Fior da fiore, 3 novembre 2013
Fallisce il bonus assunzioni per i giovani • Lo scivolo d’oro dei militari italiani • In Albania c’è un intero villaggio che coltiva marijuana • Uccisi in Mali due giornalisti di Radio France • L’aldilà online
Bonus Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, il 26 giugno presentò alla stampa il decreto legge sul bonus assunzione giovani approvato dal Consiglio dei ministri conqueste parole: «Contiamo di attivare potenzialmente 200 mila soggetti, 100 mila con la decontribuzione e 100 mila con tutte le altre misure». Cuore del provvedimento era lo stanziamento di 794 milioni di euro nel quadriennio 2013-2016 per incentivare l’assunzione di giovani tra i 18 e i 29 anni “svantaggiati”, cioè con almeno una di queste condizioni: privi di impiego da almeno sei mesi; senza un diploma di scuola media superiore o professionale; single con una o più persone a carico. Insomma, l’intervento urgente era indirizzato a chi ha più bisogno di lavorare e anche le risorse erano territorialmente ripartire a favore del Mezzogiorno (500 dei 794 milioni) dove maggiore è l’emergenza occupazionale. L’incentivo per l’azienda che avesse assunto era un bonus contributivo fino a 650 euro per 18 mesi (11.700 euro in tutto) per ogni giovane preso con contratto a tempo indeterminato, oppure fino a 12 mesi (7.800) in caso di stabilizzazione di un contratto a termine. Il bonus dovrebbe appunto favorire 100 mila assunzioni in tre anni. Altri 100 mila posti di lavoro verrebbero invece soprattutto dal potenziamento degli incentivi all’autoimprenditorialità e da un piano di tirocini formativi nel Sud. Al 31 ottobre, tuttavia, le domande di bonus presentate all’Inps sono solo 13.770. Un mezzo flop che Carlo Dell’Aringa, sottogretario al ministero del lavoro, spiega così: «Abbiamo segnali sul fatto che, nel Mezzogiorno, è in crisi anche il sommerso. E se il “nero” manda a casa i lavoratori non c’è deregolamentazione o incentivo che tenga. Come dire: il rubinetto è aperto, ma il cavallo non beve» (Marro, Cds).
Scivolo d’oro Nel sesto comma dell’articolo 2209 della legge che riforma le forze armate, si stabilisce che dai 50 anni in poi (dieci anni prima del congedo) si può entrare «in un magico limbo grazie al quale si conserva l’ottantacinque per cento dello stipendio senza lavorare più nemmeno un solo giorno, con tanto di pensione piena; non è esclusa neppure la facoltà di fare altri lavori (il reddito non si cumula). Questo bonus decennale per le forze armate in (libera) uscita verrà inserito nel codice dell’ordinamento militare a meno che Camera e Senato non si mettano di traverso in modo plateale (è solo previsto un loro parere) spingendo il governo a ripensarci. Fino a oggi il comma dorato stava attraversando zitto zitto l’ultimo guado tra Palazzo Madama e Montecitorio. Eppure era proprio difficile non accorgersene» (Buccini, Cds).
Marijuana A Lazarat, paesino 230 chilometri a sud di Tirana con poco meno di quattromila abitanti, nove famiglie su dieci campano col mercato della marijuana (ci sono 350 mila piante coltivate in 320 ettari). Ogni famiglia produce in media una tonnellata all’anno e ogni chilo viene venduto a 300-320 euro. Il lavoro è così diviso: le donne e i ragazzini si occupano della coltivazione, della raccolta, della tritatura. Gli uomini del trasporto. La marijuana viaggia nei bagagliai delle auto o in sella a cavalli e asini che percorrono i sentieri dove la polizia non si vede. L’Italia è ormai il mercato principale. Ci arriva attraverso gommoni o navi. Sbarca in Salento, a Bari o Brindisi. Poi si diffonde. L’ultimo maxi-sequestro, pochi giorni fa a Durazzo: 600 chili in un camion che stava per imbarcarsi per Bari. La Guardia di finanza italiana calcola «che ogni anno da Lazarat escono 900 tonnellate di prodotto per un valore di mercato pari a 4,5 miliardi di euro». Il capo delle forze dell’ordine, Artan Didi: «Non riusciamo a intervenire in modo efficace a Lazarat. Quel posto è una macchia per noi, abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri Paesi» (Berberi, Cds).
Mali Due giornalisti di Radio France Internationale - Ghislaine Dupont, specializzata in reportage dall’Africa, ed il tecnico Claude Verlon - sono stati sequestrati e uccisi ieri a Kidal, nel Nord del Mali, da un gruppo di quattro uomini. I loro cadaveri, la gola tagliata, sono stati scoperti a una decina di chilometri dalla città dai militari dell’operazione Serval, che la Francia e alcuni alleati africani stanno conducendo da mesi nella regione per liberarla dai gruppi qaedisti. Il rapimento è scattato verso le 13 dopo che la Dupont aveva intervistato Ambe’ry Ag Rissa, leader locale del Movimento nazionale di Liberazione dell’Azawad, che ha assistito al sequestro. Per ore non si è saputo nulla fino al ritrovamento dei corpi.
Aldilà 1 Su Internet, sempre più numerosi i siti dedicati ai morti con cimiteri virtuali, esequie in rete, eccetera. Ad esempio sul francese comemo.org è possibile piantare un albero jpeg da dedicare alla persona cara e appendere ai rami un pensiero affettuoso, un ricordo, una foto. Mentre alcuni siti made in China permettono di noleggiare una barca virtuale per spargere le ceneri nell’oceano. «Ma adesso vanno in rete anche i camposanti veri e propri. L’idea è di una websociety di Avellino - puntoceleste.it - che ha messo online la pianta dei cimiteri di molti comuni associati. L’iniziativa è appoggiata dai sindaci dei paesi ad alto tasso di emigrazione - Atripalda, Savignano Irpino, Castelverde e altri - per consentire a cittadini e comunità separate dall’oceano di confortare il riposo di familiari, amici, conoscenti, sepolti a migliaia di chilometri di distanza. Accendendo lumini votivi, postando frasi di compianto, mettendo fiori sulla web-tomba. Ma c’è anche la possibilità di inviare fiori autentici grazie a una convenzione con i fiorai locali. Costo per gli utenti, dai cinque ai quindici euro per accendere una lampada a Long Island e farla brillare a Savignano. E al posto del vecchio registro di condoglianze ci sono gli hashtag organizzati da parenti e amici dove è possibile caricare una biografia dello scomparso, una gallery di immagini, clip audio e video, una sezione di materiali che furono del caro estinto» (Niola, Rep).
Aldilà 2 La digitalizzazione è ormai entra anche nelle tradizionali aree cimiteriali inaugurando l’era della lapide interattiva. Nel cimitero danese di Roskilde e in quello americano di Seattle le tombe hanno il QR code. Basta inquadrare il codice con lo smartphone per linkare la memoria dello scomparso e accedere alla sintesi Web della sua vita. «Le chiamano anche living headstone, lapidi parlanti. Perché raccontano aneddoti bizzarri, episodi tristi, particolari teneri che formano il tessuto vivente del ricordo. Quello che ci lega a chi non è più con noi. E adesso quel legame diventa letteralmente link. E ci apre il cuore come un pop up. Ma qualche volta lo spezza. Quando Facebook ci ricorda il compleanno di una persona cara che non c’è più. E in molti rispondono “buon compleanno in paradiso”. Un’esperienza sempre più comune, visto che nel social network riposano ormai venti milioni di anime. Una community che dialoga coi vivi come in una toccante Spoon River digitale» (ibidem).
(a cura di Roberta Mercuri)