La Gazzetta dello Sport, 1 novembre 2013
Scordiamoci i francesi e i loro soldi in Alitalia. Nel bilancio di Air France la partecipazione nella compagnia italia - il 25% - è stata portata a 0
Scordiamoci i francesi e i loro soldi in Alitalia. Nel bilancio di Air France la partecipazione nella compagnia italia - il 25% - è stata portata a 0. Dico: zero. Per i francesi Alitalia non vale niente. Alexandre de Juniac, amministratore delegato, ha spiegato: «Aiuteremo la compagnia, ma alle nostre condizioni. Serve un piano di ristrutturazione molto forte, una riduzione del medio raggio e una stabilizzazione del lungo raggio». De Juniac ha fatto capire che a loro non è piaciuto il metodo adottato nella fase dell’aumento di capitale. «Non siamo stati inclusi nel negoziato e abbiamo detto ai nostri partner italiani che ci sarebbe piaciuto partecipare alla trattativa, senza scoprirne alcuni esiti alla fine della discussione». Come si ricorderà, i nostri politici avevano convinto le Poste (cento per cento a capitale pubblico) a mettere un po’ di soldi in Alitalia, e l’intenzione dichiarata pubblicamente era quella di avere un socio capace di opporsi allo strapotere francese. Cioè, Poste con 75 milioni avrebbe avuto il 17-18% della società e si sarebbe potuta confrontare con Air France quasi alla pari. Tutta questa manfrina, tipicamente italiana, ad Air France non è piaciuta: se ne sta andando, così gli italiani se la vedranno tra loro. Bel risultato.
• Quanti soldi hanno messo i francesi finora?
325 milioni. E li hanno persi tutti.
• Scusi, però la valutazione zero è una provocazione. Alitalia sarà nei guai, ma zero mi pare un’esagerazione.
No, non è un’esagerazione, se si guardano i conti. I debiti reali superano i due miliardi, nel primo semestre 2013 la compagnia ha perso 300 milioni ed è arrivata alla fine di ottobre grazie a un prestito soci di 95 milioni. È questo che colloca il suo valore a zero. Anzi, è probabile che se la si volesse vendere bisognerebbe dare dei soldi al compratore, così come è stato fatto, ad esempio, per La7. Quindi la posizione francese non è sorprendente. Da Parigi, per continuare a interessarsi dell’affaire, chiedono una forte riduzione dei 14 mila dipendenti e un rimpicciolimento dell’azienda, che a loro avviso dovrebbe ridursi definitivamente a compagnia regionale. Inoltre pretendono che si ristrutturi il debito, cioè le banche dovrebbero rinunciare a una parte dei soldi che hanno prestato. I francesi sanno benissimo che nel 2008 l’operazione è stata concepita per evitare che i debiti di Toto verso le banche italiane finissero in fuffa. Il sindacato, quella volta, diede una mano.
• Che risposte ci possono essere da parte italiana?
Il sito Latribune.fr sostiene che, comunque, a febbraio-marzo, quando Alitalia sarà di nuovo con l’acqua alla gola, si tengono pronti a intervenire. Quanto a noi, come ricorderà, è stato deliberato un aumento di capitale di 300 milioni e hanno annunciato la loro intenzione di partecipare Banca Intesa (26 milioni) Atlantia (26) Immsi (13, ma Colaninno non vuole più fare il presidente), Mancuso (6). Poste metterà 75 milioni, cento milioni saranno garantiti dalle banche pronte ad acquistare l’inoptato. E con questo siamo a 246 milioni. Perché l’aumento si considerasse riuscito, era stato fissato il limite minimo di 240 milioni. Dunque ci siamo. Ieri il ministro Lupi ha ribadito: «Se Air France dovesse decidere di non sottoscrivere l’aumento di capitale in Italia, è evidente che un partner internazionale forte va trovato». Ha manifestato un certo interesse Etihad, compagnia degli Emirati Arabi. Ma i nostri continuano a dire che il loro interlocutore preferito sta a Parigi.
• Se Air France non parteciperà, a quanto scenderà la sua quota?
All’11 per cento. Però con i 250-300 milioni dell’aumento di capitale, la compagnia avrà ossigeno per sei mesi circa. Forse a quel punto i francesi torneranno e ne faranno un sol boccone.
• Questa situazione è tutta colpa della politica?
Ieri Sky Tg24 ha fatto un sondaggio tra i suoi ascoltatori: è giusto che lo Stato aiuti Alitalia con i soldi pubblici? L’87 per cento ha risposto che non è giusto. I politici sono responsabili dello sfacelo della compagnia, ma i sindacati e i dipendenti non sono innocenti. Si ricorda come ci tormentava un giorno no e un giorno sì con scioperi, rivendicazioni e quant’altro? Quante volte siamo rimasti a terra senza capire perché, assordati dalla parola “lavoratori”? Per non parlare delle gazzarre messe in scena cinque anni fa, al momento della cosiddetta privatizzazione. E, guarda caso, tutte le proteste sono finite d’incanto quando lo Stato se n’è andato! Non so che cosa i politici abbiano in testa. Ma ho l’impressione che, se lasciassero la compagnia al suo destino, la loro popolarità aumenterebbe.