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 2013  settembre 29 Domenica calendario

Ieri, alle sei del pomeriggio, Berlusconi ha intimato ai suoi ministri di dimettersi. E i suoi ministri hanno obbedito

Ieri, alle sei del pomeriggio, Berlusconi ha intimato ai suoi ministri di dimettersi. E i suoi ministri hanno obbedito. Il governo è caduto? Benché sia paradossale, non è ancora detto: Enrico Letta si presenterà martedì alle camere e chiederà la fiducia. La otterrà alla Camera e potrebbe ottenerla anche al Senato, se Scelta civica voterà a favore (e ieri sera Monti ha detto di sì) e se con Scelta civica votassero per Letta i senatori a vita, qualche trasnfuga di Cinque Stelle e soprattutto qualche dissidente del Pdl, partito che viene dato in grande fibrillazione. La mossa improvvisa di Berlusconi è arrivata dopo una riunione ad Arcore con i falchi del partito e con gli avvocati. Gli avvocati hanno rappresentato la possibilità che qualche pubblico ministero, un minuto dopo la decadenza dal Senato, lo mandi in galera. I falchi (di sicuro erano presenti Verdini e la Santanché) hanno insistito, alla fine con successo, che il tavolo andava ribaltato e che bisognava puntare alle elezioni anticipate. Questa sequenza ha messo in grande agitazione le colombe: i ministri - tutti colombe - hanno obbedito, e si sono dimessi, ma a questo punto hanno in un certo senso le mani libere, dato che hanno seguito il loro capo fino alle estreme conseguenze. Il sentimento di questa parte di Forza Italia è ben rappresentato dalla dichiarazione del fedelissimo Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl ancora nella scorsa legislatura, e fresco autore di un libro sull’uso politico della magistratura che Berlusconi considera una specie di Bibbia.

Che cosa ha detto Cicchitto?
Ebbene Cicchitto il fedelissimo ha rilasciato questa dichiarazione: «Ritengo che una decisione di così rilevante spessore politico avrebbe richiesto una discussione approfondita e quindi avrebbe dovuto essere presa dall’ufficio di presidenza del Pdl e dai gruppi parlamentari, il cui ruolo in questa così difficile situazione politica andrebbe esaltato». Il ministro Quagliariello, già freddissimo pochi giorni fa sull’ipotesi di dimissioni in massa dei parlamentari, ha detto che farà conoscere le sue decisioni stamattina.  

• Berlusconi ha detto che l’uscita dal governo si giustifica con la decisione di Enrico Letta di congelare i provvedimenti che avrebbero evitato l’aumento dell’Iva.
Sì, il comunicato dice che l’invito a dimettersi è stato rivolto ai ministri per evitare che si rendessero complici, «e per non rendere complice il Popolo della Libertà, di un’ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli italiani. La decisione assunta da Enrico Letta di congelare l’attività di governo, determinando in questo modo l’aumento dell’Iva, è una grave violazione dei patti su cui si fonda questo governo». Per inciso: l’Iva aumenta di un punto da martedì.  

La risposta di Letta è stata durissima.
Sì. «Berlusconi, per cercare di giustificare il gesto folle e irresponsabile di oggi tutto finalizzato esclusivamente a coprire le sue vicende personali, tenta di rovesciare la frittata utilizzando l’alibi dell’Iva. La responsabilità dell’aumento dell’Iva è invece proprio di Berlusconi e della sua decisione di far dimettere i propri parlamentari mercoledì, fatto senza precedenti, che priva il Parlamento e la maggioranza della certezza necessaria per assumere provvedimenti che vanno poi convertiti». Letta avrebbe voluto portare la questione in Parlamento: «Per questo, ieri, si era deciso di andare al chiarimento parlamentare e si era concordemente stabilito di posporre a dopo il voto in Parlamento i provvedimenti economici necessari. Gli italiani sapranno rimandare al mittente una bugia così macroscopica e un simile tentativo di totale stravolgimento della realtà. In Parlamento ognuno si assumerà le proprie responsabilità innanzi al Paese».  

• Ora, supponiamo che domani, all’apertura dei mercati, lo spread schizzi in alto, la nostra Borsa precipiti e le aziende di Berlusconi perdano un 4-5%.
È un elemento del quadro. Altro elemento del quadro: Napolitano non scioglierà mai le camere, come ha fatto capire nel discorso dell’altra mattina in occasione della commemorazione di Spaventa. Ci vuole come minimo una nuova legge elettorale, e che si approvi la legge di stabilità. Il presidente ha tentato la sua amata via della pacificazione ancora ieri mattina, preannunciando un messaggio al Parlamento sulla condizione delle carceri e la possibilità di varare un indulto o un’amnistia: il sottinteso berlusconiano è fin troppo chiaro. Ieri sera poi, il capo dello Stato non è rientrato da Napoli e a non ha diramato comunicati. Questo silenzio significa che il Presidente ha cominciato a tessere la sua tela per evitare il patatrac.  

È vero che il mancato aumento dell’Iva e, a questo punto, il pagamento della seconda rata dell’Imu potrebbero mettere a posto i nostri conti? Paradossalmente la crisi di governo potrebbe essere salutata dai mercati internazionali con un mezzo sospiro di sollievo.
Domani intanto potrebbe arrivare un downgrading del debito dalle agenzie di rating. I nostri Bot e Btp potrebbero essere declassati a spazzatura. In questo caso, rifornirsi sul mercato potrebbe essere più difficile.