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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

I morti di Lampedusa non sono 94 o 96 o 100, ma almeno trecento, perché i superstiti hanno detto di essere partiti dal porto di Misurata in Libia in 500, e invece ne sono stati salvati in tutto 151

I morti di Lampedusa non sono 94 o 96 o 100, ma almeno trecento, perché i superstiti hanno detto di essere partiti dal porto di Misurata in Libia in 500, e invece ne sono stati salvati in tutto 151. Infatti i sub sono andati a vedere sul punto della tragedia e a circa mezzo miglio dall’Isola dei Conigli, a una profondità di 47 metri, hanno trovato il relitto. Sotto la carcassa, c’erano decine e decine di corpi, uomini, donne, bambini.

Come hanno fatto ad affondare?
Lo hanno raccontato loro stessi. «Quando siamo arrivati in prossimità dell’isola abbiamo deciso di accendere un fuoco per farci notare. Abbiamo incendiato una coperta, ma il ponte era sporco di benzina e in pochi attimi il barcone è stato avvolto dalle fiamme. Molti di noi si sono lanciati in acqua tra le urla, mentre la barca si capovolgeva». In quel punto i telefonini non prendono, o forse i 500 non avevano telefonini, come ha sostenuto Alfano: «Purtroppo nessuno aveva cellulari a bordo della nave affondata e nessuno ha avvisato, come sono abituati a fare in questi viaggi, il numero di ricerca e soccorso. Se avessero avuto la possibilità di telefonare si sarebbero salvati». Ieri erano previsti incontri tra Berlusconi e il ministro dell’Interno (Verdini si stava adoperando per cacciare lui i dissidenti dal partito) e una conferenza stampa dei ministri. Ma la politica, una volta tanto, ha sospeso i suoi riti e le sue risse, impietrita dalla catastrofe siciliana. Alfano è volato a Lampedusa, Enrico Letta ha riunito un consiglio dei ministri e per la giornata di oggi è stato proclamato il lutto nazionale.  

Mentre il barcone bruciava non c’era qualche possibilità di andare in soccorso di quegli infelici?
I superstiti sostengono che due o tre pescherecci, prima dell’incendio, sono passati dalle loro parti e hanno tirato dritto. Anche qui, Alfano dice che è impossibile: «I pescherecci non hanno visto quello che stava succedendo, altrimenti sarebbero intervenuti. Gli italiani sono di grande cuore, abbiamo soccorso 16mila naufraghi». Alle sette dei mattino, viste le fiamme al largo, gli italiani sono intervenuti. C’è comunque un’inchiesta della magistratura, aperta dal sostituto procuratore Andrea Maggioni: si ipotizzano i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di omicidio plurimo. Si procede contro ignoti, anche se i superstiti indicano in un ragazzo salvato con loro uno scafista.  

Ho letto che il Papa ha pronunciato una specie di anatema.
Ha detto la parola “vergogna”, e l’ha detta due volte. «Viene la parola “vergogna”: è una vergogna!». Prima aveva detto: «Parlando di pace, parlando della inumana crisi economica mondiale, che è un sintomo grande della mancanza di rispetto per l’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa». Si celebrava il mezzo secolo dalla Pacem in terris
di Giovanni XXIII. Le dichiarazioni più forti sono però quelle della Lega, e in particolare del vicepresidente del Carroccio Gianluca Pini: secondo Pini, la responsabilità di quanto è successo è del ministro Kyenge e di Laura Boldrini, che avrebbero incoraggiato, con i loro comportamenti e i loro messaggi buonisti, i viaggi della speranza verso di noi. Infine, per il loro significato politico, bisogna discutere delle dichiarazioni del Movimento 5 Stelle, del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, di Nichi Vendola, e soprattutto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dello stesso ministro Kyenge. Il concetto espresso da tutti è che l’Italia non può essere lasciata sola nell’affrontare l’emergenza sbarchi. Ci vuole un concorso dell’Unione europea.  

Lei non è d’accordo?
Non è che non sono d’accordo. Attiro l’attenzione su due punti: gli immigrati che arrivano in Europa scelgono nove volte su dieci il sistema del visto turistico: scaduti i termini, restano nel Paese dove sono sbarcati (di solito in aereo). La quota che arriva via mare è, rispetto a questi, irrisoria. Inoltre, la quantità di rifugiati nei vari paesi della comunità è la seguente (dati 2011): Germania 571.000 (è il quarto paese al mondo per il numero di persone accolte); Francia 210.000; Regno Unito 194.000; Svezia 87.000; Olanda 75.000; Italia 58.000. Abbiamo cioè un decimo degli sbarchi tedeschi. E non è questione di rapporto rifugiati/abitanti: la Svezia riceve 9 rifugiati ogni mille abitanti, la Germania quasi 7, l’Olanda 4,5, noi 1. Non so con che faccia, questi essendo i numeri, possiamo chiedere aiuto a Bruxelles. L’Europa manda periodicamente in Italia degli ispettori a constatare come ci comportiamo in questa materia. Escono fuori dei rapporti tremendi su come siamo organizzati e su come trattiamo questa gente. Ancora l’altro ieri Strasburgo ha giudicato «sbagliate e controproducenti» le misure adottate qui per la gestione dei flussi.  

Le rotte sono cambiate?
La Siria ha mutato profondamente il quadro. Da laggiù partono seimila profughi al giorno, di preferenza verso le località intermedie greche ed egiziane. I siriani (due milioni di profughi, finora) hanno anche alterato il mercato dei prezzi, perché sono ancora piuttosto benestanti, specialmente se i loro patrimoni vengono confrontati con il nulla posseduto, per esempio, da eritrei e somali (i morti di ieri sono soprattutto eritrei e somali). Un trasbordo su un barcone come quello di ieri costa intorno ai tremila euro. I siriani sono invece pronti a tirar fuori anche diecimila euro a persona.