 

• Il loculo dove riposa Norma Jeane Baker Mortesen, più nota come Marilyn Monroe, si trova al cimitero Hollywood Forever. Ė in marmo rosa, accanto a un loculo senza targa, acquistato da tempo dall’editore di Playboy, Hugh Hefner.

• Che la morte è un business lo hanno inventato gli americani. Ogni anno la rivista Forbes stila la classifica dei trapassati che continuano ad essere miliardari. 

• Burt Lancaster (1913-1994) scelse una minuscola lapide in bronzo, persa tra le altre. Rifiutò il funerale e ogni tipo di commemorazione. 

• Il funerale di Rodolfo Pietro Filiberto Raffaello Guglielmi, alias Rodolfo Valentino, è il primo funerale-spettacolo del Novecento di cui ancora oggi restano alcune sequenze. Valentino, in smoking, ha il capo poggiato a un cuscino e centinaia di fiori attorno. Un cancello circonda il feretro esposto al Campbell’s Funeral Parlor, sulla 67esima strada. I furono applausi, svenimenti e suicidi alla duplice cerimonia funebre a New York e a Los Angeles, nell’agosto del 1926. Si calcola che a New York ci fossero 100mila persone. A Los Angeles, al cimitero, sfilarono tutte le star.

• Una stele di granito rosa affaccia sul lago. Una colonna dal diametro di cinquanta centimetri, alta meno di un metro. L’epigrafe recita: «To honor her last wish Hattie McDaniel 1895-1952. Renowned Performer Academy Award 1939. Gone with the Wind». È la Mammy di Via col vento. Fu la prima attrice afro-americana a vincere un Oscar, come miglior attrice non protagonista, ma non le fu permesso di partecipare alla cerimonia, perché di colore. L’ultimo desiderio di Hattie McDaniel era di essere seppellita a Hollywood Forever. Ma non le fu concesso, per motivi razziali. Riposa infatti all’Angelus Rosedale Cemetery. Dopo quarantasette anni dalla sua morte, qualcuno ha avuto la bella idea di dedicarle una stele a Hollywood Forever.