La Gazzetta dello Sport, 29 ottobre 2013
In questa storia del Datagate, quello che non si capisce è se si tratti di uno scandalo vero, e al quale si può porre rimedio, oppure di puro teatro: calato il sipario sulla rappresentazione attualmente in corso, tutto ricomincerà come prima fino alle prossime rivelazioni
In questa storia del Datagate, quello che non si capisce è se si tratti di uno scandalo vero, e al quale si può porre rimedio, oppure di puro teatro: calato il sipario sulla rappresentazione attualmente in corso, tutto ricomincerà come prima fino alle prossime rivelazioni.
• Quali sono le novità?
Obama ha espresso la massima fiducia nel capo della National Security Agency (Nsa), il generale a quattro stelle Keith Alexander. Salvo farci sapere subito dopo che a gennaio andrà in pensione. Poi la Casa Bianca ha fatto sapere che prima della fine dell’anno le regole che presiedono alle intercettazioni saranno cambiate: agli agenti segreti americani saranno imposti «ulteriori vincoli». Nel prosieguo del comunicato compare la parola «restrizioni», con le quali si vorrebbero equilibrare le esigenze della sicurezza e quelle della privacy di ciascuno di noi. Sono previsti incontri con gli europei, eccetera eccetera.
• Ci crede o non ci crede?
Mah. Sostanzialmente ci credo poco. L’intelligence è fondamentale e gli americani sono troppo forti. Tutti i governi, mentre manifestano indignazione, ribadiscono la loro amicizia con gli Stati Uniti, anzi si indignano con la motivazione che gli Stati Uniti sono amici. Quello a cui non posso credere è questa complessiva caduta dal pero. Andiamo, via. Tutto sommato, con la loro prudente reticenza, le reazioni più sensate sono state proprio quelle italiane. Merkel grida soprattutto a beneficio dei giornali, e la reazione di Hollande, che crede di poter sbattere i pugni sul tavolo, è persino imbarazzante. I dati che sono usciti ieri sul sito Cryptom, un antenato di Wikileaks, sono talmente enormi da rendere incredibile l’idea che i servizi dei singoli paesi non sapessero. In un mese la Nsa ha spiato 124,8 miliardi di telefonate. Nazione per nazione, la classifica delle chiamate intercettate in un mese è la seguente: Pakistan 12,76 miliardi; Afghanistan 21,8 miliardi; India 6,28 miliardi; Iraq e Arabia Saudita 7,8 miliardi ciascuna; Usa 3 miliardi; Egitto 1,9 miliardi; Iran 1,73 miliardi. A fronte di questi numeri i 361 milioni dei tedeschi, i 70 milioni dei francesi e i 46 milioni nostri sembrano poca cosa.
• Come fanno a spiare le telefonate, per esempio, dell’Iran? Con Ahmadinejad al potere fino a ieri, come sono riusciti a introdursi...
Ma non si introducono mica: hanno semplicemente accesso ai cavi sottomarini che trasportano i dati del mondo. Centinaia di migliaia di chilometri di cavi, che formano una terra di nessuno dove domina necessariamente il più forte. Per ora, gli Stati Uniti. Non c’è mica bisogno di mettersi con l’orecchio dietro la porta di un condominio: basta avere accesso ai cavi, e il gioco è fatto.
• E come fanno ad avere accesso ai cavi? Se un cavo corre sotto il mare italiano, sarà controllato – suppongo – dagli italiani.
È così, e relativamente all’Italia, i nostri abissi sono solcati da 26 dorsali, fondamentali per questo traffico misterioso. La nostra importanza strategica, lo si capisce proprio adesso, dipende proprio da queste 26 dorsali. Vale la pena di parlarne un attimo: i chilometri di cavi in fibra ottica che atterrano in Sicilia e trasportano il cento per cento del traffico telefonico Medio Oriente-Occidente sono 131.679, cioè se deposti intorno all’Equatore lo avvolgerebbero per più di tre volte. Questa rete si cominciò a costruire verso la fine degli anni Ottanta e nel 1998, essendo Telecom ancora pubblica, gli americani si presentarono a Gian Mario Rossignolo, presidente della compagnia, e gli chiesero l’accesso al network siciliano. Rossignolo ha spiegato a Claudio Gatti, il bravo giornalista del Sole 24 Ore, che all’epoca si consultò con Prodi, capo del governo, per sapere che cosa dovesse fare e Prodi, a domanda precisa, riuscì a non rispondere niente. Rossignolo – dice – non concesse allora nessuna autorizzazione agli americani. Ma poco dopo, essendo cambiato governo, lasciò Telecom. Da altre fonti sappiamo che l’autorizzazione a mettere l’orecchio sui cavi sottomarini siciliani fu data nel biennio successivo, cioè tra il 1999 e il 2001, mentre Telecom passava in mano ai privati. In quel lasso di tempo, seduto a Palazzo Chigi c’era Massimo D’Alema.
• D’Alema ha dato qualche spiegazione?
Sì, Gatti lo ha interrogato e D’Alema ha risposto: «Agli americani non è mai stato concesso di intercettare i telefoni degli italiani». Gatti gli ha fatto notare che non era questa la domanda: si trattava di sapere, invece, se il suo governo avesse messo gli americani in grado di posare l’orecchio su quei 130 mila chilometri di cavi. D’Alema ha ricordato che si tratta di materie su cui c’è il segreto di Stato e ha aggiunto: «Ho detto quello che posso dire. Non mi piace violare le leggi dello Stato».