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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

I vari Berlusconi, Cancellieri, Renzi, Alfano, Saccomanni ci hanno impedito di raccontare una storia bellissima, quella di Banksy a New York

I vari Berlusconi, Cancellieri, Renzi, Alfano, Saccomanni ci hanno impedito di raccontare una storia bellissima, quella di Banksy a New York.

•  Che sarebbe?
Un celebre graffitaro, cioè uno di quelli che dipingono sui muri o sulle carrozze della metropolitana e che chiamano anche “writers”. Banksy è il più famoso e probabilmente il più ricco di tutti costoro. Nessuno sa chi sia, nessuno lo ha mai visto, qualcuno è riuscito a intervistarlo, ma solo per e-mail. Si dice che il suo vero nome sia Robin Gunningham e che sia nato a Bristol (Gran Bretagna) il 28 luglio del 1973. Opera a Bristol dal 1992. Le sue performance più celebri: la serie di topi sui muri di Londra, l’incursione nei quattro principali musei di New York - Moma, Metropolitan, Brooklin, Scienze Naturali - dove ha appeso suoi stencil su tela, evitando il Guggenheim «perché non avrei potuto reggere il confronto con Picasso», poi una mostra a Los Angeles, a cui si precipitarono le celebrities - Brad Pitt, Angelina Jolie, Jude Law, Robert Downey Jr. - e dove espose un elefante vivo tutto dipinto incassando poi un paio di milioni dalla vendita dei soliti stencil, quindi è andato a dipingere il muro eretto fra Israele e Palestina, con un magnifico effetto trompe-l’oeil, sei metri di cemento grigio su cui ha rappresentato un salotto con due poltrone, un tavolino su cui poggia un vaso di fiori e sullo sfondo la finestra, con le tendine ordinatamente tirate ai lati e un panorama mozzafiato di torrenti alpini e ghiacciai (più in là un altro suo dipinto mostra una bambina che appesa a un grappolo di palloncini tenta di scappare dagli orrori della guerra). Posso andare avanti: i due poliziotti che si baciano, il tizio con le braghe abbassate che si cala dalla finestra, un detenuto di Guantanamo a Disneyland... Insomma, cose così, non posso elencargliele tutte. Ma avrà capito il tipo.  

Certo, un pacifista, un contestatore...
Sì, anche un notevole battutista. Una volta che aveva venduto opere per 750 mila dollari, scrisse sul suo sito: «Non posso credere che voi, ritardati mentali, abbiate davvero comprato questa merda». E in un’intervista rilasciata per posta elettronica: «L’arte richiede tanto ego ed egoismo da essere diventata una carriera per stronzi». «Sarebbe una vergogna se l’arte di strada finisse catturata nelle vetrine di un museo». «La street-art non è come altri movimenti artistici. Non riceve sovvenzioni, né è sponsorizzata». «Non credo che l’arte sia qualcosa di speciale, è solo una parte dell’industria dell’intrattenimento». «Ciò che si considerava trasgressivo, oggi viene controllato con la lente di ingrandimento dagli agenti del mercato». Eccetera. Come tutti i grandi contestatori del mercato, tuttavia, il nostro amico con le sue performance guadagna.  

Sì, ma è un artista però? Un artista vero?
Molti sostengono di no, e uno che pensa certamente di no è Michael Bloomberg, il sindaco di New York: avendo saputo che Bansky si riprometteva di passare tutto ottobre in città, realizzando un’opera al giorno e senza essere colto in fallo, il sindaco ha scatenato squadre di imbianchini addetti alla cancellazione dei suoi graffiti, non appena realizzati. Non solo: si sono mobilitati contro di lui anche i writers di New York, furibondi che uno straniero venisse a togliergli spazi e gloria.  

Risultato?
Bloomberg e gli altri non si sono resi conto di far parte dell’evento artistico. Hanno creduto che la performance riguardasse solo le opere dipinte e che la loro cancellazione l’avrebbe annullata. E invece Banksy li aveva trasformati in parti della performance. Banksy non si è limitato a dipingere, ha anche organizzato un paio di eventi: il camion da macello che trasportava peluche, la vendite di sue opere a 60 dollari, un autentico insuccesso dato che le hanno comprate solo in tre (il pubblico non ci poteva credere) replicata però una settimana dopo dagli artisti Dave Cicirelli e Lance Pilgrim che stavolta hanno venduto 40 falsi Banksy...  

Ma tutto questo per dimostrare che cosa...?
Banksy, tra le tante iniziative prese, ha comprato una crosta da 50 dollari, una panchina e degli alberi sulle rive di un lago in una luce d’autunno. Ci ha dipinto sopra un nazista e l’ha fatta trovare sulla porta di una fondazione no profit che aiuta i poveri del quartiere. Quelli della fondazione l’hanno messa all’asta e in poche ore la valutazione è arrivata a 200 mila dollari... Che cosa ci vuol dire Banksy? È il più vecchio messaggio che ci trasmette l’arte da che mondo è mondo: tutto è apparenza, tutto è inganno, sogno di un’ombra è l’uomo, solo il denaro muove le cose... Con questo piccolo particolare: che con questi messaggi malinconici e beffardi lui ci si è fatto ricco.