Fior da fiore, 27 ottobre 2013
La Merkel era spiata dagli Usa dal 2002 • In Italia ci sono sei milioni di disoccupati • Ogni anno la Rota Romana valuta 1.500 cause per la nullità delle nozze • La petizione degli intellettuali francesi per dare più diritti agli animali • Alle Poste arriva il semaforo anti-coda
Datagate Non si placano le polemiche sullo spionaggio Usa ai leader alleati. Sul settimanale tedesco Spiegel spunta l’indiscrezione che Angela Merkel sarebbe stata spiata dal 2002 e che l’azione si sarebbe conclusa soltanto nel 2013, prima della visita a Berlino di Obama. Il quale continua a ripetere che lui «non sapeva delle intercettazioni». Sempre lo Spiegel racconta che gli Usa potevano contare su 80 centri di ascolto comuni Cia-Nsa e uno di questi era a Roma.
Disoccupati Gli ultimi dati Istat certificano sei milioni di disoccupati nel secondo trimestre di quest’anno. «Di questi, 3,07 milioni sono disoccupati “ufficiali”, mentre 2,99 sono inattivi, una categoria di nascita recente per la statistica, ma non meno preoccupante. I disoccupati cercano lavoro e non lo trovano; gli inattivi non lo cercano, in buona parte perché sono convinti che non lo troverebbero. Tre anni fa quando la Banca d’Italia propose la loro inclusione tra le file dei disoccupati l’allora ministro del Lavoro Sacconi parlò di “dati esoterici”, ma è da un bel pezzo che la statistica ufficiale affianca al tradizionale tasso di disoccupazione quello di mancata partecipazione. Ed è il secondo, ancor più che il primo, a riflettere la gravità della situazione italiana: nel Rapporto Istat 2013 si sottolinea che mentre il nostro tasso di disoccupazione 2012 era in linea con la media europea (10,7% contro 10,4%) quello di mancata partecipazione è molto più alto, 20% contro il 13,5% della media Ue27. Ma anche tra chi lavora ci sono situazioni problematiche. A cominciare dai 2,5 milioni di occupati con un part-time “involontario”, imposto cioè dal datore di lavoro, oltre 200.000 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso» (Amato, Rep).
Sacra Rota 1 Il Tribunale della Rota romana, sorta di Cassazione planetaria dove approdano i ricorsi finali delle cause per il riconoscimento di nullità dei matrimoni religiosi di tutto il mondo, dopo il primo e il secondo grado nei tribunali diocesani locali, valuta ogni anno 1.500 cause per la nullità delle nozze. Nel 2011 i matrimoni accertati come nulli dai Tribunali diocesani in prima e seconda istanza nel mondo sono stati 44.646. Solo negli Usa 21.325. In Italia 2515. Il ritmo italiano è costante: a fine 2011 le cause pendenti erano 5487 e le nuove presentate 2588. Un ritmo di chiusura di 2500 cause l’anno nei tribunali diocesani. E poi la Rota Romana: 222 sentenze definite a fine 2012 con 1444 cause esaminate, 312 nuove arrivate e 1020 pendenti ad anno concluso. In Italia, in virtù del Concordato del 1984 (art. 8) le nozze cattoliche dichiarate nulle lo diventano (dopo la «delibazione», accettazione-trascrizione) per la Repubblica italiana. La Conferenza Episcopale Italiana ha calmierato dal 2010 i costi: onorario minimo per un avvocato 1575 euro, massimo 2992. È previsto il patrocinio gratuito per i meno abbienti. Alla Rota Romana il 53% delle cause finali del 2012 sono state gratuite (Conti, Cds).
Sacra Rota 2 Le motivazioni e le storie di nullità, spesso pittoresche. Ad esempio c’è la ragazza avviata alla vita religiosa che resta incinta, chiede lumi al padre spirituale e si sposa: nozze nulle per la mancanza di libera scelta (sposata «per scrupolo di coscienza accompagnato da gravi ansie e tormenti interiori»). Nullo il matrimonio del carabiniere che fugge con una minorenne e poi viene costretto «con minacce di vario genere» a sposarsi. Nullità per le nozze del «convinto ecologista profondamente angosciato dal rischio ambientale che considerava un atto irresponsabile mettere al mondo figli». Altre cause di nullità: «Eccessivo amore per il proprio lavoro, vissuto in una situazione di generica impreparazione nell’assunzione degli obblighi derivanti dal matrimonio», «disturbo misto dipendente-istrionico di personalità», «disturbo distimico di personalità associato a disturbi psicosessuali», «disturbo di personalità isterica con tratti narcisistici», «immaturità psico-affettiva associata a nevrosi di natura sessuale», «disturbo di dipendenza sessuale» (ibidem).
Animali In Francia ventiquattro intellettuali – da Alain Finkielkraut a Edgar Morin, da Michel Onfray a Boris Cyrulnik - hanno pubblicato un appello (già firmato da 250mila persone) che chiede una modifica del codice civile affinché gli animali non siano più definiti semplicemente come “cose”. Lo Stato, scrivono i firmatari, deve finalmente riconoscere che si tratta di «esseri viventi e sensibili». E ancora: «Anche se gli animali non sono degli esseri umani dividono con noi alcuni attributi, come la capacità di risentire piacere e dolore». Questo vale certamente, aggiungono, almeno per tutti i vertebrati. Sul tema, il codice civile è fermo ai tempi di Napoleone. Gli animali sono definiti «beni mobili», paragonati a una sedia, un armadio. Così recita infatti l’articolo 528 scritto nel 1804 secondo cui l’uomo è padrone assoluto di queste “cose”. I promotori dell’appello chiedono che sia inserita una nuova, apposita categoria nel codice civile. «La Francia, come altri paesi, ha già un reato di “tortura e sevizie sugli animali” inserito nel 1994 nel codice penale. Ma non riconosce un vero e proprio “diritto”. Il primo paese a trasformare lo statuto giuridico degli animali è stata la Svizzera, nel 1992. Dieci anni dopo, il parlamento tedesco ha votato per aggiungere nella Costituzione l’obbligo di rispettare la dignità degli uomini “e degli animali” che sono definiti come “senzienti” all’articolo 13 del Trattato di Lisbona. Anche in Italia se ne discute: la Lega antivivisezione ha annunciato di voler ripresentare un testo bipartisan per inserire il diritto degli animali nella Costituzione. E a chi obietta che ci sono oggi altre priorità più urgenti, gli intellettuali francesi rispondono con una frase Gandhi: “Si può giudicare la grandezza di una nazione dal modo in cui vengono trattati gli animali”». (Ginori, Rep).
Poste Dal primo ottobre, in una trentina di uffici postali italiani, si sta sperimentando una sorta di semaforo che dovrebbe evitare le code. Si tratta di un cartello che tiene conto di tutto (feste patronali, turni e ferie del personale, caratteristiche della popolazione locale, usanze, persino il traffico e la mappa dei lavori in corso) e, piazzato all’ingresso dell’ufficio e rinnovato ogni mese, ha giorni rossi, gialli e verdi. Rosso: state a casa che è meglio, troppa gente. Verde: andate pure, è una passeggiata. Giallo: terno al lotto, può darsi che ve la sbrighiate in cinque minuti o in un quarto d’ora. Non solo. Indica con precisione quali sono gli orari buoni durante la settimana. Ad esempio ad Andria, città con molti pensionati che scelgono tradizionalmente la tarda mattinata per pagare le bollette e inviare raccomandate, è un disastro il lunedì, martedì e mercoledì dalle 10.30 alle 12.30. A Pinerolo, invece, terra di professionisti e impiegati, gli uffici postali si affollano dalle 16.30 in poi: dopo l’uscita dal lavoro e soprattutto di lunedì. Stando ai primi dati, il semaforo delle Poste è riuscito a tagliare i tempi di attesa del 10-15 per cento (Tonacci, Rep).
(a cura di Roberta Mercuri)