Libero, 16 marzo 2010, 7 novembre 2013
Tags : Banksy
Banksy a Milano
Libero, 16 marzo 2010
Si fa chiamare Banksy, ha iniziato la carriera coprendo i muri della natia Bristol di graffiti e adesso è uno degli artisti più amati dal jet set internazionale, il quale si tuffa immediatamente su tutto ciò che sembri vagamente trasgressivo e ”contro il sistema”. Cosa meglio di un writer ribelle che se la prende con le guerre americane, le autorità costituite (i reali inglesi) e le forze dell’ordine? Infatti Brad Pitt e Christina Aguilera hanno comprato le sue opere per centinaia di migliaia di dollari, Sotheby’s le ha battute all’asta per quasi due milioni. E al museo di Bristol, nel luglio scorso, sono arrivati oltre 300mila visitatori per ammirare le sue composizioni di spray. Ora quindici lavori verranno esposti per la prima volta in Italia durante (con)TemporaryArt, rassegna milanese che s’inaugura lunedì prossimo e prosegue fino a martedì 30 marzo (presso il ”Superstudio Più”in via Tortona). In realtà, l’aspetto più interessante di Banksy sia per il pubblico che per i ricconi che lo sostengono è la sua invisibilità. Non rilascia interviste (se non, raramente, via e-mail), non si fa mai vedere e nessuno, in apparenza, sa chi sia. Anche se i giornali britannici ipotizzano che si tratti di tale Robin Gunnigham, nato nel ”74 o ”75 a Bristol e legato alla scena musicale elettronica cittadina, in particolare alla band dei Massive Attack. Leggenda vuole che Banksy partecipi a tutti gli eventi che lo riguardano, ovviamente in incognito. Chissà se sarà presente anche a Milano. Impossibile saperlo anche per la curatrice dell’esposizione, la 32enne Rosita Legnani. E stata lei, assieme alla collega Anna De Gregorio, ad allestire l’esposizione, prendendo contatto con l’Andipa Gallery di Londra, titolare di una collezione del graffitaro più pagato al mondo. Le due giovani si sono conosciute a un master dell’università Iulm (la quale è anche sostenitrice della mostra) e hanno pensato di far approdare Banksy sotto la Madonnina. «Non sarà una personale», spiega Legnani, «esponiamo la collezione di una galleria che lo rappresenta. Ma saranno visibili alcune delle sue opere più emblematiche. Per esempio quelle che ritraggono i ratti, i suoi animali preferiti, poiché sonoquelli più infimi e radicati nei bassifondi metropolitani, dove si deve lottare per la sopravvivenza ». Questi lavori si potranno anche acquistare, certo non a modiche cifre: «I prezzi vanno all’incirca dai ventimila ai novantamila euro», dice la curatrice. Nei giorni scorsi, il creativo britannico ha annunciato anche un’altra notevole novità: l’arrivo nelle sale del suo primo film, un documentario sulla Street Art intitolato Exit Through The Gift Shop , già presentato qualche tempo fa al ”Sundance Film Festival”, culla del cinema underground e un po’ fighetto degli Stati Uniti. Ne ha parlato sempre via posta elettronica con il Sunday Times, al quale ha confessato l’esistenza di una «Mrs Banksy», una compagna che lo appoggia nella sua battaglia per l’arte sui muri. L’uomo del mistero ha anche raccontato di avere una singolare collezione privata di opere: «Ho frequentato una scuola d’arte», ha detto, «ma non ho proseguito oltre. A casa ho una grande collezione di opere famose, ma sono tutte false. Le faccio io. Se mi piace un dipinto, prendo una foto, preparo un progetto e la disegno. Qualche volta cambio i colori per intonarli alle tende. Mi comporto così in parte perché sono spilorcio, in parte perché se avessi dei Basquiat e dei Picasso veri in salotto sarei troppo spaventato per lasciare la casa». Con i grandi nomi dell’arte, tuttavia, Banksy ha un rapporto strano, fatto di timore reverenziale. «Continuo a dipingere graffiti», dichiara, «perché penso davvero che il lato di un canale sia un luogo più interessante dove esporre rispetto a un museo. Il fatto è che se esponi in un museo devi competere con Rembrandt, ma se dipingi in un vicolo devi competere solo con i bidoni della spazzatura». Sarà per questo che qualche mese fa ha ingaggiato una lotta per il territorio con un altro celebre graffitaro di Londra, tale Robbo. Banksy aveva fatto alcune aggiunte a un’opera di quest’ultimo sotto un ponte. Offesa gravissima: l’altro gli ha risposto coprendo il tutto con un’enorme scritta: «King Robbo». In base alla legge dei writer, ha vinto Robbo. Intanto, però, i milioni di dollari li intasca Banksy.
Si fa chiamare Banksy, ha iniziato la carriera coprendo i muri della natia Bristol di graffiti e adesso è uno degli artisti più amati dal jet set internazionale, il quale si tuffa immediatamente su tutto ciò che sembri vagamente trasgressivo e ”contro il sistema”. Cosa meglio di un writer ribelle che se la prende con le guerre americane, le autorità costituite (i reali inglesi) e le forze dell’ordine? Infatti Brad Pitt e Christina Aguilera hanno comprato le sue opere per centinaia di migliaia di dollari, Sotheby’s le ha battute all’asta per quasi due milioni. E al museo di Bristol, nel luglio scorso, sono arrivati oltre 300mila visitatori per ammirare le sue composizioni di spray. Ora quindici lavori verranno esposti per la prima volta in Italia durante (con)TemporaryArt, rassegna milanese che s’inaugura lunedì prossimo e prosegue fino a martedì 30 marzo (presso il ”Superstudio Più”in via Tortona). In realtà, l’aspetto più interessante di Banksy sia per il pubblico che per i ricconi che lo sostengono è la sua invisibilità. Non rilascia interviste (se non, raramente, via e-mail), non si fa mai vedere e nessuno, in apparenza, sa chi sia. Anche se i giornali britannici ipotizzano che si tratti di tale Robin Gunnigham, nato nel ”74 o ”75 a Bristol e legato alla scena musicale elettronica cittadina, in particolare alla band dei Massive Attack. Leggenda vuole che Banksy partecipi a tutti gli eventi che lo riguardano, ovviamente in incognito. Chissà se sarà presente anche a Milano. Impossibile saperlo anche per la curatrice dell’esposizione, la 32enne Rosita Legnani. E stata lei, assieme alla collega Anna De Gregorio, ad allestire l’esposizione, prendendo contatto con l’Andipa Gallery di Londra, titolare di una collezione del graffitaro più pagato al mondo. Le due giovani si sono conosciute a un master dell’università Iulm (la quale è anche sostenitrice della mostra) e hanno pensato di far approdare Banksy sotto la Madonnina. «Non sarà una personale», spiega Legnani, «esponiamo la collezione di una galleria che lo rappresenta. Ma saranno visibili alcune delle sue opere più emblematiche. Per esempio quelle che ritraggono i ratti, i suoi animali preferiti, poiché sonoquelli più infimi e radicati nei bassifondi metropolitani, dove si deve lottare per la sopravvivenza ». Questi lavori si potranno anche acquistare, certo non a modiche cifre: «I prezzi vanno all’incirca dai ventimila ai novantamila euro», dice la curatrice. Nei giorni scorsi, il creativo britannico ha annunciato anche un’altra notevole novità: l’arrivo nelle sale del suo primo film, un documentario sulla Street Art intitolato Exit Through The Gift Shop , già presentato qualche tempo fa al ”Sundance Film Festival”, culla del cinema underground e un po’ fighetto degli Stati Uniti. Ne ha parlato sempre via posta elettronica con il Sunday Times, al quale ha confessato l’esistenza di una «Mrs Banksy», una compagna che lo appoggia nella sua battaglia per l’arte sui muri. L’uomo del mistero ha anche raccontato di avere una singolare collezione privata di opere: «Ho frequentato una scuola d’arte», ha detto, «ma non ho proseguito oltre. A casa ho una grande collezione di opere famose, ma sono tutte false. Le faccio io. Se mi piace un dipinto, prendo una foto, preparo un progetto e la disegno. Qualche volta cambio i colori per intonarli alle tende. Mi comporto così in parte perché sono spilorcio, in parte perché se avessi dei Basquiat e dei Picasso veri in salotto sarei troppo spaventato per lasciare la casa». Con i grandi nomi dell’arte, tuttavia, Banksy ha un rapporto strano, fatto di timore reverenziale. «Continuo a dipingere graffiti», dichiara, «perché penso davvero che il lato di un canale sia un luogo più interessante dove esporre rispetto a un museo. Il fatto è che se esponi in un museo devi competere con Rembrandt, ma se dipingi in un vicolo devi competere solo con i bidoni della spazzatura». Sarà per questo che qualche mese fa ha ingaggiato una lotta per il territorio con un altro celebre graffitaro di Londra, tale Robbo. Banksy aveva fatto alcune aggiunte a un’opera di quest’ultimo sotto un ponte. Offesa gravissima: l’altro gli ha risposto coprendo il tutto con un’enorme scritta: «King Robbo». In base alla legge dei writer, ha vinto Robbo. Intanto, però, i milioni di dollari li intasca Banksy.
Alberto Remedio