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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

A Firenze c’è un’altra storia di escort reclutate da un tipo sveglio e messe a disposizione di politici, manager, avvocati, giornalisti, nomi grossi che - scrivono come al solito i giornali - «tremano»

A Firenze c’è un’altra storia di escort reclutate da un tipo sveglio e messe a disposizione di politici, manager, avvocati, giornalisti, nomi grossi che - scrivono come al solito i giornali - «tremano». Gli stessi giornali si chiedono perché la faccenda abbia sollevato un interesse relativo, notano che se si fosse trattato di Arcore o di Berlusconi, ben altri titoli, ben altre inchieste...

C’entra Matteo Renzi? Perché se c’entra la domanda è giusta. Se non c’entra invece l’interesse più composto dei media è comprensibile.
Non c’entra. Anzi, con l’occasione s’è saputo che Renzi, non solo non si fa mai vedere in giro con una donna che non sia sua moglie Agnese, ma non riceve mai una signora in ufficio da solo. Il sindaco, quando l’affare è sbucato sui giornali, ha anzi convocato i suoi: «Ragazzi, avete tutti la coscienza tranquilla?». Alla stampa ha detto: «Non voglio commentare, in Procura c’è gente seria, nulla ci è stato comunicato. Allo stato sembra che siamo parte lesa, perché è saltata fuori una storia laterale e antipatica, cioè che gli alberghi non avrebbero pagato al Comune la tassa di soggiorno. Il resto lo vedremo». Gli alberghi, per non pagare la tassa, facevano passare i clienti adulti per bambini.  

In che consiste, alla fine, la storia?
Un tre anni fa una signora ha presentato un esposto in Procura, sostenendo che un certo sito accalappiava uomini offrendo ragazze e l’indirizzo (albergo e numero di stanza) in cui incontrarle. È partita l’indagine, coordinata dal pm Giuseppe Bianco. Ci hanno fatto sapere questo: che la polizia postale ha contato in soli 23 giorni - fra il dicembre 2011 e il marzo 2012 - 142 escort, piazzate all’hotel Mediterraneo, quattro stelle sul lungarno del Tempio, a ricevere clienti. Secondo gli inquirenti i due titolari dell’albergo erano consapevoli e complici, anzi tiravano le fila del traffico insieme a un orefice, specialista nella vendita di Rolex, capelli bianchi pettinati alla paggio, di nome Franco Bellini.  

Vabbè, è una qualunque storia di prostituzione e sfruttamento, a parte i reati e lo squallore, dove sta lo scandalo?
In base alle quattromila pagine del fascicolo (intitolato “Bella vita”), nel giro non c’erano solo escort professioniste, ma anche studentesse, casalinghe, bariste, infermiere, figlie di famiglia bisognose di arrotondare. In una intercettazione se ne sente una dire che l’ha fatto perché si doveva comprare le catene da neve. Bellini - è sempre l’accusa a sostenerlo - faceva quest’opera di persuasione su quelle disgraziate. Ma poi, perché “disgraziate”? Ognuno alla fine fa del proprio corpo quel che vuole. Tuttavia, una volta, la regina di queste escort, rumena e di nome Adriana, 42 anni, si mise a far sesso nella sala delle conferenze di Palazzo Vecchio. Il partner era un collaboratore dell’assessore alla Mobilità (o Traffico). I due erano indaffarati, quando si spalancò la porta e apparve la donna delle pulizie. Lo stupore di costei fu tale che le cadde per terra il secchio dell’acqua. L’assessore si dimise due giorni dopo il fatto, per motivi di salute a quanto pare veri. Risultò anche che, all’Adriana dell’episodio, era stata data gratuitamente una casa della cooperativa Il Borro, che impiega 450 persone e soccorre per statuto i bisognosi. Al Borro dicono di non aver mai saputo che Adriana faceva quelle cose lì. E la casa poi gliela avevano già tolta, con la stessa velocità con cui gliel’avevano data.  

Non c’è altro?
Sostanzialmente, no. Ossia, ci sono le intercettazioni, che come sempre non possono avere rilevanza penale, ma hanno grande rilevanza di costume. Si sentono - tra Bellini e i due fratelli Marco e Simone Taddei, tenutari dell’hotel - frasi come: «Quando ci si vede, si fa a scambio di figurine», «A quella gli piace così tanto che ci dovrebbe pagare lei a noi», «Ho la nausea delle puttane, ho l’albergo pieno» ecc. E poi, il tizio d’accordo con la fidanzata infermiera che si prestava: «Fatti pagare meglio», l’avvocato che andava di fretta: «Una cosa in macchina, mezz’ora, con la bimba di ieri», eccetera. I giornalisti sono morbosi, ma i lettori, che ci piaccia o no, con queste storie ci vanno a nozze. Il Bellini, poi, ieri s’è anche spiegato con quelli de La Nazione.  

Che dice?
Dice che era tutta una cosa tra amici, non c’è nessuno sfruttamento. «Ci si divertiva». E il traffico in albergo? Il Taddei «andava a caccia in Argentina, poi a volte passava la serata con una e magari le diceva: vieni a Firenze, c’ho un albergo e ti do una camera lì, invece di 200 tu mi dai 100, nei momenti morti però». Sostiene che i due fratelli comunicarono alla questura l’esistenza di queste ospiti e in questura gli dissero che era tutto a posto. Le serate che finivano in orgia cominciavano con una partita a calcetto. «Eravamo 7 amici, negozianti di qui. Gente pulitissima che ancora va sugli alberi a prendere le susine. Lo facevamo per divertimento. Poi mi dirà che andrò all’Inferno. Di questo deciderà Cristo».