La Gazzetta dello Sport, 27 settembre 2013
Il presidente del Consiglio è in America, dunque non ci sono sue risposte immediate all’ennesima levata di scudi dei pidiellini
Il presidente del Consiglio è in America, dunque non ci sono sue risposte immediate all’ennesima levata di scudi dei pidiellini.
• Quale levata di scudi?
Non ha letto la Gazzetta di ieri? L’altra sera deputati e senatori del Pdl, riuniti a Montecitorio, hanno accettato l’idea di Berlusconi di considerarsi decaduti nel momento in cui la Giunta per le elezioni del Senato voterà per l’espulsione del Cav (4 ottobre). Noti com’è contorto il periodo precedente: «considerarsi decaduti nel momento in cui...». Significa che si dimetteranno in massa? Sì, significa questo, hanno spiegato gli stessi pidiellini, ma non Quagliariello, che ha detto: «Le dimissioni si dànno, non si annunciano» e non Maurizio Lupi: «Da qui al 4 ottobre ogni parlamentare del Pdl deciderà cosa fare».
• Guarda caso, si tratta di due ministri.
Infatti. In ogni caso, questa riunione-bomba si è conclusa senza un comunicato. I forzisti, o pidiellini che siano, hanno lasciato che a parlare fossero i giornali. Sicché Napolitano, nel comunicato di risposta diffuso ieri, ha dovuto constatare che stava polemizzando con una chiacchiera, e sia pure molto preoccupante.
• Il vero scontro, si direbbe, è tra Berlusconi e Napolitano.
Esatto. I giornali hanno riferito che Berlusconi, nel corso della riunione, avrebbe detto: «È in corso un’operazione eversiva che sovverte lo stato di diritto ad opera di Magistratura democratica. Sono i giorni più brutti della mia vita. Essere stato buttato fuori per un’accusa così infamante. Sono 55 giorni che non dormo. Ho perso 11 chili, uno per ogni anno di galera che mi vorrebbero far fare. Io non mollo, il mio dovere è resistere e combattere nonostante sia molto difficile perché ho contro tutti». L’“operazione eversiva” sarebbe la condanna in via definitiva in Cassazione a quattro anni (ridotti a uno) per evasione fiscale. Napolitano ha risposto: «Non occorre neppure rilevare la gravità e l’assurdita dell’evocare un colpo di stato o “un’operazione eversiva” in atto contro il leader del Pdl». A questo passaggio del comunicato del Quirinale, Brunetta e Schifani, i due capigruppo, hanno risposto con una nota congiunta: «La definizione di “colpo di Stato” e di “operazione eversiva” non è “inquietante” ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile».
• Accidenti. E sulle dimissioni in massa?
Napolitano dice: «L’orientamento assunto ieri sera dall’Assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica. Ma non posso egualmente che definire inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento – ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili – di tutti gli eletti nel Pdl. Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere. Non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere». Quindi, scontro durissimo.
• Letta che fa?
Ha detto: «Domani (cioè oggi) torno a Roma e sono certo che riuscirò a convincere tutti sulla corretta priorità dei problemi in agenda». Nel corso della Prima repubblica, di fronte a un dissidio tanto grave, si sarebbe tenuto un vertice, chiamato anche verifica, della maggioranza. Letta, a quanto si capisce (niente di ufficiale), non ha intenzione di seguire questa strada. Discuterà la cosa in consiglio dei ministri, cioè con i cinque rappresentanti del Pdl che siedono al governo (e abbiamo già visto che due di loro fanno capire di essere piuttosto dubbiosi), e in Parlamento dove probabilmente si presenterà con un programma su cui chiederà la fiducia. I parlamentari di Berlusconi, a quel punto, dovranno decidere se votare la fiducia prima ancora che la Giunta si esprima per la decadenza. Questa seduta potrebbe svolgersi già martedì. Sarebbe ben strano non votare la fiducia martedì in assenza di una causa di crisi palese. E sarebbe incomprensibile dimettersi in massa venerdì dopo aver votato la fiducia martedì. D’altra parte le dimissioni da parlamentari non possono essere che individuali e diventano effettive solo dopo che l’assemblea le ha accettate (regola valida sia alla Camera che al Senato). I parlamentari del Pdl sono 196, dunque per discutere delle loro dimissioni ci vorrebbero un paio d’anni. E anche quando fossero accettate, avrebbero il solo effetto di far entrare alla Camera e al Senato i primi dei non eletti. Con tutto questo non è detto che da un simile sconquasso non si esca alla fine con le elezioni anticipate, come vuole Berlusconi, anche se alcuni commentatori sostengono che non è neanche questo che vuole.