La Gazzetta dello Sport, 13 ottobre 2013
Che cosa si deve fare del cadavere di Erich Priebke, il criminale nazista morto l’altro giorno all’età di cento anni e che adesso nessuno vuole?• Intanto bisogna spiegare chi era questo Priebke e perché viveva a Roma invece che in Germania o in Sudamerica, come gli altri criminali nazisti
Che cosa si deve fare del cadavere di Erich Priebke, il criminale nazista morto l’altro giorno all’età di cento anni e che adesso nessuno vuole?
• Intanto bisogna spiegare chi era questo Priebke e perché viveva a Roma invece che in Germania o in Sudamerica, come gli altri criminali nazisti.
Ha mai sentito parlare delle Fosse Ardeatine? E dell’attentato di via Rasella? Dobbiamo tornare indietro di quasi settant’anni, all’epoca in cui i nazisti occupavano Roma. Le sarà capitato magari di vedere il grande film di Roberto Rossellini Roma città aperta
, ricorderà forse l’atmosfera livida della città, le torture in via Tasso, il rastrellamento dei comunisti e il grido di disperazione di Anna Magnani in una delle scene più celebri della storia del cinema. Priebke, l’uomo di cui discutiamo oggi, era lì, aiutante del tenente colonnello e capo della Gestapo a Roma, Herbert Kappler. Una figura insignificante, in realtà, un burocrate, come vedremo subito. Il 23 marzo del 1944 i partigiani misero una bomba in via Rasella, una piccola strada parallela al Tritone, dove passava ogni giorno, in armi e cantando, il III battaglione del Polizei-Regiment Bozen. L’ordigno venne fatto esplodere al momento giusto, trentatré tedeschi rimasero uccisi, Kappler ordinò subito la rappresaglia: dieci italiani per ogni tedesco ammazzato. Ne furono giustiziati in realtà 335. Si misero insieme gli ebrei che stavano in carcere, i prigionieri politici, i condannati a morte, i sospettati per qualunque ragione e anche gente comune, presa a caso. Costoro furono portati alle Fosse Ardeatine, e uccisi con un colpo alla nuca, cinque a cinque. Alcune SS si sentirono male. Priebke sparò due volte. Il suo compito era di tenere la contabilità dei giustiziati. Su un quaderno, mano a mano, barrava con una croce il nome di chi veniva ucciso.
• E poi che successe?
Priebke (ci sarebbe da raccontare anche la storia di Kappler, arrestato ed evaso poi incredibilmente dall’ospedale militare del Celio) scappò in Argentina, a Bariloche, dove si ricostruì una vita di agi. Ma, a metà degli anni ’90, la troupe di una tv americana lo trovò. Alla domanda: «Lei è Priebke?» lui rispose di sì. Fu concessa l’estradizione in Italia, dopo peripezie giudiziarie che le risparmio fu condannato all’ergastolo, da ultimo stava agli arresti domiciliari nella sua casa romana della Balduina. È morto a cento anni. I parenti degli ebrei delle Fosse, e di quelli presi nei rastrellamenti (mercoledì prossimo sarà l’anniversario di quello di via della Reginella), e di quegli altri ammazzati di torture a via Tasso hanno fatto notare che Priebke è riuscito a seppellire anche i figli di quegli infelici. È un uomo verso il quale la maggior parte di noi prova uno sgomento carico di ribrezzo.
• Però c’è qualcuno che ancora gli va dietro...
Sì, ci sono i gruppi nazisti, naturalmente, e vicino a casa sua è apparsa la scritta "Onore a Priebke".
• Non si era pentito?
Ci ha lasciato un documento/intervista in cui sostiene che l’Olocausto è un’invenzione degli americani, che se si va a vedere chi sono i cento uomini più ricchi del mondo si scopre che per la maggior parte sono ebrei, che i tedeschi si comportavano con gli ebrei come negli Stati Uniti ci si comportava con i neri o in Francia con gli abitanti delle colonie. Quanto alle camere a gas «io sono stato a Mauthausen - dice - c’erano immense cucine in funzione per gli internati e all’interno anche un bordello per le loro esigenze. Niente camere a gas, salvo quella costruita a guerra finita dagli americani a Dachau. E i filmati dei lager erano falsi». Nessun pentimento, come vede, nessun dubbio.
• E adesso?
Adesso che è morto, nessuno ne vuol sapere. Gli argentini, che a suo tempo lo dichiararono persona sgradita, hanno proibito il rimpatrio della salma, benché il figlio di Priebke, Jorge, di 68 anni, sia in definitiva un loro cittadino. Non lo vuole a Roma neanche il sindaco Marino: «Ho concordato con prefetto e questore che sarà negata qualunque forma di funerali solenni. Saranno eventualmente consentite solo esequie in forma strettamente privata. Sul punto il prefetto chiamerà il cardinale vicario. Roma è una città antinazifascista che ha sofferto drammaticamente. Proprio nei giorni in cui si ricorda il 70esimo anniversario del rastrellamento del Ghetto, non può diventare luogo di manifestazioni a favore di chi ha inflitto tanta sofferenza nelle persone che vivono in questa città. Mi impegno a compiere ogni azione per impedire che le sue spoglie restino nella Capitale». Implacabile anche la Chiesa. Il Vicariato ha emesso una nota in cui si precisa che «non è previsto alcun funerale in chiesa a Roma per Erich Priebke». Il legale del capitano nazista, Paolo Giachini, che lo ospitava a casa sua (con forte rammarico della madre), ha detto che i funerali si svolgeranno martedì in una chiesa del centro, in forma privata. Le spoglie saranno portate, a quanto si capisce, in un luogo segreto. O forse sarà cremato. Si vogliono evitare manifestazioni di qualunque tipo. Sono passati settant’anni, ma - è inevitabile e impossibile - nessuno dimentica.